“Ghetto”, il balletto di Mario Piazza che racconta storie di umanità e inclusione

di Giada Feraudo
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“Ghetto non più inteso come luogo di costrizione ma come espressione della costruzione di un dialogo nel rispetto delle diversità sociali e culturali”.

Da questa definizione e riflessione parte il coreografo internazionale Mario Piazza per creare il suo balletto, che porta l’omonimo titolo, Ghetto, uno spettacolo in continua evoluzione sin dalla sua creazione, che risale alla Stagione 2002/2003 per il Teatro Massimo di Palermo.

Il 21 maggio prossimo lo spettacolo sarà in programma al Teatro dell’Opera di Stato di Stara Zagora (Bulgaria) il 21 maggio prossimo, per poi iniziare il tour che vedrà la seconda tappa il 29 Maggio al Teatro Nazionale di Musica di Sofia.
Il nuovo allestimento è pensato per il Corpo di Ballo del Teatro dell’Opera di Stato di Stara Zagora, con la direzione del ballo di Silvya Tomova, ripresa da Ludovic Party; le scene si ispirano alla pittura visionaria e poetica e ai colori di Marc Chagall e vengono sviluppati i temi cardine del progetto coreografico per una nuova visione dei passi a due e assoli alla luce del continuo evolversi di questo progetto.

«Il punto di partenza per elaborare questo spettacolo è stato la necessità di affrontare i temi della esclusione e dell’esilio attraverso l’esplorazione dei ghetti, reali e virtuali, che nascono dalla paura generata dalla diffidenza. Il ghetto ebraico rappresenta un concentrato di umanità, con la sua memoria storica, tra musiche Klezmer e canti gitani; una coppia di giovani sposi è l’emblema del cammino futuro della società. Il lavoro mescola umorismo e angoscia, dolore e sorriso nella consapevolezza di avere una “Hatikvah” (speranza) che darà la forza necessaria per superare uniti ogni ostacolo. Un affresco danzato di normalità e conoscenza e un messaggio di pace e libertà» dichiara Mario Piazza.

Ghetto, premiato nel 2002 con uno dei più importanti riconoscimenti per le Performing Arts dalla European Association for Jewish Culture a Londra dà corpo al sogno di ogni minoranza perseguitata e oppressa per appartenenza etnica, orientamento sessuale o credo religioso di uscire dall’isolamento in cui è confinata e conquistare l’agognata libertà attraverso la musica, patrimonio condiviso dell’umanità.

Il Ghetto viene qui considerato come simbolo di tutte le discriminazioni. I protagonisti David, Sarah e il Rabbino Capo interpretano la vita in un colorato, travolgente caleidoscopio di sentimenti e passioni: l’amore coniugale, il matrimonio, le tradizioni e le feste fino alla disperazione, la deportazione e la tragedia della Shoah. Figura narrante Tikvah (in ebraico “speranza”) racconta la forza, la fede e la rinascita del popolo d’Israele. A scandire i passi di danza le note di Underground di Goran Bregovic, i brani travolgenti e struggenti della musica kletzmer e i canti gitani (Gelem Gelem) a ricordo dello sterminio dei Rom, in un crescente palpito che lascerà commosso e stupefatto lo spettatore.

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