Finché c’è tango c’è vita oggi ricorda un’artista scomparsa improvvisamente, conosciuta e amata in quella comunità tanguera meno scontata, meno banale, meno urlata.
Roberta Alloisio fa parte, e mi piace usare ancora il tempo presente, del vero tango, quello profondo, quello che va alle radici dell’anima argentina, o meglio dell’anima umana, quello che ha davvero il “ sapore e il mistero di un viaggio…qualcosa che non smette mai di andare e venire…il moto perpetuo dell’anima” (cit. Giampiero Vigorito per Xena Tango).
Cantante e attrice italiana, piemontese di origine, ma genovese d’adozione, una donna di spettacolo, una voce meravigliosa e soprattutto, a detta di tutti, una donna solare, entusiasta, dolce, corretta, come ricordano in questi giorni tutti i suoi amici rimasti increduli alla notizia.
Non ho conosciuto personalmente Roberta, ma conoscevo la sua voce che ascoltavo proprio la sera prima della sua scomparsa uscire e conquistarmi come sempre dal CD Xena Tango, un progetto a quattro mani portato avanti e ideato proprio da Roberta.
Un giorno questa donna coraggiosa ha voluto raccogliere la provocazione del grande Borges e dare una risposta plausibile al fatto che lui non sopportasse l’idea che il tango avesse perso la sua purezza per via dell’arrivo dei genovesi a Buenos Aires.
Così un giorno ha caricato le sue valigie, “piene di studi, appunti e musiche” ed è partita alla volta di Buenos Aires, dove si sentiva – così scrive – “ lontana, lontanissima, col nodo della nostalgia serrato in gola, sempre meno convinta di voler tornare, sempre meno convinta di riuscire a tornare”.
Col nodo alla gola tipico del ricordo, quello che viene definito “magone” perché lo senti proprio nello stomaco quando precede il pianto provocato da un triste pensiero, come spesso molti amano chiamare il tango…il triste pensiero che balla…
Non sempre il tango è triste, ma spesso lo è proprio perché ha nel suo cuore il ricordo di quello che non c’è più.
Roberta in difesa dei genovesi contro Borges: credo che anche Borges sarebbe fiero di lei!
I genovesi come tanti altri immigrati italiani scendevano dalle navi e portavano la loro cultura, la loro musica, il loro dialetto che ancora oggi risuona nel quartiere della Boca a Buenos Aires: hanno portato i loro allegri colori dei borghi marinari liguri e dipinto nella medesima maniera le case che hanno costruito nella nuova terra che li accoglieva. Hanno cercato di ricordare quello che avevano lasciato e che mai più, ben sapevano nei loro cuori, avrebbero rivisto e abbracciato.
Il ricordo è uno dei temi più forti del tango argentino, “ci si impiega tanto a dimenticare, ma basta un nulla per ricordare”: a volte basta un odore, un profumo, un qualcosa di inaspettato e impercettibile che fa riaffiorare il ricordo.
Ricordare è tanto doloroso quanto caro e avvolgente, ci riporta a quello che abbiamo amato riaprendo la nostra ferita. Ricordare o dimenticare uno dei grandi quesiti di tutta la vita.
Ecco perché oggi la nostra rubrica ricorda Roberta che vi lascio ascoltare in questa milonga cantata per metà in dialetto genovese e per metà in spagnolo intitolata Milonga do Magon, dove col ritmo allegro della milonga in realtà si canta un dolore che forse solo con la passione del canto può essere “ ammazzato”!
https://m.youtube.com/watch?v=KjqhVXiwqBA
Come sempre buon Tango a tutti, a chi lo balla, a chi inizierà a ballarlo, a chi lo ascolterà oppure lo guarderà, a chi lo ama e a chi lo rifiuterà e male ne parlerà … A chi vive insomma perché Finché c’è tango c’è vita!
Un abbraccio!