Il confine tra severità e aggressività nei Maestri di danza

di Lia Courrier
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Nel 2014 è uscito nelle sale un film dal titolo “Whiplash”, che racconta la storia di un giovane promettente batterista, Andrew, e del suo incontro con un maestro che, anziché essergli mentore, diventa il suo peggiore incubo, a causa del suo metodo didattico, per spronare i ragazzi a dare il massimo, basato sul terrore. Terence Fletcher, questo è il suo nome, è famoso per dirigere un’orchestra che non sgarra mai neanche di una nota, e sbatte fuori senza troppi complimenti chiunque offenda il suo orecchio assoluto. Vuole il meglio. A qualunque costo. Attraverso sottili e logoranti strategie psicologiche, Fletcher trascina Andrew in una altalena emotiva fatta di approvazioni solenni e successive ritrattazioni, il ricatto morale come strategia, che però -purtroppo – pare proprio funzionare, al punto che ormai il povero Andrew non ha più vita se non per studiare e suonare la batteria, fino a dilaniarsi le mani.

Ma a quale prezzo?

Si viene poi a sapere che un ex allievo di Fletcher si è tolto la vita, per non dover più sopportare, mentre Andrew decide di appendere le bacchette al chiodo e smettere di suonare. Il film poi prende il volo in un finale che non voglio svelare, ma vi consiglio di guardarlo perché apre delle riflessioni interessanti sul ruolo dell’insegnante.

Nel mio cammino (credo anche in quello di molti di voi), è capitato di incontrare qualche Mr. Fletcher: insegnanti che giustificano i propri modi rudi e aggressivi, ritenendoli necessari per sviluppare i talenti e le potenzialità dei propri allievi, applicando questo metodo in modo arbitrario e indifferenziato con chiunque gli capiti a tiro. Questo vuol dire titillare costantemente le corde di una delle paure più antiche che l’essere umano possa avere da quando ha sviluppato le zone più recenti del cervello: quella di essere umiliati. La mortificazione della persona è quello che più spesso ho sentito sulla mia pelle, quando mi ritrovavo nelle classi di questi insegnanti, ed è lo stesso tipo di sensazione che mi arriva dai racconti di molti danzatori alla ricerca di stabilire un equilibrio interiore, in seguito a questi incontri. Questa tipologia di  insegnante è in grado di trovare il momento perfetto per dirti, in modo crudo e diretto, magari davanti a tutta la classe, andando a scavare proprio dove sei più vulnerabile, ciò che ti ferisce di più. L’obiettivo è scatenare un’ipotetica reazione d’orgoglio per cui, si suppone, darai fondo a tutta la tua energia, per dimostrargli che si sbagliava. Sono in gioco il timore di cadere, il desiderio di conferme, una sorta di competizione con chi credevi essere la tua guida e che invece diventa un carnefice e, non per ultima, una massiccia dose di frustrazione.

Quello che io mi chiedo è: se uccidiamo l’Uomo che c’è dietro all’Artista, cosa rimane?

Sono consapevole che una certa severità sia necessaria per formare un danzatore, ma per esercitarla un insegnante non dovrebbe mai umiliare o essere irrispettoso della persona, perché gli allievi prima di tutto sono esseri umani, con il loro carattere, i talenti, le debolezze e i punti di forza, e solo quando avremo osservato tutto questo, potremo capire qual è lo spazio che quella persona in particolare ci concede di utilizzare. Ogni allievo è un progetto, perché ognuno di loro è unico: è una storia di sensibilità e di ascolto, non di prevaricazione.

Negli anni ho imparato, a mie spese, che bisogna mettere il proprio ego da parte quando insegni, bisogna aprirsi all’altro senza giudizio né aspettativa, senza proiettare su di loro le nostre ambizioni o frustrazioni. Faccio un esempio pratico: a volte capita che un moto di stizza si presenti quando ai nostri occhi un allievo non si impegna abbastanza, fa molte assenze, o studia buttando via le proprie doti, ma quella stizza esiste solo come reazione alla delusione delle NOSTRE aspettative. Spesso non teniamo conto che, forse, quella persona ha un progetto di vita differente da quello che noi abbiamo pensato, e dobbiamo rispettare questo progetto anche se non appaga i nostri desideri, non è questo che conta. Umiliare, arrabbiarsi, punire e urlare contro gli allievi non ha alcun effetto positivo, ma al contrario soltanto molte ricadute negative: questi assalti irrompono con arroganza, rompendo nell’intimità della persona, mettendone a nudo le vulnerabilità e facendola spesso allontanare da ciò che fino a qualche tempo prima amava. Anche nel caso si riuscisse a fare migliorare l’allievo, in seguito a questo genere di violenza psicologica, sarà comunque a favore di una danza di rabbia, dettata dal bisogno di dimostrare a qualcun altro e non a sé stessi, a scapito di una danza che scaturisce dall’amore e dalla gioia di muoversi. Le persone che sono state a lungo seguite da insegnanti molto ‘autoritari’ sono spesso insicure, non riescono a vedere ciò che di bello c’è in loro e nella loro danza, e credo che questa sia la vera occasione mancata.

Da anni ho scelto di insegnare l’amore verso la danza e verso sé stessi, prima ancora di cominciare ad insegnare i principi del movimento, e posso dire che coltivare la fiducia nel proprio corpo e nelle proprie capacità dà dei risultati meravigliosi e duraturi. Mi dispiace molto per tutti gli allievi che ho incontrato nei miei primi anni di insegnamento, che forse non hanno sempre ricevuto da parte mia il sostegno che avrebbero desiderato. Purtroppo ero ancora dentro a vecchi schemi, non ero in grado di gestire il mio ruolo con la giusta presenza e un’adeguata  predisposizione del cuore.

Nella medicina tradizionale cinese il cuore è un organo importantissimo, che spesso viene descritto con la metafora del vaso, vuoto al suo interno. Un recipiente dentro al quale tutto scorre senza mai fermarsi, perché se qualcosa vi ristagna dentro, contaminerà la purezza del nostro sguardo sul mondo. La danza nasce proprio dallo spazio del cuore, ma se la frustrazione, la rabbia e l’umiliazione vi ristagnano dentro per troppo tempo, cosa esprimerà il nostro movimento?

Potremo ancora vedere l’essere umano dietro all’artista?

Foto: Master Ballet Academy

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