Kristina Grigorova: “nella mia vita non mi sono mai adagiata, ho sempre cercato la novità e la sperimentazione”

di Sabrina Ronchetti
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Avevo tantissime domande da porre a Kristina Grigorova, un pò perché quando danzava ho avuto più di un’occasione per ammirarla sulla scena e un pò perché, nei miei trascorsi di allieva, ho avuto la fortuna di poter studiare con la sua mamma, la grande prima ballerina Margarita Trayanova, di cui mantengo tuttora un ricordo molto bello. Kristina, al primo impatto, ti colpisce con la sua straordinaria bellezza, ma poi arriva tutto il resto: la sua solarità, il suo sorriso contagioso, il suo entusiasmo, la sua dolcezza e grande gentilezza. E il feeling con lei è davvero immediato.

Per prima cosa, una domanda che potrebbe sembrare quasi scontata per te Kristina che sei la figlia di una grande étoile, ma che voglio farti  comunque: quando hai deciso che la danza doveva essere la tua vita?

Si può dire che respirato aria di danza fin da quando ero nella pancia di mia mamma! Sono cresciuta nella danza. Infatti già da piccolissima seguivo mia mamma, la grande prima ballerina Margarita Trayanova, in teatro ammirandola in tutti i ruoli che ha danzato, indossavo i suoi meravigliosi costumi, provavo le sue acconciature, vedevo le prove, a casa cercavo di imitarla proponendo a tutta la famiglia dei piccoli spettacoli. In poche parole vivevo di danza, era tutto il mio mondo. Devo dire che la mia è una famiglia di artisti: oltre a mia madre, anche mio padre è stato un grande punto di riferimento. E’ un uomo di cultura, uno scrittore, un filosofo, una persona di grande spessore. E’ quindi stato naturale per me ad un certo punto iniziare a studiarla, quasi un percorso scontato: ho sempre pensato di fare solo questo e sono stata fortunata perché ho avuto in dono anche delle belle qualità fisiche che hanno aiutato a fare diventare realtà questo mio sogno.

Hai quindi iniziato lo studio della danza in Bulgaria, a Sofia.

Esatto, ho iniziato in Bulgaria, all’Accademia Statale, studiando con altri maestri, anche se mia mamma mi teneva d’occhio da lontano, venendo ogni tanto a vedermi a lezione. Ma poi, negli anni Ottanta, la mia famiglia ha preso la decisione di trasferirsi in Italia, che all’epoca stava vivendo il suo periodo d’oro nel campo della danza, c’era grande fermento; in più la situazione in Bulgaria stava sempre più precipitando, così come i livelli qualitativi della danza, e così mi sono ritrovata a 14 anni a Roma a frequentare l’Accademia Nazionale.

Qual è stato il rapporto con tua mamma? E’ stato difficile per te allieva e poi ballerina, convivere con un nome così importante?

Con mia mamma ho sempre avuto un rapporto fantastico. L’ho sempre stimata e rispettata tantissimo, e ho sempre cercato il suo consiglio e il suo appoggio. Certo, ci sono stati a volte dei piccoli screzi dovuti a miei atti di ribellione soprattutto in giovane età, ma sono stati davvero poca cosa. In realtà da lei ho imparato tantissimo: a casa era un continuo parlare di danza, esercitarsi.. anche quando ero in Accademia, cercavo sempre di fare lezione con lei. Ma devo dire che non è mai stata una presenza ingombrante: mi ha sempre lasciato piena libertà, mi ha fatto fare le mie scelte con indipendenza, dandomi ovviamente i suoi consigli, ma mai in modo invadente. Sapevo di potere sempre contare su di lei.

Finito il tuo percorso accademico, quando è arrivato per te il momento di “spiccare il volo”, di tentare la tua prima audizione,  ti sei confrontata con lei ?

Certo, il confronto con lei c’è stato, ma come ti dicevo, ho sempre fatto molto di testa mia. In più non ho mai voluto vivere di rendita sul nome di mia madre: alle audizioni mi presentavo col mio cognome, Grigorova e non dicevo mai di essere la figlia di Margarita Trayanova, proprio per non influenzare nessuno, per farcela davvero con le mie forze.

Cosa ricordi appunto della tua prima audizione?

La mia prima audizione l’ho fatta a 18 anni per provare ad entrare nella Compagnia del Teatro dell’Opera di Roma e fui subito presa. Sono rimasta per due stagioni  e devo dire che conservo di quei momenti, bellissimi ricordi perché ho ballato tanto e questo mia ha permesso di arricchirmi sotto tutti i punti di vista. Ma la mia indole inquieta mi ha portato dopo due anni, a mollare tutto per sperimentare altro: volevo provare cose nuove. Così feci l’audizione per l’Aterballetto, che all’epoca era diretto da Amedeo Amodio.

E immagino che anche quell’audizione l’avrai passata senza troppa difficoltà!

Sì, passai l’audizione e ne fui felicissima perché Aterballetto rappresentava una compagnia sperimentale, con un repertorio molto diverso. Sono rimasta un solo anno, ma è stato davvero intenso: ho girato il mondo grazie a tantissime tournées, mi sono potuta cimentare con il neoclassico, con coreografie di Amodio, di Forsythe, di Alvin Ailey e tanti altri. Ma nonostante tutta questa bellezza, ho capito presto che il mio vero amore era il repertorio classico e quindi ho lasciato l’Aterballetto per danzare all’Arena di Verona per una stagione, e poi nel 1991 ho tentato l’audizione per il Corpo di Ballo del Teatro Alla Scala.

Che andò ovviamente benissimo.

