Elisabetta Terabust, L’assillo della perfezione con la penna di Emanuele Burrafato

di Massimiliano Craus
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La fortunata penna di Emanuele Burrafato, peraltro già recensita sulle nostre pagine per il recente lavoro editoriale su Luciana Savignano, ha dato grande smalto ai tipi della Gremese ed all’indimenticato ed indimenticabile personaggio di Elisabetta Terabust. E se il ballerino-scrittore Emanulele Burrafato aveva impreziosito la presenza della musa scaligera di Maurice Béjart nel mondo dell’editoria della danza, stavolta la Terabust diviene ben presto la musa di Roland Petit e del Teatro dell’Opera di Roma. Un percorso assai simile, dunque, contraddistinto dalle rispettive esperienze nei corpi di ballo del Teatro Alla Scala e del Costanzi ma, soprattutto, dalle necessaire esperienze oltralpe per rivendicare il giusto successo ed appeal di étoile in scena e non solo su carta bollata. Eh sì, perché le due carriere artistiche italiane si sono somigliate parecchio, non prestando mai il fianco alla povertà finanziaria e di vedute purtroppo tipiche del nostro paese.

La storia di Elisabetta Terabust nasce tuttavia nelle sale della Scuola di Ballo del Teatro dell’Opera di Roma dove ha messo le radici per poi tornarvici da protagonista assoluta. Ma a quell’epoca davvero non lo poteva immaginare la bambina ed adolescente Elisabetta, accompagnata dall’onnipresente papà e dall’immancabile desiderio di imporsi al cospetto dei suoi sogni e delle sue maestre: le sorelle Battaggi e, soprattutto, l’amata Attilia Radice. Quello fu un percorso che l’etoile ha raccontato travagliato, in particolar modo quando ha rischiato seriamente la bocciatura per un talento mai sbocciato naturalmente.

Il passo verso il professionismo è stati tuttavia brevissimo, scalando rapidamente le gerarchie del Massimo capitolino sotto l’ala protettrice del direttore artistico Massimo Bogianckino, uomo di ampie vedute coreutiche per il Costanzi e per la giovanissima Elisabetta Terabust. In quegli anni proliferavano titoli importanti, ospiti di rilievo e soprattutto i successi personali della nostra protagonista che diventava in sequenza prima ballerina ed étoile, seppur in tempo di crisi. E’ proprio questo, infatti, il crocevia raccontato a quattro mani da Emanuelel Burrafato ed Elisabetta Terabust, un incrocio dove si rischiava seriamente di prendere un vicolo cieco! Una strada che per fortuna l’audacia, il coraggio ed il talento non hanno mai lasciato prendere all’étoile così amata ed acclamata dal pubblico e dalla critica romana, italiana e del mondo intero.

E quale strada allora? Quale avrebbe potuto davvero esaltare giustamente il ruolo e l’immaginifica presenza della ballerina e donna Elisabetta? Il destino le indicò la via per Marsiglia, casa artistica di Roland Petit che la scelse per sé e per l’intero mondo della danza. La scelta coraggiosa della Terabust fu quella di abbandonare il contratto del posto fisso garantito dal Teatro dell’Opera di Roma, il contratto di un teatro che la stessa critica non riconosceva più. Programmazioni ridotte all’osso, clima non più spensierato ed improbabili spiragli di ripresa: questa era la vita al Costanzi ed Elisabetta Terabust riempì le proprie valigie di ricordi e speranze alla volta del mondo.

Da qui la Marsiglia di Roland Petit, il London Festival Ballet e poi le apparizioni di successo nelle maggiori compagnie del mondo accompagnata dai partner più in voga del momento. E così le scorrono al fianco i vari Rudolf Nureyev, Alessandro Molin, Peter Schaufuss, Vladimir Derevianko, Luigi Bonino e tanti altri ancora al cospetto di coreografi quali Glen Tetley, Amedeo Amodio, William Forsythe e naturalmente Roland Petit. Senza dimenticare Stanley Williams, l’ideatore della tecnica, ripresa finanche da George Balanchine, che l’ha resa ancora più forte tecnicamente e sicura di sé in sala ed in scena.

Il girovagare per il mondo le consente qualche puntatina anche in Italia, diventata quasi la succursale del brande balletto internazionale. Tuttavia il Teatro dell’Opera di Roma è sempre restato nel cuore della donna più che della ballerina Terabust, pur riconoscendone gli indiscutibili meriti nella formazione impartita dalle sempre ricordare con affetto e riconoscenza maestre Battaggi ed Attilia Radice. E la sua esperienza diventa concreta quando le viene chiesto di aiutare a crescere la nascente compagine dell’Aterballetto, quasi il contraltare coreutico agli Enti Lirici italiani sempre più in crisi. La gioia ed il consueto coraggio dell’étoile giramondo irrompono come un fulmine a ciel sereno in quel di Reggio Emilia, consentendo all’ensemble di Amedeo Amodio di imporsi sulla scena internazionale con incredibili consensi di critica e pubblico di ogni dove.

Da questo momento quella strada che l’ha portata via dal vicolo cieco di una spenta carriera da étoile al Teatro dell’Opera di Roma si trasforma in un ritorno a casa dalla porta principale. La via d’uscita dal palcoscenico coincide infatti con l’assunzione della direzione della Scuola di Ballo al Costanzi, esattamente da dov’era uscita diversi anni prima. Per poi dirigere anche il Corpo di Ballo capitolino e per poi diventare un punto di riferimento nazionale con le successive direzioni delle compagini del Teatro di San Carlo di Napoli, del Teatro Alla Scala di Milano e del Maggio Musicale Fiorentino. Elisabetta Terabust in sintesi ha offerto un curricolo davvero professionale per la sua amata Scuola di Ballo romana, ha fortificato tecnicamente ed artisticamente l’ensemble sancarliano, ha scompaginato le abitudini scaligere promuovendo al ruolo di primi ballerini direttamente dal corpo di ballo Massimo Murru e Roberto Bolle per la prima volta nella storia al Piermarini ed infine ha risalito la china a braccetto con il Maggio Musicale Fiorentino. Successi a ripetizione che Emanuele Burrafato ha saputo mettere in bella luce, fino al ritorno a casa dell’étoile. In una Campo dé Fiori che l’ama ricambiata con affetto e discrezione. E’ facile poterla incrociare al mercato della frutta tra la sua gente, étoile al di qua ed al di là delle quinte di tutto il mondo.

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