Il 23 gennaio del 2019 mancava Roberto Fascilla. Qui rivive nei ricordi dei colleghi e degli amici

Savignano, Dorella, Prina, Vescovo, Masella, Cannito, Brescia, Zilembo, Menegatti: nel dolce ricordo di Fascilla

di Francesco Borelli
1,8K views

Luciana Savignano: il primo ricordo che ho di Roberto è legato al mio debutto ne “Il Lago dei cigni” al Teatro alla Scala. Fu lui il mio partner e mi supportò in ogni modo. Con lui accanto mi sentii sicura, era un danzatore e un uomo assolutamente straordinario. Gli anni non ci allontanarono, anzi. Spesso era presente ai miei spettacoli e a fine rappresentazione mi riportava le sue impressioni e mi regalava i suoi preziosi consigli. Avevamo un rapporto privilegiato basato sull’affetto e sulla totale sincerità. Non amo parlare di lui al passato perché quando un uomo è stato un grande uomo, lo rimane per sempre. Mi manca e ci manca molto.

Oriella Dorella: conosco Roberto dai tempi in cui, ancora ragazzina, muovevo i primi passi nel corpo di ballo del Teatro alla Scala. Lo vedevo bellissimo e interpretava, fra i tanti ruoli, uno straordinario Romeo. Col tempo abbiamo iniziato a collaborare e, in qualità di coreografo, ha creato per me bellissimi balletti: Anna Frank sulle musiche di Luciano Chailly, Giulietta e Romeo di Berlioz e mille altre cose. Ruoli cuciti su di me, sulla mia emozionalità e il mio modo d’essere. Era un artista eclettico e poi, un grande amico. Nei miei momenti difficili mi è sempre stato accanto. Mi diceva: “Dai Oriella, si va avanti, tutto passa”. Nonostante la differenza d’età era un amico presente, protettivo e sincero. Roberto c’era, sempre. Quando una persona muore si è soliti dire che era straordinaria. Nel caso di Fascilla, nessun aggettivo potrebbe rendere meglio la persona. Ho il ricordo di un uomo importante, a cui penso spesso, giocoso in alcuni momenti, sempre dedito al lavoro e con un occhio ai giovani: li ha aiutati, motivati, bacchettati se è necessario. Non lo dimenticherò mai. Ѐ lì, nel mio cuore. Non è mai entrato nella grande giostra, ma è stato un motore importante di quella giostra.

Anna Maria Prina: se penso a Roberto mi vengono in mente due differenti momenti in cui le nostre strade si sono incontrate. Il primo è certamente il periodo in cui lui era già primo ballerino del Teatro alla Scala e io ero ancora nella scuola e ballavo nel corpo di ballo. Lo guardavo con infinito rispetto: era bravissimo, serio e dedito al suo lavoro. Ma ci scambiammo la parola in pochissime occasioni. Passati gli anni e cambiati i nostri ruoli ci siamo incontrati spesso e, lavorando assieme, quella rispettosa distanza degli inizi si è trasformata. Ho “riconosciuto” Roberto e oltre al professionista onesto ed estremamente competente, ho scoperto l’uomo. Inutile dire come la sua morte mi abbia colpito nel profondo. Ho sempre visto Fascilla come una persona forte, giovane, volitiva. E lo è stato fino all’ultimo. Manca molto.

Rossella Brescia: il Maestro Fascilla ha rappresentato, per me, un vero e proprio faro. E non mi riferisco solo alla danza. Era un Maestro anche nella vita. Le sue correzioni non le dimenticherò mai. Sapeva indicarti la giusta strada da percorrere e aveva un modo assolutamente unico e speciale di parlarti. Ecco, questo è il termine giusto per definirlo: era speciale. Manca e continuerà a mancare moltissimo perché uomini come lui non ne esistono tanti.

Gisella Zilembo: per me non è facile parlare del Maestro. Lo chiamavo così, perché non era necessario aggiungere altro: il Maestro, in senso assoluto, era lui. Di Danza e di vita. Ho trascorso dieci anni a costante e stretto contatto con una persona indescrivibile, che per me era un padre, nel senso più ampio e profondo che si possa pensare. Potrei raccontare infiniti episodi, momenti indelebili, belli e meno belli, condivisi con la certezza di un affetto profondissimo. Mi manca immensamente, perché certi vuoti credo siano davvero incolmabili. Oggi, quando lo ricordo, tra le immagini e le sensazioni, mi piace pensare non solo all’étoile indiscussa e indiscutibile che è stato, ma all’abbraccio di un padre, alle nostre telefonate interminabili, al raccontarci qualsiasi cosa, con la certezza di un affetto immenso, a quel suo sorriso di sottecchi, mentre mi leggeva dentro ancor prima che potessi parlare. Mi piace pensare ai nostri viaggi, scambiandoci ricette e risate, alla sua imbattibile insalata di gamberi e avogado. Il Maestro mi manca oltre misura e a volte penso a quanto abbia perso chi non è riuscito a conoscerlo.

