Il Covid cancella gli abbonamenti alla Scala

di Giada Feraudo
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Niente campagna abbonamenti, quest’anno, per il Teatro Alla Scala di Milano. Un danno economico stimato intorno ai quindici milioni di euro, che si va a sommare alle voragini già create dalle chiusure e dalle restrizioni che limitano i posti fruibili in sala, oltre che dalla paura che frena tante persone a frequentare i luoghi pubblici per timore dei contagi.
Del resto l’andamento della pandemia costringe a navigare a vista, non è possibile fare programmi a lungo termine, il rischio di un’immediata interruzione delle attività è sempre dietro l’angolo nel caso in cui qualcuno venisse trovato positivo al tampone, e pertanto, come anticipato già alcuni giorni fa dal sovrintendente Dominique Meyer, la Stagione (che, salvo imprevisti, dovrebbe essere annunciata il prossimo venerdì) avrà probabilmente una programmazione trimestrale.

Una sospensione della campagna abbonamenti non si registra dal 1920, quando Arturo Toscanini, insieme all’allora sindaco di Milano Emilio Caldara e al direttore del Corriere della Sera Luigi Albertini, istituì l’Ente Autonomo, che liberava il Teatro dall’autorità dei palchettisti, fino a quel momento proprietari dei 155 palchi del Piermarini.
Anche fra il 1943 e il 1946 la campagna abbonamenti non ci fu, a causa della guerra e dei bombardamenti, fino alla riapertura del lirico milanese.
Mai più, da allora, si era presentata una situazione di tale gravità.
Si tratta di una decisione molto sofferta, ma l’unica al momento possibile.

In attesa di conoscere la seppur breve programmazione, salvo brutte sorprese dell’ultimo minuto, restano al momento confermati il consueto appuntamento del 7 dicembre con Lucia di Lammermoor in versione integrale, diretta da Riccardo Chailly e con regia di Yannis Kokkos, e il tradizionale Schiaccianoci natalizio, per provare a dare un’illusione e una sensazione di normalità e sicurezza in tempi che sicuri e normali proprio non sono.

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