“La bella addormentata nel bosco”: il meraviglioso dipinto di Alexei Ratmansky

di Beatrice Micalizzi
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Una favola che fa sognare suscitando la meraviglia; una favola danzata di sublime incanto.

La Bella Addormentata raccontata da Alexei Ratmansky è stata tutto questo, e il Teatro alla Scala, come il più fiabesco dei castelli, l'ha accolta in questa nuova versione salutata con entusiasmo dal pubblico.

Scegliendo questa storia, nota a tutti, Ratmansky ha mantenuto la struttura generale, sia in termini di trama che di coreografia, dando poi il suo tocco arricchendo e particolareggiando un balletto già ricco e maestoso. Il coreografo, che ha fatto della ripresa dei grandi classici la sua cifra stilistica, si è misurato con successo in questo ammirevole lavoro di rivisitazione, a partire dalle coreografia di Petipa e ricamando sulla magnifica melodia di Tchaikovsky. Splendido allestimento, luminosa scenografia e costumi di sublime ricercatezza curati da Richard Hudson, ispirati a lavoro di Léon Bakst.

In questa Bella si può apprezzare un più profondo sentimentalismo, una maggiore dolcezza nei gesti e negli atteggiamenti, soprattutto tra il principe Désiré e la principessa Aurora. Colpisce poi quello che definirei "brioso incalzare" riscontrato in più sequenze coreografiche; la velocità è più sostenuta, quel tanto che basta a rendere l'esecuzione ancor più insidiosa, ma in generale i danzatori conservano la precisione, dando prova del loro valore tecnico.

Dal punto di vista stilistico è doveroso segnalare alcuni particolari inseriti da Ratmansky. Le altezze delle gambe cui ormai i nostri occhi sono abituati si riducono in favore di una più che accurata ricerca della rotazione esterna. Si potrebbe poi parlare di un vero e proprio elogio della mezzapunta, posizione ricorrente in alcuni giri e pose, eseguita dalle danzatrici nonostante indossassero le scarpe da punta come di consueto; scelta curiosa, forse un omaggio, ma che di certo si aggiunge alle altre modifiche, tutte ugualmente vezzose. Le pirouettes acquistano una certa delicatezza grazie all'atteggiamento delle ballerine; le braccia si fanno ancor più vive, grazie a un movimento più coinvolgente e descrittivo.  

Si riscontra poi la volontà di rendere ancor più evidente la pantomima, senza mai tuttavia apparire esagerata, e l'interpretazione risulta enfatizzata e caratterizzante, in alcuni casi comica o grottesca, in altri squisitamente romantica tanto da suscitare un sospiro. Eccezionale Massimo Murru nel ruolo di Carabosse.

Altri sarebbero i dettagli prettamente tecnici da menzionare ma passiamo alle rivisitazioni che invece Ratmansky ha apportato alla sequenza coreografica e che hanno destato maggior interesse. In tutte devo dire che il coreografo ha dato prova di astuzia e intelligenza coreografica, stupendo lo spettatore, oltre ad aver aumentato le difficoltà in non poca misura. Da segnalare una rinfrescata Fata dei Lillà, magistralmente interpretata da Nicoletta Manni, danzatrice di grande pregio cui è stato affidato anche il ruolo di Aurora in altre repliche. Importanti e molto apprezzate le modifiche fatte alla coppia Uccellino Azzurro e principessa Fiorina; Angelo Greco colpisce per l'esibizione di grande tecnica unita alla tipica guizzante gioia di movimento che il personaggio richiede. Vittoria Valerio non è da meno e si rivela una Fiorina di "sgambettante" grazia.

Anche per i ruoli principali si rilevano diversi momenti rimaneggiati dal coreografo. Ad interpretarli, una regale Svetlana Zakharova affiancata dalla giovane promessa Jacopo Tissi. Insieme sono stati capaci di un'esecuzione magica, dalla sintonia perfetta pur se alla loro prima prova in coppia; lei, incantevole, sfoggia la sua eleganza senza eguali, forte della sua luminosa esperienza, e sembra librarsi leggera sulla scena. L'adagio della rosa, ovvero le celebre presentazione alla corte della giovane principessa, è un trionfo dove l'etoile esibisce tutta la sua sapiente dote.

Tissi supera a pieni voti la prova e conferma le alte aspettative; ha lasciato il segno con la sua variazione finale, forse una delle più insidiose, mandando il pubblico in visibilio. Il loro pas de deux presenta anch'esso delle modifiche notevoli non per quantità ma per la loro particolare natura. Questo momento è forse quello dove meglio si può apprezzare la dolcezza conferita all'intero balletto.

Un ottimo risultato quello raggiunto sia dal coreografo che dal Corpo di Ballo al completo nell’aver portato in scena la tradizione classica per eccellenza.

Un meraviglioso dipinto, disegnato da Ratmansky a mano libera sulla melodia. 

Crediti fotografici: Brescia-Amisano Teatro alla Scala

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