Quando si comincia a studiare danza si è mossi dal desiderio e dal piacere del movimento, dalle forti emozioni che la danza continuamente dona, in ogni aspetto del suo essere: studio, prove, palcoscenico. Nel momento in cui poi si intraprende un percorso formativo professionale, tutte le energie vengono investite nello studio, impegnandosi giorno dopo giorno, con molta fatica e tante rinunce, per cercare di somigliare il più possibile al danzatore che si vorrebbe vedere sulla scena. Nella quasi totalità dei casi non si sospetta neanche dell’esistenza del vero ‘lato oscuro’ del mestiere del danzatore, se non per sentito dire. Durante la formazione si è così concentrati sugli aspetti tecnici da lasciare che tutto il resto ci venga insegnato dalla vita stessa, anche se questo spesso accade a suon di porte in faccia.
Questo non è il soggetto di un B movie sul mondo dello spettacolo, purtroppo è una verità, che ovviamente non riguarda tutti, ma vale per molti. Oggi, ancora più di quando ero anche io parte del popolo delle audizioni, il mondo della danza è diventato spietatamente competitivo. Oltre ad essere un bravo danzatore devi avere una tua personale qualità di movimento, una forte presenza dal punto di vista energetico e anche essere bello. Non necessariamente una bellezza da copertina, ma comunque avere un viso che attira lo sguardo per la sua particolarità e un corpo tonico, definito e atletico. Ogni epoca, poi, ha la sua tipologia di danzatore di riferimento. In questi ultimi anni la danza è esplosiva, acrobatica, estrema, per questo non stupisce il successo di una danzatrice come Misty Copeland (che personalmente trovo molto brava ma non così eccezionale come la critica mi vuole far credere), perché lei incarna questo ideale di bellezza potente e anticonformista, meravigliosa al punto da essere il soggetto preferito di molti fotografi. Ai miei tempi (quanto odio questa locuzione, ma purtroppo è giunto per me il momento di usarla) l’aspetto estetico non era così importante, del resto una volta in scena ogni artista, degno di essere chiamato tale, diventa splendido e anzi, a volte era quasi impossibile riconoscerli una volta fuori dall’uscita sul retro del teatro, sempre più esili e meno maestosi di come te li eri immaginati. La magia della scatola nera.
Questo vuol dire che se non si è in possesso di almeno una di queste caratteristiche, se non si è in grado di imporre la propria presenza nello spazio e nell’attenzione di chi ci sta guardando, magari per valutarci come possibili interpreti, si è uno di quei soggetti che difficilmente verranno notati alle audizioni. Non importa quanto sei bravo e quanta tecnica hai nel corpo, poiché occorre qualcosa di più per essere selezionati da un coreografo.
Una storia che conosco fin troppo bene, dal momento che ho sempre fatto parte di questo gruppo di persone. Mi veniva detto che tecnicamente ero valida, ma….poi c’era sempre un ‘ma’. Non posso dire di non essere mai stata apprezzata perché mentirei, ma di certo quando sei in questa situazione diventa molto difficile pensare di fare questo come unico lavoro, poiché troppe incognite pesano sulla testa come una spada di Damocle sul tuo futuro. Inoltre non bisogna dimenticare che ogni no scava via un po’ di autostima, e quando diventano tanti può essere difficile continuare a credere in sé stessi, nonostante la motivazione che spinge sempre ad andare avanti a studiare, ricercare, migliorarsi.
Quando si insegue il sogno di danzare ci si può sentire affrancati dalle miserie di una vita apparentemente ordinaria come potrebbe esserlo una spesa in ufficio. Questa però è una libertà finta, un’illusione, perché i danzatori si trovano solo in una gabbia più dorata e sontuosa degli altri forse, a volte però claustrofobica e troppo stretta. Il danzatore può studiare tutta una vita e sapere di essere un buon elemento, ma la scelta è poi nelle mani di altri, dei registi e dei coreografi, a volte per una scrittura che dura giusto un paio di mesi, quasi mai pagata adeguatamente. Per questo bisogna essere molto forti emotivamente, decisi e sicuri di sé, molto motivati, e anche così gli alti e bassi sono comunque sempre dietro l’angolo: non conosco nessun collega che non abbia avuto almeno una grande crisi nel corso della propria carriera, o che non abbia mai desiderato smettere di fare questa vita, così meravigliosa ma anche corrosiva, sotto certi aspetti.
Questo per dire a tutti gli allievi che hanno ambizioni professionali, di mettere in conto di ricevere molti ‘no’, ma non preoccupatevi, questo rientra nella normale esperienza che tutti devono fare, bisogna imparare a gestire e dissipare le emozioni negative che seguono un’audizione andata male. Non c’è nulla di personale. Trovare il proprio posto nell’Universo Danza è un processo lungo e a volte anche doloroso, che richiede molta introspezione, impegno quotidiano e capacità di estroflettere il proprio mondo interiore attraverso il corpo in movimento. È molto importante cominciare a fare questo quando si è ancora in formazione, senza fossilizzarsi solo sulla perfezione del gesto tecnico, poiché gli insegnanti possono trasmettere tutta la propria conoscenza, ma poi sta all’allievo riempirla con qualcosa di proprio, cercare un personale punto di vista sul movimento, fraseggio, dinamica e senso dello spazio: cose che nessun maestro può insegnare, poiché è un lavoro che si può svolgere solo individualmente, a partire dal proprio Sè.