Sono entrata subito in compagnia e ci sono rimasta fino al 1997 e devo dire che il mio cuore è ancora là. Mi sono trovata davvero benissimo in Scala: ho avuto ottimi rapporti con i miei Direttori, Giuseppe Carbone ed Elisabetta Terabust, che ci hanno fatto ballare tanto repertorio, ma ci hanno coinvolto anche in produzioni nuove. Devo ammettere che quello è stato un periodo molto importante della mia vita di cui mantengo un vivo e meraviglioso ricordo.

Ma hai comunque deciso ad un certo punto, di lasciare anche la Scala vero?

Esatto! Anche mia mamma era sempre un po’ perplessa quando le comunicavo, con un contratto sicuro in mano, la mia volontà di mollare tutto e cambiare. Ma, come ti dicevo, mi ha sempre lasciata libera di fare le mie scelte. Si può dire che ho una natura un po’ temeraria: è sempre stata mia norma lasciare le cose sicure per l’incerto, ma stavolta la decisione di lasciare il Teatro Alla Scala per entrare al Maggio Musicale Fiorentino fu dettata dal cuore.

Una scelta d’amore quindi?

Sì, infatti. In quegli anni ho conosciuto un ballerino che danzava già nella Compagnia del Maggio, Bruno Milo, che poi sarebbe diventato mio marito, l’ho seguito e sono rimasta lì dal 1997 fino alla fine della mia carriera di danzatrice.

In tutti quegli anni in cui hai avuto la fortuna di fare parte delle Compagnie italiane più prestigiose, quali sono i tuoi ricordi più belli? 

Le cose belle da ricordare sono davvero tante, ma forse il più importante per me è stato il momento in cui mi hanno affidato, appena diciottenne, un ruolo solistico in Spartacus, alle Terme di Caracalla. Anche quando ho danzato per la prima volta Apollon Musagète di Balanchine o La Sylphide. Ma devo dire che ogni coreografo, ogni compagnia, ogni danzatore ha lasciato in me qualcosa da ricordare.

E adesso, finita la tua carriera di ballerina, hai scoperto questa grande passione per l’insegnamento.

Finché ho ballato non ho mai insegnato molto: quando si è in carriera, si è troppo concentrati su se stessi ed è difficile passare dall’altra parte. In realtà, sono sempre stata incuriosita dall’insegnamento, anche perché avevo il riferimento di mia mamma. Hanno iniziato ad invitarmi in tante scuole e piano piano mi sono appassionata tantissimo spinta dal desiderio di trasmettere il mio sapere e tutto ciò che avevo appreso da mia mamma, agli allievi che di volta in volta incontravo. L’insegnamento è il mio presente ma sarà anche il mio futuro.

C’è qualche episodio in particolare nel tuo percorso da insegnante che conservi nel cuore?

Non ho una scuola mia. Insegno a Firenze e ho seguito e preparato diversi ragazzi per importanti occasioni. La cosa più bella è che dopo tanti anni e anche se ci sono a volte grandi distanze che ci separano, la maggior parte di questi allievi continua a contattarmi. Mi tengono aggiornata sui loro miglioramenti, sui loro successi, mi chiedono consigli, opinioni e questo mi rende molto felice perché significa che oltre alla tecnica ho trasmesso qualcosa in più, instaurando un rapporto umano e di fiducia.

Ho notato che molto spesso sei invitata come membro della giuria in parecchi concorsi italiani ed esteri. Cosa pensi fondamentalmente dei concorsi di danza? Pensi che siano utili per la formazione di un allievo?

In linea generale sono favorevole ai concorsi sempre se però l’insegnante, per preparare l’allievo ai concorsi, non tralascia la lezione di danza, cioè lo studio della tecnica. Trovo che il concorso sia una verifica, un momento di confronto per capire a che punto si è arrivati. E poi è un’occasione per stare sulla scena, per imparare a gestire la tensione e la competizione. E devo dire che in questi anni in cui sono stata in giuria, ho conosciuto delle realtà che mio hanno lasciata piacevolmente colpita: ho osservato allievi molto ben preparati che arrivavano da scuole sconosciute, piccole realtà che fanno un ottimo lavoro sui loro ragazzi.

Tu che sei arrivata in Italia al tempo del periodo d’oro della danza, cosa pensi della situazione attuale?

Questo è un vero tasto dolente. Col tempo la danza è passata nel dimenticatoio, i corpi di ballo hanno chiuso e investire denaro in tal senso è stato considerato uno spreco inutile. Eppure il corpo di ballo in un teatro è una grande risorsa. Abolirli significa lasciare che pian piano le tradizioni culturali legate al mondo della danza siano dimenticate. Seppure in maniera indiretta, avendo già concluso la mia carriera da danzatrice, ho provato anch’io grande dolore nel vedere la compagnia dove ho ballato per tanti anni, Il Maggio, chiudere. La politica non ha certamente aiutato. Bisognerebbe comprendere quanto, la danza classica in particolare, sia innanzitutto una scuola di vita: tempra il corpo e l’ anima,ti educa e ti trasforma, a prescindere dal fatto che tu ne faccia la tua professione. Viva la danza !

Sono assolutamente d’accordo con te. Viva la danza! E a proposito di cose belle, so che hai ricevuto da pochissimo un ambito riconoscimento vero?

E’ una cosa fresca, fresca, ho ricevuto la certificazione di membro del consiglio internazionale di danza dell’UNESCO, ne sono davvero orgogliosa!

E poi Kristina finisce l’intervista esattamente come l’ha iniziata: con un sorriso smagliante che emana ottimismo, positività e speranza per questa arte bellissima che avrà ancora tanto futuro, se arricchita da persone straordinarie come lei.

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