Jersey Boys, quel sound che conquista anche dopo sessant’anni

di Alessandra Colpo
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Un titolo che, nonostante il suo successo interazionale, ancora non convince nell’immediato ad acquistare i biglietti. Eppure, una volta aperto il sipario e ascoltati i primi brani, ti ritrovi a cantare  quelle hit che in realtà conosci da sempre.

Perché Jersey Boys altro non è che la storia del gruppo rock-pop originario del New Jersey The Four Seasons, raccontata attraverso le canzoni che negli anni sessanta scalavano le vette delle classifiche mondiali e vendevano milioni di copie. E se ancora il nome non vi dice niente, sappiate che titoli come “Big Girls Don’t Cry”, “Sherry”, “December 1963 (Oh, What A Night)”, “My Eyes Adored You”, “Stay”, “Can’t Take My Eyes Off You”, “Working My Way Back to You” e “Rag Doll” sono solo alcuni dei grandi successi che sono stati interpretati anche da celebrità della musica tra cui The Temptation, Diana Ross & The Supreme, i Muse, i Killers, Mina, Gloria Gaynor e tanti altri.

La formazione, il successo e la rottura del gruppo che ha segnato la storia della musica attraverso quel sound italo-americano inconfondibile, prendono vita sul palco in un jukebox musical quasi in stile documentaristico strutturato appunto per “stagioni”, ognuna delle quali narrate da un membro della band che ne dà la propria versione.
Con musiche di Bob Gaudio, testi di Bob Crewe e libretto di Marshall Brickman e Rick Elice, Jersey Boys è un format ormai consolidato. Con debutto a Broadway nel 2005 (dove è rimasto fino al 2017 per poi iniziare una tournée internazionale), il musical vanta ben 54 prestigiosi premi tra cui il Lau­rence Olivier Awards – il massimo riconoscimento europeo per i Musical – ed i celebri Grammy Awards e Tony Awards – rispettivamente gli oscar della musica e del musical.

La versione italiana, prodotta nel 2016 dal Teatro Nuovo di Milano ha replicato anche a Parigi dove lo spettacolo, interamente in italiano con i sottotitoli in francese, ha avuto un riscontro molto positivo da parte del pubblico e della stampa francese. Il tour è ripartito proprio da Milano e continuerà il 20 e 21 febbraio a Torino (Teatro Alfieri) per poi tornare al Teatro Nuovo il 23 e 24 e il 12 marzo a Montecatini (Teatro Verdi).

Quando si tratta di musical di questo calibro il confronto con le versioni internazionali di Broadway e West End, i cui budget non si avvicinano minimamente a quelli di casa nostra, è quasi automatico. Eppure sul palco senti che non manca quasi nulla. Certo, qualche ritocco su luci, scenografia e audio (vi prego sistemate i microfoni!) si potrebbe fare: c’è uno splendido gioco di ribaltamento di prospettiva verso la fine del primo atto in cui il pubblico vede in prima persona quello che di solito vede un artista dal palco. Una parete di luci dovrebbe quasi accecarti per rendere l’idea, in realtà in questa versione più “soft” c’è solo una fila di faretti ed è un vero peccato in quanto si perde quel coinvolgimento che la scena dovrebbe trasmettere.
Piccole critiche a parte, Jersey Boys made in Italy non ha niente da invidiare alle produzioni internazionali ed è riuscito a mantenerne l’obiettivo principale: far sognare.

La regia di Claudio Insegno ha adattato molto bene storia e personaggi, dando un ritmo alla narrazione attraverso il perfetto incastro tra prosa e musica. Del resto giochiamo in casa, e molte battute e sketch italo-americani sono stati ben apprezzati anche se troppo esagerati rispetto al copione originale.

