Tra una festa e l’altra, questo periodo dell’anno è una continua inanellata di giorni di pausa, e ora ci ritroviamo di nuovo in sala per rimettere in carreggiata i nostri corpi danzanti. Certo non si tratta di una pausa lunga come quella estiva, ma per chi è abituato ad allenarsi con costanza anche pochi giorni rappresentano poi motivo di un periodo di ripresa.
Da dove cominciare?
Personalmente preferisco sempre ripartire dal principio, e uno degli elementi secondo me più importanti per la consapevolezza del movimento è la gestione del peso del corpo e il suo utilizzo per lo sviluppo della dinamica. Si tratta di un argomento molto complesso da poter esaudire in poche parole, ma possiamo cominciare con semplicità ricordando che la maggior concentrazione del peso corporeo è collocato nella sfera pelvica, lì dove l’osso sacro riceve e convoglia tutto il peso che proviene dall’alto, prima di continuare il suo viaggio, attraverso gli arti inferiori, fino al pavimento. Questo peso può liberamente viaggiare fino ai piedi soltanto se le articolazioni di anca, ginocchio e caviglia sono mantenute in uno stato di apertura e morbidezza e non bloccate con una azione massiva della muscolatura, che impedirebbe alle forze di attraversare articolazioni e tessuti e raggiungere il suolo attraverso i piedi. Il piede è proprio l’elemento di cui vorrei parlarvi oggi, una struttura che detiene un importante ruolo in questo senso, che considero una vera e propria porta, un passaggio attraverso cui il peso del corpo e il suolo hanno la possibilità di dialogare.
In condizioni normali, si legge sui testi che parlano del corpo, il peso viene distribuito sulla pianta del piede lungo un triangolo compreso tra la prima e quinta testa metatarsale e la tuberosità calcaneare. La maggior parte del peso, più della metà, viene accolta dal calcagno, mentre il resto viaggia in avanti fino alle dita. Questa descrizione, assolutamente attendibile e corretta, è però riferita al corpo statico e con le gambe in posizione fisiologica, mentre quando che parliamo della danza dobbiamo pensare non solo che il corpo si trova in costante movimento, quindi non sempre alla ricerca di una stabilità statica, ma anche del fatto che le gambe si trovano in rotazione esterna, condizione in cui il calcagno perde in parte il suo ruolo di puntello, con un conseguente naturale cambiamento nell’assetto generale.
La propulsione in avanti nella deambulazione è data proprio dalle dita, in particolare dalle prime tre, quindi per essere pronti a produrre dinamica attraverso piedi sensibili e prensili che agiscono sul pavimento, è chiaro che il peso dovrà spostarsi un po’ più in avanti. Questo non vuol dire che il tallone non riceverà peso, ma semplicemente che sarà più efficace invertire le percentuali di forza ricevuta, aumentando quella che va verso la parte anteriore del piede. Mi piace immaginare il peso come una pallina del flipper e la pianta del piede come la pista su cui questa continua a rotolare, scorrere e rimbalzare in tutte le direzioni, in risposta all’esigenza di accumulare dinamismo per il movimento. Per consentire al corpo di ottenere un gesto che sappia imporsi nello spazio, è importantissimo sviluppare questa capacità di utilizzare non solo la spinta della pianta del piede nella sua interezza, lasciando sempre attivo il dialogo con il suolo, ma anche la possibilità di gestire la spinta in ogni sua specifica parte, verificando poi come queste sottili differenze diano diverse risposte in termini di velocità, ricchezza e plasticità, costituendo un’abilità tecnica raffinata e precisa.
Provate per esempio a sentire le dita dei piedi che spingono contro il suolo durante un demi plié. Normalmente siamo portati a sentire il peso che giunge nel metatarso e lasciare poi che naturalmente una parte di quel peso vada verso le dita, ma che succede se invece le dita vengono attivate volontariamente durante la discesa, come se volessero aggrapparsi al suolo? Potreste forse sentire che la fase gravitazionale del movimento diviene meno passiva, che un’altra muscolatura viene ingaggiata, più profonda, e che la prontezza della risposta per la risalita cambia in tempo e qualità. Allenare questa sensibilità già dai primi esercizi alla sbarra permette di sviluppare dita forti e sensibili in grado di donare più reattività al corpo sia che si parli della salita di una pirouette, di un salto o di un lavoro en pointe.
Le indicazioni che vengono date a proposito delle dita del piede spesso riguardano il fatto che devono essere stese fino in fondo quando un piede è sollevato da terra: ancora una volta si tratta di informazioni che riguardano più l’estetica del movimento che non la sua funzionalità. Le dita del piede si stendono in virtù di una azione ben precisa contro il suolo: di spinta, nel caso del salto o della salita in relevé; di scivolamento al suolo nel caso dei battement tendu, ad esempio. Le dita si muovono in modo indipendente le une dalle altre, interagendo plasticamente con il suolo, in questa onnipresente relazione che intratteniamo con il centro della Terra, che si chiama forza di gravità, lasciando che ogni questione relativa allo spostamento del peso, da una gamba all’altra o lungo la linea verticale, possa avvenire in modo semplice ed efficace. Attraverso questa attività consapevole del piede, le nostre dita saranno in grado di partecipare meravigliosamente al movimento, spingendoci nello spazio con energia, sostenendoci negli equilibri o allungandosi all’infinito per donare una linea elegante alla nostra gamba.