“26 novembre 2020: oggi la prima volta dopo 9 mesi, ho riascoltato POEMA di Canaro, una delle mie preferite. Il mio cuore è esploso, difficile esprimere a parole il vortice di emozioni, di ricordi…Non ho ascoltato una sola canzone, un solo tango, e credo non ballerò più (certo, mai dire mai) ma tutto ciò che è legato al tango, a quegli anni, agli amici, alle milonghe, e soprattutto a Lui, rimarranno sempre gelosamente custoditi nel profondo del cuore. Quella porzione di vita è andata, perché tutto passa, c’è sempre un inizio e una fine, e il “nuovo” timidamente arriva, se facciamo spazio. Non è facile e non lo sarà, ma certo non esiste altra via se non l’andare, sempre e inesorabilmente!”
Se avere certezze nel mondo è quasi impossibile, la mia unica certezza in questo viaggio nell’esilio del Tango era di volerlo concludere solo con una persona: avevo questo desiderio, interno, questo senso che sarebbe potuto essere solo così. La mia unica certezza era minata dal fatto che non ero assolutamente certa che Laura mi avrebbe concesso quella parte dolorosa di sé, delle sue emozioni e dei suoi ricordi. Avevo incrociato qualche volta Laura in milonga, ma non c’era mai stato modo di rapportarsi, di chiacchierarsi un po’.
Più che imbarazzata nel contattarla, mi sentivo inopportuna, indiscreta: poi in me ha vinto la speranza che potesse comprendere quel mio senso di voler dare un piccolo contributo, un omaggio, un ricordo a chi ci ha lasciato tutti un po’ soli dentro, senza parole, senza una ragione, senza preavviso. Alla morte non si mai se è meglio prepararsi o incontrarla all’improvviso senza che ci lasci nemmeno un ultimo respiro.
L’emozione di scrivere anche ora è tanta e forse anche la vostra lettura. E allora proviamo insieme a indossare quella patina impalpabile, quello schermo che ci permette un distacco da quel vulcano che scoppia dentro.
Laura Cosseddu e Luciano Ruvolo, una coppia che quando incontri ti accende il sorriso, perché hanno un sorriso interno tutto loro, complice l’amore e il ballo che li ha uniti per sempre. Il Tango ha pianto la scomparsa di Luciano: il mondo di questo ballo non sempre è profondamente amico di qualcuno, ma di Laura e Luciano si, e tutti noi, più o meno vicini a questa coppia, siamo rimasti muti nel dolore di una vita energica, sana, spazzata via da questa “roulette russa” che da marzo 2020 ci costringe a uno spietato gioco di vita e di morte, dove il rullo del tamburo col proiettile inserito, non sai a chi sarà destinato.
La bella Laura coi suoi capelli arruffati neri e il suo dolce sorriso, oggi vive e lavora nella sua terra magica, magnetica, fatta di antiche pietre che si pensa abbiano anche una potente forza che influenza corpo e anima generando benessere. Acqua incontaminata, la Sardegna, l’isola bianca, dove è nata e tornata. Viaggia sulla 130 intanto che parliamo, viaggia come si fa nel tango, nella vita e nell’amore.
“Sembra una vita fa e sembra ieri, la percezione è surreale, fatico a collocare nel tempo, è stato tutto stravolto, continuare come prima una follia, cambiare tutto forse l’unica via. Dietro una crisi, una tragedia, c’è un’opportunità anche se è molto difficile vederla, soprattutto mentre sei attraversato dal dolore.
Luciano era un grande uomo, speciale, studiava tanto, amava profondamente il tango e lo studiava con dedizione, forse non ha avuto il tempo per dimostrarlo appieno, per essere valorizzato come meritava. Luciano aveva un cuore grande!
Abbiamo ballato lo scorso febbraio, l’ultimo tango, poi a marzo ci siamo ammalati, abbiamo lasciato casa, la scrivania, tutte le cose e non l’ho più incontrato. Ho solo sentito i suoi faticosi respiri al telefono. Il funerale negato. Polvere. Non l’ho più rivisto. Il nulla.
Luciano aveva tanta determinazione, passione, ballava tutto, la fortuna di andare in pensione presto e il desiderio di provare anche lui a diventare un bravo “musicalizador”.
Luciano, il suo PC e le scarpe da ballo. Generalmente i musicalizador non ballano, lui sì, e sentendo l’energia della pista, creava la musica in quel momento e per quel momento, per quei sorrisi che vedeva danzare o per quegli umori che scorgeva appartarsi; non aveva playlist, vedeva, sentiva e cambiava lì per lì. Studiava in continuazione, era determinato e umile.
Abbiamo vissuto di tango io e lui. Per me è stato un doppio legame e un doppio esilio, da Luciano e dal tango, un disegno di infinito spezzato, un doppio filo indissolubile.
Il tango non mi manca, gli amici mi sono sempre stati vicini, a me manca lui. L’esilio me lo ha strappato via, inciso nella carne, mi rimangono le nostre foto, ci siamo sempre detti che solo la vita le avrebbe scolorite nel tempo.
Come sono riuscita a sopravvivere al più spietato esilio di dolore che mai avevo conosciuto prima? Sono sempre stata molto credente e non vivo quanto successo come un’ingiustizia, la vita è questa, c’è un disegno, c’è un passaggio che accetto, attraverso il dolore e aspetto.
Ho sempre avuto Dio nella mia vita, è sempre stato la mia forza. Io mi affido, seguo il corso della vita, resiliente, parola di cui scopri il vero significato solo quando provi a te stesso di esserlo davvero. Ogni giorno che Dio mette in terra, chiedo di avere la forza e la determinazione che Luciano mi ha regalato. Vado avanti, mi affido nella preghiera e trovo il coraggio. Con Luciano pregavamo insieme, era un momento nostro di condivisione profonda. Se non avessi fede, io non so come avrei fatto ad attraversare questo esilio senza ritorno e come farei a vivere senza quella parte di me.
Tornerò all’abbraccio di questo ballo? Tutto ciò che è legato al tango, a quegli anni, agli amici, alle milonghe, e soprattutto a Lui, rimarranno sempre gelosamente custoditi nel profondo del cuore, mai dire mai, non so immaginarmi ora che cosa potrò provare e se proverò qualche emozione quando l’abbraccio tornerà nelle nostre vite.
“Poema” era il nostro tango, lo ballavamo insieme, sempre. Eravamo fuoco e fiamme. Io la Sardegna e lui la Sicilia, eravamo due vulcani insieme!”
Il tango preferito da Laura è quindi Poema, un brano classico del 1925, musica e testo di Edoardo Bianco e Mario Melfi, creato nel corso di un viaggio in treno e reso eterno nel 1935 dall’Orchestra di Francisco Canaro.
È molto amato sia dai musicalizadores che preferiscono Tango “tradizionale”, sia da coloro che prediligono selezioni meno classiche.
Poema è amato da ogni tanguero che ha affinato la sua sensibilità nell’ascolto e nel ballo, è malinconico, parla del mal d’amore e di un intenso dramma passionale; è un brano che si balla con silenziosa leggerezza, quasi a non coprire le note che sembrano indugiare nella melodia e riportarti indietro, nel tempo, dove gli amori erano eterni.
Buon ascolto!
https://www.youtube.com/watch?v=74eayO1h2oY
Un caro abbraccio e siate felici!