Giordana Roberto e Federico Mella: i novelli Giulietta e Romeo del Balletto di Milano si raccontano

di Francesco Borelli
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Incontro Giordana e Federico prima della lezione di classico del mattino. Si tratta della loro prima intervista ed è evidente l’emozione di raccontarsi a qualcuno che non si conosce. Il rischio, in questi casi, e di voler sembrare altro da sé: più sicuri, più certi, forse pieni di baldanzosa sicurezza. Non è accaduto. Consapevoli certo, ma umili e gentili. Pieni di sogni e ricchi di quella bellezza propria degli anni più belli, gli anni fieri della “meglio gioventù”.

Avete interpretato due tra i personaggi più iconografici e straordinari della storia della letteratura e del balletto. E li avete interpretati con successo. Che cosa ha fatto la differenza secondo voi?

Federico: avevo già interpretato il ruolo di Romeo nel balletto di Giorgio Madia. Ritrovare lo stesso personaggio tre anni dopo mi ha reso di certo più sicuro e maturo. C’è da dire che nella precedente versione il funerale avveniva come una sorta di flashback all’inizio del balletto. Oggi tutta la storia si volge in maniera graduale e sia io che Giordana abbiamo il tempo di vivere tutte le sfaccettature dei nostri personaggi senza forzature. Poi il feeling con Giordana, già nato in Schiaccianoci, è totale. E questo aiuta.

Giordana: quando mi han detto che avrei interpretato il ruolo di Giulietta, che amo da sempre, ho iniziato a leggere il libro e guardare tutti i film a disposizione. E' un personaggio difficile, cresce nello spettacolo mostrando tanti lati di sé, sempre diversi. La spensieratezza, il gioco, la paura, l’amore, la passione, il dolore. Riservata e timida mi è stato semplice tuffarmi in lei e viverla. Le somiglio tanto.

Dove si trovano, a un’età cosi giovane come la vostra, così tanti sapori diversi?

Federico: per me Romeo vive due vite differenti. La prima riguarda la prima parte dello spettacolo. Romeo è spensierato, romantico, solare. Vive la sua amicizia con Mercutio e Benvolio in maniera profonda, ma leggera al contempo. Ed io sono così. Positivo e ottimista. Sempre. La seconda vita di Romeo è quella che corrisponde alla seconda parte del balletto. Romeo è più cupo, mette in discussione la sua sfera emotiva. Deve lasciare Verona. Fino al tragico epilogo. E l’idea di lasciare ciò che mi appartiene e che mi rende felice mi fa soffrire molto. In questo sarei come Romeo.

Giordana: io ho scavato dentro di me per cercare nella mia storia privata elementi che potessero avvicinarmi a Giulietta. E in questo lavoro mi ha aiutato tanto Federico. Danzare con lui mi ha reso più sicura, nei suoi occhi ho trovato sempre una risposta a ogni mia domanda. E ciò mi ha permesso di lasciarmi andare a ogni tipo di sensazione.

Parliamo di tecnica. La coreografia di Federico Veratti è un ritorno alle geometrie, agli insiemi e alla tecnica pura. Insidiosa a tratti. E molto difficile. Questo trionfo della tecnica, secondo voi, aiuta o mette in secondo piano la sfera prettamente artistica?

Federico: una variazione difficile mi spaventa ma allo stesso tempo mi stimola a fare meglio e mi mette alla prova. L’interpretazione non deve minare la tecnica e viceversa. Voglio portare in scena ciò per cui ho studiato tanti anni. Supportato dalla mia capacità di dare spessore a un personaggio. Ci vuole un giusto compromesso tra le due componenti.

Giordana: la tecnica è necessaria e le difficoltà che da essa derivano mi aiutano a fare sempre di più e meglio. Poi tocca a un artista dar voce a ogni passo a ogni sequenza. Noi siamo un corpo che danza e, allo stesso tempo, un’anima che danza. Dall’unione di anima e tecnica viene fuori un personaggio.

Quando avete iniziato a ballare?

Federico: io ho iniziato a studiare danza a tredici anni in una scuola privata. E appena ho compiuto diciotto anni sono entrato al Balletto Di Milano come stagista. Non ho fatto i sacrifici di chi, sin da bambino ha frequentato un’accademia. Mi ha però guidato, da sempre, una grande passione e un grande impegno. E, giunto in compagnia, ho scoperto un mondo di cui ero felice di far parte. Ho lavorato tantissimo, cercando di colmare le mie tante lacune e in parte ci sono riuscito.

Giordana: anch’io ho iniziato in una piccola scuola privata di Savona, la mia città. E già bimba non avevo altri interessi se non ballare. Mi trasferii poi a Genova, dove iniziai a studiare con Ekaterina Desniskaya e, infine, a Milano dove mi diplomai alla AIDA a diciannove anni. Sono entrata al Balletto di Milano nel Dicembre 2014.

