Hai da poco ricevuto il “Premio Capri” alla carriera. Quanta importanza hanno, per te, questi riconoscimenti?
Ѐ sempre un piacere ricevere un riconoscimento. Ancora di più se penso che questo premio mi è stato consegnato in mezzo a tante stelle della danza che hanno rappresentato per me dei veri punti di riferimento. Certo, i premi ti mettono davanti a delle responsabilità ulteriori. Se ne prende coscienza e si va avanti.
Nel corso degli anni ti sei proposto sotto varie vesti: danzatore, attore, maestro in contesti in cui la platea era immensa. Quanto hai avvertito il senso di responsabilità rispetto al pubblico televisivo o teatrale?
Sono innanzitutto un ballerino che grazie all’esperienza vissuta sul palcoscenico, a mio avviso l’unica vera scuola, ha scoperto i segreti di un mestiere, quello dell’insegnamento, che forse è il più difficile. Io non ho fatto un percorso di studi finalizzato all’insegnamento ma credo che il tanto lavoro, gli incontri con i coreografi e i maestri, mi abbiano regalato una consapevolezza che mi aiuta tanto. La responsabilità l’ho sempre sentita. Sia all’inizio, che dopo nel corso della mia carriera.
Hai parlato di incontri. Quali sono stati quelli importanti per te?
Al di là dei maestri e dei professionisti del settore, sono gli incontri del quotidiano che mi hanno regalato spunti di riflessioni e mi hanno aiutato a crescere. Mi spiego: le osservazioni del pubblico riguardo al mio lavoro, o dei genitori e degli allievi, mi hanno sempre arricchito e attraverso le loro considerazioni mi sono posto mille domande cercando di migliorarmi sempre.
La sensazione che si ha parlando con te, o vedendoti relazionare con il pubblico, è che tu abbia un approccio molto umile nei confronti di chiunque. Ciò nonostante il successo e la fama. Questo è frutto di un lavoro che hai fatto su te stesso o trattasi, semplicemente, di un aspetto che fa parte di te?
Credo sia semplicemente il mio carattere, e che venga dall’educazione ricevuta. Poi non sono io a doverlo dire. Già definirmi umile sarebbe un atto di presunzione. Sono semplicemente me stesso.
Ti sei formato presso l’Accademia Nazionale di Tirana e hai ricoperto, da subito, ruoli solistici e da primo ballerino. Poi sei arrivato in Italia e hai trovato il grande successo. Se ti guardi indietro con che occhi guardi quel ragazzino?
Il mio, credo, sia un percorso comune a tanti ragazzi che studiano all’interno di un’accademia. Forse ai miei tempi le regole e il rigore erano maggiori; oggi, in concomitanza con i cambiamenti sociali, questo aspetto si è decisamente affievolito. Il mio sogno era semplicemente quello di ballare. Non mi importava il successo, o meglio, non ci pensavo. Poi sono arrivate le grandi occasioni e gli incontri di cui sopra. Però credo poco alla fortuna. Di base deve esserci una grande preparazione e l’intelligenza di salire sul famoso treno quando passa.
Ѐ più facile credere ai complimenti o alle critiche?
Mi viene da pensare alla scuola che ho fatto. In accademia i complimenti erano pochissimi se non assenti. Quindi ho sempre diffidato di chi ti diceva mille cose belle. In fondo, alla fine di uno spettacolo solo tu sai come hai ballato, anche se a volte la percezione del pubblico può essere differente. Le critiche sono state tante: essendo un personaggio televisivo molti si soffermano su ciò che vedono non pensando al percorso e alla preparazione che c’è dietro. Oggi chi fa televisione, spesso e volentieri, non ha arte né parte. Si diventa famosi per nulla.
In passato qualcuno ha avuto una percezione errata di te?
Non credo. A parte qualche commento sul web, dove tutti sono leoni, penso che la lealtà nei confronti del lavoro e del pubblico, paghi sempre. Poi, di certo, non si può piacere a tutti.
Quali pregi e difetti ti riconosci?
All’inizio ero estremante permaloso e questo influenzava il mio modo di ballare. Forse ero troppo giovane e inesperto e c’era il desiderio di fare tanto senza avere alcuna pazienza. La saggezza e la maturità mi hanno donato maggiore serenità. Fisicamente, invece, mi dicevano che avevo le braccia corte e di conseguenza linee meno belle. Nella danza moderna poi ho trovato più soddisfazione e certi limiti li ho superati.
Se devo pensare a una qualità, invece, penso alla buona tecnica acquisita durante la scuola.
