Intervista a Manuel Frattini: “La mia Bernadette è una grande sfida che mi sta mettendo alla prova e mi sta dando moltissimo”

di Alessandra Colpo
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Quando parliamo di teatro musicale italiano, il vero “made in Italy” per intenderci, non possiamo non pensare a Manuel Frattini. Artista poliedrico a tutto tondo, Manuel nella sua carriera (iniziata in TV dove è stato primo ballerino e coreografo in numerose produzioni Rai e Mediaset) ha affrontato diversi ruoli e oggi lo vediamo impegnato in una grande sfida per lui: “Priscilla la Regina del Deserto”, un grande spettacolo con un messaggio importante, ma soprattutto un tema fondamentale, l’Amore.
Oggi conosciamo meglio come Manuel si è approcciato al suo nuovo personaggio, quello della protagonista Bernadette, con anche qualche riflessione sullo stato di salute del Musical in Italia.

Partiamo con il tuo attuale impegno, “Priscilla la Regina del Deserto”, dove interpreti il ruolo della protagonista transgender Bernadette. Nella tua carriera hai interpretato diversi personaggi, molti legati al mondo delle favole, altri ai classici del Musical. Com’è stato per te costruire questo nuovo personaggio?

Com’è successo anche in altre occasioni, dove sono andato in scena con spettacoli di cui esisteva già una versione cinematografica, anche in questo caso ho preferito non andare a rivedere il film (che ovviamente ho visto all’epoca quando uscì) perché mi piace affidarmi all’istinto e a chi mi guida, in questo caso il regista. Non ti nascondo che continua ad essere non facile ma molto stimolante perché, chiaramente, passare da una serie di ruoli di un genere specifico a questo è una bella sfida che ho accettato di affrontare volentieri, e poi per chi fa teatro questi cambiamenti sono puro ossigeno quindi mi sto mettendo alla prova e mi sto divertendo moltissimo.
Bernadette è un personaggio con mille sfumature, mille difficoltà: non devi andare in scena cercando di fare la “macchietta” di una donna, lei è un personaggio pungente con un carattere particolare e trovare il giusto equilibrio non è facile, però non c’è cosa migliore di andare in scena tutte le sere.

Cosa c’è di Manuel in questa Bernadette?

Una volta individuato il canale da usare mi piace che un po’ di Manuel entri in ogni personaggio, così come stato anche in passato. Sicuramente ci sono degli aspetti e una certa sensibilità che mi appartengono e fanno parte anche del personaggio e che sfrutto in momenti particolari. Sono ancora abbastanza “acerbo” perché abbiamo solo 4 repliche alle spalle e quindi è ancora tutto una scoperta, ma sono certo che ancora un bel po’ di Manuel entrerà in questa Bernadette.

Cosa ti sta dando la tua Bernadette?

Mi sta dando moltissimo. Partendo dal fatto che è un personaggio assolutamente lontano da quelli che ho già interpretato finora, non voglio più dire che si sta sdoganando una storia omosessuale, ormai è ridicolo, io voglio parlare di una bellissima storia d’amore perché l’amore ha tutti i colori del mondo e tutti vanno rispettati senza pregiudizi. Rimane che è assolutamente lontano da ciò che ho interpretato finora.
In questo periodo amo dire che sono salito sui tacchi il 12 novembre e ci scenderò a fine aprile, e non è una battuta ma un aspetto della fisicità di questo personaggio. I tacchi condizionano un portamento, una movenza, e quindi è stato importante.
Sottolineo anche di avere con me due compagni di viaggio straordinari, che sono Mirko Ranù e Cristian Ruiz, con i quali si è instaurata subito una complicità e un affiatamento speciali, e un gruppo di 20 performer con un’energia pazzesca, un talento e una vocalità incredibili con cui si è già formata una bella famiglia.

Parentesi danza, per te che sei un ballerino a tutto tondo com’è stato cimentarsi con coreografie su tacchi?

In questo caso numeri particolarmente impegnativi a cui sono abituato non ci sono, per quanto riguarda il personaggio di Bernadette, quindi non è stato complicato imparare a muovermi sui tacchi quanto indossarli sempre. Anche semplicemente spostarsi in scena, scendere e salire dall’autobus devo dire che è stata una bella esperienza.

A chi ti sei ispirato per entrare nel tuo personaggio femminile?

