Esplorare il Bolero con Domenico Iannone

di Massimiliano Craus
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Si è appena conclusa la quinta edizione della rassegna Esplorare diretta da Domenico Iannone, coreografo e direttore artistico della compagine AltraDanza in sinergia con  i Teatri di Bari e Officina dell’Arte – APS. Un’edizione che è stata centrata sul “Bolero” di Maurice Ravel, titolo sviscerato in lungo e largo attraverso riletture, interpretazioni e scenografie dedicate al titolo cult del Novecento.

Con il Teatro Kismet di Bari crocevia di questo viaggio intorno alla partitura di Ravel, e delle innumerevoli versioni coreografiche del “Bolero”, Domenico Iannone ha imbastito una rassegna sempre più autoriale e punto di riferimento nell’intero Mezzogiorno.

Ma andiamo con ordine, ovvero con le prime quattro coreografie allestite: l’apertura a cura di Sabrina Speranza con una speciale rilettura del capolavoro raveliano, “L’occhio di Dio”, con la scenografia di Paola Santoro. Lo spettacolo è stato incentrato sulla sezione aurea o “Divina Proporzione”, collegata ai vari elementi della natura e dell’arte. Dal DNA, fino all’uragano e alle galassie, ha mostrato tutto il mistero che il cosmo nasconde. Lo scopo è stato quello di rendere lo spettatore consapevole del mistero che la sezione aurea nasconde e di farlo riflettere sull’esistenza dell’infinito.

A seguire “Le Bolerò” del Ballet Center, con le coreografie di Alessandra Lombardo e Antonella Domanico e la scenografia di Angela Saponara. In un’arena virtuale, dodici danzatori si sono contesi la scena sulle note del “Bolèro”, e la versione dell’artista elettronico Prequell ha reso la scrittura musicale incalzante, enfatizzata da un gioco di corpi intrecciati attraverso la pregiata partitura coreutica. L’altro spettacolo incentrato sulle musiche di Ravel è stato «rEvolution», coreografia di Gabriella Zizzo e Raffaella Pucillo, scenografia di Dorotea Sabini. Un mutamento graduale e ritmico, una presa di coscienza ed un risveglio. L’uomo-automa incastrato nei processi della gabbia sociale si è riavviato attraverso il cortocircuito, che come un virus cresce, matura e si espande, fino alla rivoluzione.

Un’altra serata è stata invece appannaggio di “Out of Closet”, con la coreografia di Fabrizio Delle Grazie e la scenografia di Giovanni la Torre: un inno alla libertà di essere chi si desidera di essere. Una persona, come un armadio, può nascondere molte cose dentro di sé. Il viaggio all’interno di questo armadio ha esplorato l’identità di un individuo che si spoglia di tutti gli artifizi dettati dall’appartenenza sociale e riscopre la sua vera identità, svincolata dal concetto di genere binario. É un’identità capace di transitare nel mezzo.

La chiosa ha infine visto andare in scena “Adoro Bolèro” di Fabrizio Natalicchio, con la scenografia di Francesco Ceo e Michele Tataranni. Qui il senso è stato partire dal concetto di “adorazione”, espresso nella prima versione del “Bolero” di Ravel per portarlo ad una visione totalmente nuova. Gli uomini che adorano la donna diventano fedeli che adorano una reliquia. In tal senso si susseguono in scena due “ambienti virtuali”: quello in cui avviene la preparazione della madrina, e quello in cui viene portata in processione.

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