Che cosa ti ha donato la danza?
Si dice sempre che la danza sia una sorta di linguaggio attraverso cui il corpo racconta, magari una sensazione, o un ricordo, o qualcosa che si è vissuto. E questo è bellissimo. La domanda però, è difficile: come trasformare in parole ciò che senti quando sei sul palcoscenico?
A cosa pensi prima di uno spettacolo?
Prima di danzare penso spesso alla mia infanzia, in particolare alla mia nonna. Ѐ solo un istante ma mi dà grande forza.
Se pensi alle danzatrici con cui hai condiviso il palcoscenico nel corso della tua carriera, con chi credi di aver creato, sul palco, qualcosa di speciale?
Ogni volta che ho danzato un passo a due hanno attribuito, a me e alla mia partner, una storia d’amore. E ciò è bellissimo perché vuol dire che hai convinto il pubblico. Se devo fare qualche nome penso a Sabrina Amato, Rossella Brescia e Anbeta.
Hai condotto per molti anni un programma televisivo che raccontava la danza. Come ti sei posto rispetto al ruolo del giornalista/conduttore?
Ho semplicemente cercato di essere un collega curioso. Facevo domande semplici frutto di una chiacchierata tra colleghi e amici. Non amavo seguire un canovaccio predefinito. E ho trovato quell’esperienza bellissima e arricchente. Le nuove generazioni avrebbero bisogno di ascoltare quelle storie straordinarie.
Riesci ancora a emozionarti ascoltando le storie dei grandi artisti?
Assolutamente. L’intervista ti permette, con le parole, di toccare le vite delle persone, di entrare nei labirinti nascosti della loro mente e dei loro ricordi. Credo sia meraviglioso.
Secondo te la tua storia vale la pena di essere ascoltata?
Credo che dalla vita di ogni persona si possa imparare qualcosa, quantomeno prendere degli spunti e far nascere la curiosità nei confronti di qualcosa. Gli artisti poi vivono vite diverse e più movimentate.
Amici è un programma che nel corso del tempo è profondamente cambiato, nella sua struttura e forse anche nel suo senso. Tu che cosa ne pensi?
Il programma è cambiato così come è cambiato il tessuto sociale. Amici è arrivato alla diciottesima edizione, quasi due decenni in cui il contesto che ci circonda è profondamente mutato. La trasmissione è lo specchio dei nostri tempi. Devo molto alla trasmissione e credo che oggi sia uno dei pochi, se non l’unico programma, in cui la danza è ancora protagonista. E abbiamo bisogno che di danza si parli.
Come vivi o hai vissuto le polemiche interne al programma?
Trattasi di un programma televisivo e ci sono i momenti di danza e di spettacolo e c’è il talk show e la polemica che alimentano l’audience.
La danza è una scelta o un sacrificio?
Non ci può essere sacrificio in ciò che tu hai scelto. Ѐ un duro lavoro, certo, cui bisogna dedicarsi anima e corpo ma non può parlare di sacrificio rispetto a una cosa che si ama così tanto.
Quanto la politica influenza negativamente il mondo della danza?
In Italia ci sono tante fabbriche e pochi negozi. Moltissimi sono i ballerini bravi e poche le possibilità di lavoro. Per carità, abbiamo altri problemi, ma di certo le istituzioni non aiutano.
Adesso ti dirò alcuni nomi e tu dovrai commentarli con una sola parola. Cominciamo da Carla Fracci.
Unica.
Luciana Savignano.
Sensibile.
Maria De Filippi.
Tosta.
Rossella Brescia.
Dolce.
Anbeta.
Coraggiosa. Dice sempre ciò pensa.
Roberto Bolle.
Un principe.
E Kledi?
Sono istintivo, nel bene e nel male. E spesso ho sbagliato. Ma tutto serve.
Sei orgoglioso di te stesso?
Sono a un punto della mia vita in cui mi sento “libero” sotto tanti aspetti. Saper decidere del proprio tempo e dei propri impegni ha grandissimo peso. E poi sono felice. Oggi accanto a me ho una famiglia: il mio primo pensiero sono loro, mia moglie e mia figlia. Sono sempre con me da quando mi sveglio a quando vado a dormire. E non c’è niente di più bello.
Alla fine dell’intervista Kledi mi mostra un video della sua bimba che gli dice “Buona notte”, anzi, “Guona notte” e gli occhi gli si illuminano. Facile pensare che la famiglia sia oggi la cosa più importante della sua vita, ed è bellissimo quando arte e realtà si fondono e rendono una persona, infine, felice.