A dare vita ai Four Seasons sono quattro eccel­lenze del musical italiano capitanati da Alex Mastromarino. Il Frankie Valli italiano, nato a Livorno, ha convinto da subito il regista Claudio Insegno e il direttore musicale Angelo Racz, con la sua voce in falsetto e la sua grande estensione vocale. Dopo due mesi intensi di prove di canto, Alex ha convinto anche lo stesso Mr. Valli in persona, che lo ha voluto come protagonista del musical. Perseveranza, non rinunciare mai ai propri sogni e prendersi sempre cura della propria Famiglia, questo insegna il personaggio di Frankie: anche nel momento più buio, all’apice della carriera, rischierà il tutto per tutto pur di rimediare agli errori dell’amico Tommy, che l’ha tolto dalle strade del quartiere.
Marco Sta­bile interpreta, per l’appunto, il ruolo del chitarrista malavitoso Tommy DeVito. Irriverente, sfrontato e arrogante, Tommy è anche la figura che più di tutti crede in Frankie per ottenere quella fama che cambierà le loro vite. Purtroppo sarà proprio quella fama a fargli prendere troppo la mano e lo porterà a distrugge il gruppo che lui stesso aveva creato.
Claudio Zanelli, il bassista Nick Massi, interpreta un personaggio chiuso che rimane in silenzio fino a metà del secondo atto, quando a un certo punto esplode e racconta apertamente la verità. È il primo a dire che non è sempre stato tutto rose e fiori, ma dietro a questa celebrità c’erano anche dei lati negativi e, arrivato al limite di sopportazione, scopre le carte e lascia il gruppo.
Flavio Gismondi, una delle voci più intense dello spettacolo, veste i panni del tastierista Bob Gau­dio. Non viene dal quartiere, è di buona famiglia e di cultura, eppure si innamora della voce di Frankie che lo ispirerà per 40 anni. Un personaggio sicuro di sé che non ha mai perso il focus anche nei tempi più bui fino alla fine, fino a scrivere “Can’t Take My Eyes Off You”.

Da menzionare anche Valeria Belleudi nel ruolo di Mary Delgado, Brian Boccuni Bob Crewe, Giulio Pangi Joe Pesci: personaggi di carattere e in alcuni casi estrosi, purtroppo a volte esasperati nella loro drammaticità o comicità, il che li decontestualizza dalla storia (ricordiamo che si tratta sempre di una storia biografica).
Insieme ai Four Seasons, i migliori talenti del musi­cal italiano: Luca Pozzar, Roberto Lai, Luciano Guerra, Andrea Ciarlantini, Giorgia Cino, Cira Marangi, Luca Buttiglieri, Giusy Miccoli.

Di danza se ne vede poca, ma del resto la vera protagonista dello spettacolo è la musica: sono le canzoni a raccontarci la scalata al successo dei quattro ragazzi del New Jersey, la rabbia, il dolore ma anche l’emozione di aver creato quel sound che oggi tutti ricordano. Le coreografie si riassumono in movimenti in pieno stile anni ’60 che accompagnano i numeri musicali: questo è stato l’apporto del coreografo Valeriano Longoni che è stato in grado di ricreare al meglio lo stile di quegli anni.

La direzione musicale è di Angelo Racz, le scene sono di Roberto e Andrea Comotti, i costumi di Graziella Pera, il disegno luci di Teodor Alin Pop, il disegno fonico di Armando Vertullo ed i video di Francesca Del Cupolo ed Erika Dolci.

Jersey Boys è uno spettacolo che vive del coinvolgimento del pubblico e si nutre della sinergia che si viene a creare grazie alla rottura della quarta parete. La storia romanzata e le canzoni già famose riescono a portarti dentro al vecchio quartiere e farti provare le stesse emozioni di quei quattro ragazzi. Di chi è stato il merito di tutto? Forse a questo punto non interessa più, perché quando esci dal teatro sei sicuro di una cosa sola: sognare è sempre lo stimolo più grande che si possa avere, e con Jersey Boys si sogna!

Crediti fotografici: Luca Vantusso LKV Photo Agency

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