IN PRATICA È TEORIA, IN TEORIA È PRATICA

by DANCE HALL NEWS
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Oggi vi presentiamo Shahrzad M., che ha recentemente partecipato al nostro laboratorio “Scrivere di danza”. Danzatrice e insegnante, è fondatrice del blog “Movimente” (https://movimente.blog/).

Le abbiamo chiesto di scrivere per noi un articolo.

Ogni linguaggio espressivo che abbiamo annoverato tra le forme artistiche ha un suo lato pratico, legato alla sfera corporea del materiale, e uno teorico, rappresentato dalla tradizione letteraria. Siamo fin dalle scuole dell’obbligo abituati a studiare la teoria dell’arte attraverso le analisi di critici e storici, che ci danno delle chiavi di lettura e tracciano connessioni tra artisti ed epoche; pagine e pagine di filosofia estetica si sono occupate di indagare, invece, le molte identità dell’arte e della bellezza in un continuo dialogo e scambio tra i linguaggi specifici e la loro astrazione in concetti universali; la sociologia e l’antropologia si sono spesso occupate di cercare nell’arte una comprensione più profonda dell’essere umano; e in alcuni casi abbiamo la fortuna di leggere fiumi di parole versate dagli stessi artisti, sulla loro vita e il loro lavoro. Anche quando ci approcciamo ad una forma di studio pratico non si scappa dalla letteratura: i musicisti studiano teoria e storia della musica, grazie al prezioso lavoro dei musicologi; se scriviamo opere letterarie, normalmente, ci approcciamo non solo alla lettura di altri libri ma alla critica con libri che parlano di altri libri; quando pratichiamo teatro leggiamo i bellissimi volumi di artisti e drammaturghi che hanno creato dei metodi, analizzato e sviluppato un sistema di pensiero dietro alla pratica.

La danza non è sfuggita a questo naturale processo di rimasticazione teorica e di produzione letteraria, ma è impressionante vedere quanto poco sia stato scritto in confronto alle altre forme artistiche. Disponiamo di una vasta letteratura che inizia sin dal 1400, con descrizioni e spiegazioni tecniche e coreografiche fondamentali per ricostruire danze ormai perdute nella pratica. Abbiamo, poi, trattati teorici relativi ai metodi tecnici e pedagogici che ci aiutano a capire lo sviluppo della codificazione del movimento nella storia. Abbiamo infinite “Storia della danza”, tracciabili anche grazie ai documenti diretti degli artisti: diari, lettere, libri scritti per portare al mondo la propria visione.

Se pensiamo, però, alla danza non possiamo fare a meno di vederla come una disciplina pratica, fin da subito e sempre a contatto col nostro corpo e col movimento, un ‘qui e ora’ che, una volta fermi, svanisce. A supportare questa visione unicamente pratica della danza c’è una tradizione formativa che ancora, nonostante i progressi pedagogici dell’insegnamento coreutico, non integra affatto, o non abbastanza, delle nozioni teoriche da poter sviluppare nell’atto pratico.  Non si fa quasi mai ma si potrebbero, invece, proporre studi anatomici e di cinetica; dare conoscenze storiche e sociali per contestualizzare e far emergere la diversità dei diversi stili di danza; approfondire metodi di tecnica e di pedagogia per l’insegnamento; leggere le parole degli artisti per farci un’idea di cosa significhi fare questo lavoro. Leggere di danza significa acquisire le parole con cui descrivere il mondo che le sta intorno, significa sviluppare un senso critico che ci porta ad analizzare e riconoscere, a creare collegamenti e a nutrire il linguaggio della nostra mente per poter riportare più pensieri, più profondità e consapevolezza al momento in cui ci muoviamo col nostro corpo. Non esiste alcuna distanza, nell’arte, tra teoria e pratica: si parlano, si studiano a vicenda, si aiutano per ampliarsi.

Non essendoci nella formazione, spesso, un’attenzione di tipo teorico e letterario, gli studenti di danza e i giovani artisti non hanno un precedente da cui poter stimolare la voglia di sviluppare degli studi teorici, partendo da quelli già scritti e ampliandone tanto la teoria quanto la pratica. Scrivere di danza è sempre stato difficile ed è importante alimentare questo fuoco perché apre tante porte che altrimenti non vedremmo.

“Scrivere di danza” è anche un laboratorio di scrittura organizzato da Dance Hall News con Fabiola Di Blasi e Giada Feraudo. Anche qui ritroviamo una fusione di teoria, fatta di un’introduzione ai diversi sistemi di comunicazione e tipologie di scrittura differenti, e di pratica, svolta nella produzione scritta, individuale e in coppia, di articoli che sono stati pubblicati. Questo lavoro è prezioso e importante, per tutto quello detto fin qui.

Scrivere di danza significa dare delle frasi all’esperienza di movimento, analizzandola, codificandola: nel dare dei nomi, delle parole, nel creare collegamenti logici con il linguaggio creiamo realtà e diamo significazione a quello che facciamo. Con le parole, esplorando i concetti linguistici e componendoli nella scrittura, possiamo ritrovare il perché di quello che facciamo in sala dandogli senso, direzione e consapevolezza, costruendoci una percezione più ampia di quello che fa il nostro corpo e che, con esso, facciamo esistere attraverso il movimento.

Shahrzad M.

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