Esce oggi, 23 settembre, nelle sale cinematografiche, distribuito da 30 Holding, il film Parsifal di Marco Filiberti (noto al pubblico per lavori come Il Compleanno, Poco più di un anno fa e Diario di un pornodivo), una rilettura moderna del mito apocalittico e antropologico di Parsifal, interpretato dagli attori della compagnia degli Eterni Stranieri: Matteo Munari, Diletta Masetti, Luca Tanganelli, Elena Crucianelli, Zoe Zolferino e con lo stesso Filiberti nel ruolo di Anfortas.
Il viaggio iniziatico del “folle puro” (la cui prima attestazione si ritrova nei romanzi di Chrétien
De Troyes, autore del XII secolo, fino ad arrivare al celebre dramma wagneriano), l’uomo che ha “smarrito ogni certezza”, si compie qui tra erotismo e spiritualità, alla ricerca di un nuovo modo di essere del mondo senza essere nel mondo, unica condizione possibile agli occhi del regista per opporsi alla decadenza dei nostri giorni, caratterizzata dalla massificazione del pensiero e dall’annullamento dello spirito. “La vicenda di Parsifal”, spiega Filiberti, “un archetipo che appartiene prima di tutto all’epica cristiana, è la vicenda dell’uomo finalmente libero, che ha la forza di rinunciare, non nel senso vittimistico del sacrificio, ma nel senso di rendere ciò che lo identifica maggiormente, presupposto necessario per ritrovare la nostra condizione originaria, rompere le barriere del tempo diacronico e vivere in quella condizione di eterno presente in cui tutto è possibile”.
Un progetto ambizioso, ricercato, definito “opera cinematografica” ma che dichiara con forza la sua matrice teatrale, rilevabile prima di tutto nel testo di Filiberti e nel lavoro sul corpo condotto da Emanuele Burrafato, autore delle coreografie e dei movimenti scenici del film, grazie a cui qualsiasi “urgenza” o intenzione risulta visibile nel corpo degli attori, prim’ancora di essere espressa attraverso le parole. Segni, pause dello sguardo, pose plastiche e figurazioni intese sempre in termini musicali e poetici, che suggeriscono le verità inespresse e l’inconscio dei personaggi e la cui naturalezza deriva da una profonda connessione interiore.
La vicenda è rappresentata in un tempo oltre il tempo: dalla terra desolata del porto di Odessa, ambientata ai primi del Novecento, in cui visioni di ispirazione eliotiana denunciano la condizione stagnante della civiltà moderna, alle processioni regali dei cavalieri del Graal, collocate nell’Alto Medioevo, un tempo in cui la spiritualità era intrisa di sacralità e gerarchia, fino ad arrivare alla taverna bordello di Kundry e le sue prostitute, negli anni antecedenti alla II Guerra Mondiale, espressione di un momento in cui tutto quello che ammantava l’avventura dell’umano, aveva ancora una chiara cifratura seduttiva.
I costumi sono di Daniele Gelsi, la fotografia di Mauro Toscano.