IN/FINITO, il nuovo progetto della Fondazione Nazionale delle Danza Aterballetto

di Giada Feraudo
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La Fondazione Nazionale della Danza/Aterballetto presenta un’immagine di sé totalmente rinnovata con un progetto improntato alla ricerca di un dialogo profondo con i territori e con le diverse discipline performative ed artistiche.

Debutta infatti il 22 aprile, nell’ambito dell’edizione 2018 di Fotografia Europea, IN/FINITO, un progetto di danza e fotografia per spazi urbani, naturali o storici, con la prima mostra intitolata COME NON CI FOSSE UN DOMANI. La danza immagina la città.

In questa occasione la danza incontra le fotografie di Toni Thorimbert; le coreografie sono firmate da Saul Daniele Ardillo, Damiano Artale, Hektor Budlla, Philippe Kratz, Roberto Tedesco, Diego Tortelli.

La mostra, a cura di Walter Guadagnini, è realizzata dalla Fondazione Palazzo Magnani e sarà aperta dal 20 aprile al 17 giugno presso Palazzo da Mosto, Reggio Emilia.

L’idea che costituisce il nucleo del progetto In/Finito è di mettere a confronto la dimensione del movimento danzato, effimera per definizione, con la fissità della sua rappresentazione fotografica, che coglie e sublima per sempre un singolo istante.

Nella mostra Come non ci fosse un domani le foto di Toni Thorimbert non immortalano solo i corpi dei danzatori ma anche luoghi conosciuti o sorprendenti di Reggio Emilia. Il corpo, soprattutto se in movimento, ha la capacità di trasformare la percezione degli spazi e dei luoghi, associandola a sensazioni e ad emozioni che si possono articolare e frammentare seguendo lo sguardo e il sentimento del fotografo e degli spettatori.

Sei coreografi, tutti giovanissimi, hanno creato delle micro-performance di cinque minuti per singolo danzatore, che sono state eseguite in spazi suggestivi della città: il colonnato del Teatro Municipale Valli, la Sala Planisfero della Biblioteca Panizzi, la sezione Spallanzani dei Musei Civici, il sottopassaggio della stazione centrale, il Vicolo delle Rose. Viene così introdotta una necessaria riflessione sull’identità multipla e sfaccettata della città contemporanea, estremamente articolata.

Nello spazio espositivo allestito a Palazzo da Mosto i performer si troveranno rinchiusi con un piccolo pubblico ed eseguiranno nuovamente, stavolta con le foto alle spalle, la loro piccola coreografia, duplicando quei frame ormai resi perenni dall’obiettivo del fotografo e lasciando al pubblico un duplice punto di vista e un duplice approccio emotivo ed estetico alle stesse immagini.

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