Prima di fare il provino avevo avuto solo l’indicazione che Bernadette nella sua infanzia era stata ispirata dalle dive anni ‘50 del cinema hollywoodiano, e quindi ho cercato di individuare attraverso queste informazioni un personaggio che si potesse avvicinare. Anch’io sono appassionatissimo del cinema di quel periodo e ho trovato (lo dico con grande rispetto e umiltà) in Bette Davis l’immagine che poteva avere questa Bernadette, perché comunque ha una certa eleganza anche se ovviamente bisogna poi trasportarla ai nostri anni anche come tipo di look. Però pensavo che quella fosse la via giusta, infatti sono andato a riguardare qualche suo film per capire questo atteggiamento un po’ da prima donna (perché Bernadette un po’ così) e quindi in lei ho trovato una fonte d’ispirazione interessante.

Secondo te, che sei un veterano del nostro teatro musicale, come sta il Musical italiano?

Dico sempre che il Musical non è la nostra tradizione, anche se ormai sono un po’ di anni che è presente nei nostri teatri, ma non è ancora tradizione così com’è oltreoceano. L’unico modo per preservarlo, perché sia un genere longevo e poter dire che è una nostra tradizione, è tenere d’occhio la qualità e la preparazione in tutti i campi che lo riguardano (non solo di chi sta sul palco ma anche autori, registi, coreografi).
La preparazione è fondamentale, improvvisarsi fa soltanto male. In questo momento il gradimento da parte del pubblico non credo sia calato, anzi, l’Italia è conosciuta al mondo come un Paese che canta e che balla, quindi non poteva non piacere un genere così anche da noi. Il pubblico va però rispettato e non preso in giro, perché ormai si accorge se un prodotto è di qualità o no, quindi questo credo che sia l’aspetto che ci permetterà di far sopravvivere il Muisical a lungo.

Mancano nuovi titoli “made in Italy” o è un bene che ci siano più produzioni straniere riadattate?

Ben vengano tutti questi classici, sono meravigliosi. Manca però un po’ di coraggio da parte degli addetti ai lavori: l’Italia è piena di talento anche a livello autorale, sia musicalmente che a livello di prosa si potrebbero scrivere delle storie meravigliose inedite. Bisognerebbe abituare un po’ il pubblico anche a titoli inediti, a storie nuove di cui magari non hanno sentito parlare prima. Il poco coraggio (che posso anche comprendere fino a un certo punto perché il periodo storico non è facile) è legato all’idea che proporre solo titoli conosciuti garantisca pubblico a teatro. Secondo me, invece, se si ha un prodotto di qualità, il passaparola è lo strumento più potente per far conoscere uno spettacolo. Sarebbe davvero buona cosa rinfrescare il teatro con un po’ di talento italiano, che esiste e sarebbe in grado di raccontare storie bellissime.

Qual è il personaggio che ti ha dato di più in tutti questi anni?

Il mio inizio è venuto in tempi non sospetti, quindi a differenza di quello che succede ora con tutte le accademie che preparano i ragazzi 360°, la mia formazione è avvenuta sul campo, la mia palestra è stata il palcoscenico. Sono quindi legato ad ogni mio personaggio perché ognuno ha aiutato la mia crescita artistica, nominarne uno sarebbe fare torto a un altro.
“Priscilla la Regina del Deserto” mi sta regalando un momento veramente importante, e poi potrei citare Pinocchio perché è stata un’operazione italiana al 100% che mi ha visto protagonista. È nato con la collaborazione con i Pooh, in particolare con Stefano D’Orazio (collaborazione che dura tutt’ora), e in più è stato il primo musical italiano che dopo circa 45 anni è sbarcato negli Stati Uniti: siamo stati in scena a New York e anche in Corea, e quindi forse anche per questi motivi che sono ruotati attorno all’operazione Pinocchio posso sicuramente dire che è stato un altro momento significativo della mia carriera.

Qual è il sogno di Manuel per il futuro?

Ho una cassettiera gigantesca di sogni e uno di questi l’ho realizzato nel maggio scorso con il musical “Crazy for you” che sono riuscito a portare in scena grazie alla Bsmt e non è detto che in futuro non ci sarà qualcosa che lo riguarda.
Da sempre ho un personaggio nel cuore che secondo me ha tanto da raccontare, Charlie Chaplin, e sarebbe giusto anche per la maturità del personaggio. Tra il privato la vita artistica ci sarebbe tanto da raccontare, è stato un genio assoluto. Io la butto lì, magari qualcuno coglie l’invito!

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