Il blocco dello scrittore è lo stesso dell’insegnante di danza

di Lia Courrier
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Io e SetteOtto viviamo insieme da ben due anni.

Una relazione inaspettatamente lunga.

Se mi avessero detto che sarebbe durata così tanto, nei mesi in cui sono usciti i primi numeri, non ci avrei mai creduto, poiché ero convinta che, trascorsi i primi mesi, sarebbe stato sempre più difficile trovare argomenti interessanti di cui parlare, e le persone avrebbero semplicemente smesso di leggere.

In effetti nel tempo ho avuto periodi, più o meno lunghi, in cui ogni settimana andavo alla ricerca di possibili argomenti come un cane che cerca di fiutare il tartufo. Nella cartella in cui archivio tutto ciò che scrivo, ci sono diversi numeri mai finiti, oppure completati ma che poi non mi sono mai decisa a pubblicare perché non li considero interessanti. Se ne stanno lì, in attesa di un destino che non si rivela ancora.

Inizialmente è stato molto facile scrivere, poiché ho attinto a tutto ciò stava in superficie, già pronto per essere messo sulla carta (digitale), trattandosi di questioni a me care, oggetto di osservazioni e discussioni che spesso propongo anche a lezione. Una volta esaurito questo strato ho sentito la necessità di cominciare a scavare un po’ più in profondità, ed è stato proprio questo il momento in cui mi sono immersa nella fase più interessante di questa avventura, sebbene sia stata – ed è tuttora – anche la più difficile.

Nei momenti di quello che comunemente è conosciuto come ‘il blocco dello scrittore’, mi è anche capitato di chiamare per telefono i colleghi, solo per farci una chiacchierata, nella speranza che durante la chiamata, perché si sa che i danzatori spesso e volentieri parlano tra di loro solo di danza, venisse fuori qualche ispirazione, ma non sono il tipo che ama molto stare a lungo al telefono, quindi questo metodo è stato soppiantato molto presto. Ho anche proposto un appello ai lettori, chiedendo loro di proporre argomenti, ma a parte pochissimi casi, questa richiesta è caduta nel vuoto, così ho capito che ci si aspettava che fossi io a scovarli. Recepito il messaggio.

Questo processo in realtà mi è molto familiare, poiché è lo stesso che si presenta all’interno dell mio lavoro di insegnante di danza, dal momento che per circa otto mesi all’anno seguo gli stessi studenti. All’inizio dell’anno siamo tutti straboccanti di buoni propositi e di voglia di danzare, tutto sembra interessante, ci si riavvicina reciprocamente dopo la pausa estiva, oppure ci si conosce per la prima volta. Esiste una distanza tra le persone, in questa fase iniziale, che garantisce una certa soglia di attenzione sotto alla quale non si scende mai. Poi, dopo qualche mese, soprattutto alla metà dell’anno scolastico, si arriva sempre ad un punto in cui la qualità della presenza di tutti in classe comincia a diminuire: gli allievi si abituano alla mia voce, alla mia metodologia, al mio modo di sentire la musica e di dare le correzioni. Tutto ciò che all’inizio poteva sembrare stimolante adesso in qualche modo provoca un po’ il sonno, rientra nelle abitudini.

Questo è il momento in cui normalmente sento il bisogno di fare qualcosa per smuovere le acque.

Per farlo devo guardarmi dentro e spingermi verso la danza che si è andata a depositare sui fondali.

Questo posto è come un armadio straripante di vecchi vestiti, che hai abbandonato lì anni fa perché ti sembravano brutti, o che ti stessero male. In verità si tratta di un cumulo di vecchio ciarpame, ma  puoi trovarci anche cose davvero interessanti, che adesso ti vestono alla perfezione e anzi, forse sono pure tornate di moda.

Tutto ciò che potrò mai insegnare, danzare o scrivere è già tutto lì.

Devo solo essere in grado di vedere. Di scoprire. Per questo ho smesso di cercare.

Quando sento che una nuova stagione di aridità è in arrivo, io mi fermo e guardo l’orizzonte, rilassando lo sguardo fino a non battere neanche le palpebre. Dopo un po’, quando davvero la mia attenzione e la mia ansia si sono depositate laggiù, ecco che attraverso la vista periferica vedo qualcosa di interessante emergere dall’indistinto. Non sono io che scelgo i passi da assegnare o gli argomenti di cui scrivere: sono loro a scegliere me. Per qualche motivo si presentano e io non faccio altro che lasciare uno spazio aperto affinché possano raggiungermi. Solo quando si sono avvicinati abbastanza posso metterli a fuoco e acchiapparli! È così che, settimana dopo settimana, siamo giunti al compimento dei due anni della rivista e a…non so più quanti di insegnamento. Meglio non pensarci troppo.

Tra qualche giorno saremo pronti anche a presentare la prima raccolta di SetteOtto, in una edizione tutta da scoprire, particolarissima sia dal punto di vista estetico che nei contenuti. Parlo al plurale perché ovviamente dietro a questa avventura editoriale ci sono tante persone che hanno creduto in questo progetto, primo tra tutti il direttore di DHN Francesco Borelli, che è sempre stato al mio fianco, punzecchiandomi ogni volta che ha sentito il mio umore lunare inabissarsi (grazie!).

Vi aspettiamo, dunque, alla presentazione ufficiale che si terrà il giorno 29 Aprile (lo so, molti di voi sarete via per il ponte, ma è la Giornata Internazionale della Danza e ci piaceva così), presso Open|More than books, in Viale Montenero 6, alle 16.00.  Siete tutti i benvenuti!

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