Natale…per noi ballerini è il momento di esultare al cospetto di quel titolo ballettistico, famoso a livello planetario, che porta il nome di Schiaccianoci, Casse-noisette, Nutcracker.
Da che mondo è mondo crediamo più in Drosselmayer che a Babbo Natale e l'aria natalizia, per noi di tutù vestite, è scandita dalle inconfondibili note di Tchaikovsky, al punto che ci vengono i brividi solo a sentire l'attacco della fata confetto, con quel pizzicato dal sapore di zucchero fatato che incanta sempre come se lo ascoltassimo per la prima volta. Ognuno poi ha la sua versione preferita, per me per esempio il passo a due finale con la coreografia di Nureyev è di una eleganza inarrivabile, ma la versione di Balanchine sicuramente conquista per dinamismo, velocità, ironia e anche perché non esiste uno schiaccianoci più adorabile, favoloso, caleidoscopico e delizioso di quello: da mangiarselo con gli occhi. In realtà la vera cosa bella del Natale, per me che sono un Grinch, è proprio mettermi sul divano sotto una coperta e gustarmi una buona edizione di Schiaccianoci.
Ritornando indietro nel tempo, però, al mio primissimo approccio con questo balletto, una versione tradizionale russa credo, altri ricordi affiorano, non proprio rassicuranti. Innanzitutto questo zio, che ho sempre trovato inquietante, a parte nella visione di Roland Petit con un irresistibile Rudy Bryans, ma che qui è alto due metri e vestito come una befana. Clara però lo adora al punto che quando arriva alla festa, tutti i bambini sembrano colti da lisergica euforia (secondo me gli spaccia dello zucchero bianco di nascosto) e sgambettano in preda al delirio più sfrenato, mentre lo zio porge in dono alla piccola Clara LUI: lo schiaccianoci. Dico…ma che regalo è per una bambina? Anche pericoloso poi, metti che gli rimane un dito della manina incastrato dentro? Non mi pare proprio che possa considerarsi un oggetto adatto ai bambini. E vogliamo parlare delle fattezze? Quello schiaccianoci di legno era un po' una via di mezzo tra Pennywise, non so se avete presente, il pagliaccio sanguinario nato dalla mente di Steven King per il suo romanzo IT, e Chucky la bambola assassina: una cosa che dovrebbe far ridere e divertire i bambini, ma che rivela poi a tradimento il suo aspetto mostruoso, non proprio totalmente celato. Quello schiaccianoci, che avevo visto in video, con un bel primo piano dedicato, aveva occhi strabuzzati, una bocca piena di bianchi denti aguzzi dipinti, con la mandibola che penzolava su e giù, capelli bianchi arruffati stile Einstein e una barba incolta che pareva uscire direttamente da un gulag, se non fosse per la divisa militare, rossa, da ussaro, piena di bottoni dorati e completa di una piccola carabina che, lo sapevo bene, non vedeva l'ora di usare contro me e la mia famiglia. Penso che l'immagine di quell'orrido pupazzo abbia popolato i miei incubi per mesi.
A peggiorare la situazione arriva Fritz, il fratello di Clara, che senza aspettare neanche la fine della frase musicale, rompe il giocattolo alla sorella. In lacrime disperate, con l'aiuto dello zio, Clara rimetterà insieme il fantoccio con un foulard, col risultato di farlo sembrare un ospite dell'ospedale militare. Come se non bastasse, mentre la povera Clara si addormenta al freddo e al gelo in mezzo al salotto, tutta sola su una poltrona(ma dico, i suoi genitori non si sono neanche accorti che non era nel suo letto? Forse troppo spumante), la musica si fa cupa e misteriosa e l'albero comincia a muoversi, a crescere a dismisura, fino a non riuscire più a vederne la cima, incombendo sulla tapina che in quella versione, ignara di essere in pericolo di vita, se la ronfa alla grande. A questo punto vorrei ricordare che anche in casa mia c'era un albero di natale in quei giorni, che io non riuscirò mai più a guardare senza un certo sospetto.
Tornando alla poveretta, all'improvviso ecco arrivare dei topi giganti, con occhi di fuoco, che invadono la scena minacciando Clara, finalmente pronta a destarsi dal suo sonno per ritrovarsi incredula dentro ad un' abetaia brulicante di questa versione mutante post atomica di topi, alti come armadi a quattro ante. Momenti di terrore puro per ogni bambino: non si tratta del topolino dei denti, che lascia il soldino sotto al cuscino (qualcuno aveva la fatina dei denti, io avevo il topo. Ognuno ha le sue credenze), oppure di Mickey Mouse con i suoi rassicuranti bermuda rossi, qui stiamo parlando di un esercito di pantegane venute fuori dalle cloache cittadine, con sete di conquista e che forse, alla luce del tempismo della loro incursione, neanche amano il Natale. Per fortuna quell'orrido fantoccio dell'ospedale militare si trasforma in un principe, rivelando l'esistenza di una giustizia divina per Clara, che finalmente può abbandonarsi tra le braccia di qualcuno che davvero tiene a lei e alla sua incolumità. L'ussaro sbaraglia l'esercito di toponi e ha anche la forza di tirare avanti zompettando per tutto il balletto, mostrando a Clara luoghi incantati e danze dal mondo, concedendole anche un ballo romanticissimo, roba che lei ha proprio gli occhi a cuore.
Ma, purtroppo, dovrà affrontare la dura realtà: ahimè si è trattato di un sogno. Era troppo bello per essere vero, e lei secondo me in cuor suo sospettava di cotanta grazia. La povera Clara dovrà irrimediabilmente ritornare alla sua misera vita insieme allo zio sbarellato, genitori assenti e un fratello con disturbo ossessivo compulsivo.