Kristian Cellini: “Coltivo l’attesa. Seppur fermo, penso a nuovi progetti, accarezzandoli e credendoci”

di Francesco Borelli
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Kristian, come stai trascorrendo questi giorni di quarantena?

Leggo moltissimo, ascolto tanta musica, il che è un beneficio reale per l’anima, e mi sto dando da fare con una serie di lavori domestici sempre rimandati. La mente però, a dispetto di un corpo impegnato, spesso e volentieri vaga. Pensa ai tanti progetti che dovevano partire e che sono in stand by e ai numerosi impegni rimandati o perduti. Sarei dovuto andare in Spagna per un lavoro col Conservatorio Reale di Madrid, il 23 maggio sarei stato coreografo ospite con una mia creazione presso il Teatro di Magdeburg e poi penso al Festival di Peccioli, di cui ho la direzione artistica. Tutto saltato.

Come vedi il futuro di tutti noi operatori della danza?

La danza pagherà un prezzo molto salato. Forse il più alto. Il nostro è un lavoro creativo certo, ma fisico, in cui il contatto è necessario. Ripartiremo per ultimi e sarà molto dura. Per tutti noi del settore.

Qual è la prima cosa che ti piacerebbe fare quando tutto tornerà a muoversi?

Se ne avrò la possibilità, al momento della ripartenza, mi piacerebbe realizzare un Gala in cui coinvolgere tanti danzatori italiani, rappresentanze da ogni teatro o compagnia. Quasi un buon auspicio per il futuro della danza nel nostro paese.

Fermi oggi, per essere pronti domani?

In questo periodo ho fatto mia una frase: “Coltiviamo l’attesa”. Seppure in uno stato di fermo assoluto, nell’attesa appunto, coltivo nuovi progetti, accarezzandoli e credendoci. Solo non fermandosi adesso, potremo pensare a una più felice ripresa.

Il mio pensiero è poi indirizzato a tutte le scuole di danza del territorio. Se non si provvederà con aiuti concreti, molte saranno costrette a chiudere. Ed è un vero e proprio dramma.

Ritieni che le cose cambieranno dopo questo periodo di fermo?

Condivido il pensiero del mio amico Andrea Bocelli; alla fine di questa forzata permanenza tra le mura di casa, quando si tornerà alla normalità, sarà la meritocrazia a farla da padrone. Spero non ci sarà più spazio per approssimazione e pochezza. Inoltre questo buio periodo ci ha portato – almeno una cosa positiva-  verso una riscoperta di sentimenti e valori che avevamo perso da tempo. Mi auguro torni tutto come e meglio di prima. Intanto restiamo a casa: il bene e la salute di tutti rimane, infine, la cosa più importante.

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