Luciano Cannito: avevo 29 anni e Roberto Fascilla monitorava i giovanissimi coreografi italiani, facendo della generosità un aspetto importante del suo essere Direttore di Fondazioni lirico sinfoniche.  Un giorno ricevetti una telefonata in cui il Direttore del corpo di ballo del Teatro San Carlo, Fascilla appunto, mi invitava a Napoli per parlarmi e propormi un progetto. Io, che avevo una piccola compagnia privata con un numero esiguo di danzatori e tutte le difficoltà del caso, sognavo letteralmente di poter creare una coreografia per un grande teatro. Mi precipitai a Napoli e trovai la città bloccata dal traffico. Iniziai a camminare ma l’ora dell’appuntamento si avvicinava drammaticamente e avrei fatto certamente tardi all’incontro forse più importante, almeno fino ad allora, della mia vita lavorativa. Presi coraggio e fermai una vespa chiedendo a un ragazzo di accompagnarmi. Arrivai in tempo e il Maestro diede così inizio alla mia carriera. Tutto ebbe inizio per un atto di generosità e di fiducia, senza nessuna telefonata o raccomandazione giunta dai salotti buoni o dai circoli in cui si decideva chi fosse trendy e chi no: circoli e salotti che Roberto, peraltro, detestava. Dopo tanti anni lasciò la direzione del teatro e tornò a Milano. Quando il sovrintendente del teatro mi chiamò per un colloquio in vista di un’eventuale carica di direttore, telefonai subito a Roberto chiedendo consiglio e lui mi diede la sua benedizione. Ringrazierò sempre il Maestro Fascilla, mi è stato sempre vicino in tutti gli anni della sua vita. Mi sono sempre sentito come un suo figlio e la sua mancanza, per me, è stata devastante.

Bruno Vescovo: racchiudere in poche parole il percorso di vita condiviso con Roberto è praticamente impossibile. Ci ha sempre legato una grandissima amicizia oltre che, ovviamente, un grande affetto. Di lui ho sempre ammirato la grande professionalità e un’onestà intellettuale non certo di tutti. E poi gli sarò sempre grato: grazie a lui ho ballato in tantissimi teatri in Italia e all’estero. Mi diede fiducia come danzatore e come artista donandomi infinite possibilità. Il dolore per la sua perdita è stato atroce e manca molto. Oggi come un anno fa.

Aldo Masella: Roberto Fascilla non può essere un ricordo. I ricordi hanno un loro tramonto. Roberto resta invece con noi, a guidarci continuamente su quei percorsi di professionalità che hanno fatto di lui un indimenticabile artista.

Beppe Menegatti: Roberto rappresentava un pensiero solido, importante e onesto, del mondo del teatro e del balletto. Lo conobbi tantissimi anni fa; ero appena arrivato in Scala come assistente di Luchino Visconti e Roberto faceva parte del gruppo dei ragazzi, tra cui Carla Fracci, che si sarebbero diplomati quell’anno. Era un uomo di un’intelligenza produttiva come pochi altri: collaborando con lui potevi sentirti sempre sicuro. Abbiamo lavorato molto assieme e ogni produzione ha avuto una buona riuscita. Ho in mente, tra i tanti balletti, “Convento Veneziano” rappresentato nel 1974 alla Fenice di Venezia e di cui Roberto fu straordinario coreografo. Fu inoltre un partner eccezionale per qualsiasi danzatrice con cui ebbe a che fare, non solo per Carla. Era infine, un amico. Abbiamo trascorso tanti momenti assieme condividendo pensieri, idee, progetti e anche problemi. La mancanza di una persona così si sente tutti i giorni.

Francesco Borelli: non posso dire di aver conosciuto in maniera profonda il Maestro Fascilla, ma negli ultimi anni della sua vita ci incontrammo spesso e, di frequente, scambiavamo pareri e opinioni sul nostro amato e maltrattato ambiente. Un giorno al telefono mi disse una cosa che mi riempì d’orgoglio: “Continua così Francesco, il mondo della danza ha bisogno di persone come te, competenti, capaci, innamorate della danza e soprattutto, coraggiose”. Inutile dire come queste parole abbiano rappresentato per me un motore importante e oggi, tra le tante difficoltà, una spinta a fare sempre meglio. Il maestro era così: grandissimo artista e persona di spessore. Infine un uomo semplice. Sarebbe bello se non di morte ma di un lungo sonno si trattasse.

Articoli Correlati

Lascia un Commento