Oggi cosa rappresenta per voi la danza?

Giordana: per me tutto. Sto male quando non riesco a ballare. Mi manca l’aria. Il teatro e il palco sono la mia linfa.

Federico: per me no. Riuscire nella vita avrà sempre più importanza della danza. L’amore, la famiglia, verranno sempre prima. In definitiva non credo che una cosa escluda l’altra. Ma la danza per quanto ti prenda più di un normale lavoro, rimane appunto un lavoro. E la sera, quando torno a casa, sono Federico con tutta la sua vita. Se mai qualcuno dovesse farmi scegliere io, sceglierei la mia vita privata.

Date un voto alla vostra Giulietta e al vostro Romeo.

Giordana: credo un 7 e mezzo. Ma non sta a me giudicare.

Federico: a livello interpretativo mi darei un sette. Da un punto di vista tecnico è ancora insufficiente. C’è ancora tanto da lavorare.

Ora datevi un voto come danzatori.

Giordana: mi darei un sette.

Federico: anche io mi darei un sette.

Se doveste dire qualcosa ai vostri direttori Carlo Pesta e Agnese Omodei Salè, cosa gli direste?

Giordana: non potrei che dire grazie a entrambi. Hanno investito su di me, hanno rischiato. E questo non è da tutti.

Federico: io devo a loro gran parte della  mia formazione. Se oggi sono qui a interpretare dei primi ruoli è solo grazie alla fiducia che hanno riposto in me. Senza di loro, forse, sarei ancora nella mia piccola scuola privata.

Se un giorno vi chiamasse una delle più grandi compagnie del mondo, cosa fareste?

Giordana: Non lo so, bisognerebbe trovarcisi per poter rispondere.

Federico: Non lo so. Di certo alcune cose, come dicevo prima, per me sono più importanti.

La signora Anna Maria Prina dice di non amare la parola sacrificio. Non in relazione alla carriera di un danzatore. Voi condividete?

Giordana: assolutamente. Se ami ciò che fai, tutto cui devi rinunciare per i più svariati motivi, non rappresentano un sacrificio. Ma una scelta.

Federico: i sacrifici non sono i nostri, ma delle persone che ci sono accanto. Il ballerino non compie sacrifici ma investe su se stesso e sul proprio futuro.

Oriella Dorella ha detto: “la danza mi ha permesso di addormentarmi come Carmen e svegliarmi come Gelsomina”. Essere più persone cosa rappresenta per voi?

Federico: interpretare un ruolo diverso da te ti mette alla prova e come attore e come ballerino. Diventare qualcun altro, farlo vivere sul palcoscenico è una sfida bellissima e ti arricchisce come persona in primis e poi come artista.

Giordana: credo sia il bello del nostro lavoro. Devi convincere il pubblico a essere qualcuno in cui magari non ti ritrovi. Trovo sia una cosa molto divertente.

Chi sono secondo voi “gli eroi” che hanno reso la danza “fra tutte le arti la più bella”?

Giordana: Nureyev, Baryshnikov, Margot Fonteyn.

Federico: Sylvie Guillem rappresenta tutto ciò che la danza dovrebbe essere. Lei ha reso la danza fruibile ai più.

Crescendo, c’era un modello di ballerino cui facevate riferimento?

Giordana: non c’è mai stata una sola ballerina da cui non ho cercato di imparare. Dalla Zakarova alla Osipova, ho sempre tentato di guardare tutte le danzatrici brave da cui pensavo che avrei potuto imparare qualcosa.

Federico: sono cresciuto col “Don Chisciotte” di Baryshnikov e della Harvey. Oggi seguo con interesse Leonid Sarafanov, ritengo sia sovraumano.

Da spettatori, come vi ponete nei confronti di un balletto cui assistete?

Giordana: ciò che mi colpisce è la tecnica. Oltre all’espressività.

Federico: se vado in un grosso teatro a vedere un balletto voglio e pretendo che lo spettacolo sia di livello. Che un personaggio sia interpretato e danzato così come deve essere. Altrimenti mi arrabbio. Generalmente però non sono affatto critico.

Quando si finisce di imparare?

Giordana: mai, è impossibile.

Federico: la danza è una scuola che non finisce mai. 

Iniziano le prove. Ci salutiamo e mentre mi allontano dal Teatro di Milano, luogo dell’intervista, penso. Penso a Giordana e Federico. Penso che due ragazzi così capaci di regalare emozioni sulla scena non potranno avere davanti a sé altro, se non uno straordinario futuro. Un futuro colmo di successi e mille applausi. Tutti meritati

Crediti fotografici: Moro/Dessì

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