La bisbetica (non) domata di Maillot e Les Ballets de Monte-Carlo al Regio di Torino

di Giada Feraudo
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A distanza di quasi dieci anni dall’ultima volta che si è esibita al Teatro Regio di Torino, la Compagnia Les Ballet de Monte-Carlo, diretta da Jean-Christophe Maillot, ha presentato il balletto in due atti dal titolo La Bisbetica Domata, ispirato all’omonima commedia shakespeariana.
La produzione, creata nel 2014 per il Teatro Bol’šoj, ha vinto nel 2015 tre Masques d’Or come miglior balletto e da ormai cinque anni è in tournée nei teatri di tutto il mondo.

Una trama complessa da rappresentare quella della Bisbetica, soprattutto al giorno d’oggi, in quanto fortemente esposta al rischio di essere bollata come maschilista.
Per ovviare a ciò Maillot, che ne firma la coreografia, trova la soluzione perfetta: non si tratta, in questo caso, di “domare”, ovvero di sottomettere una donna, la “bisbetica”, alla volontà dell’uomo: i due protagonisti, Caterina e Petruccio, sono entrambi due animali selvatici, ben lungi dai canoni entro cui li vorrebbe racchiusi la società, che in un certo senso non possono che essere fatti l’uno per l’altra. E infatti, pur fiutandosi, mordendosi (in senso figurato) e sfidandosi talvolta anche con una certa violenza, si rendono conto di essere complementari e di amarsi, pur se in modo del tutto non convenzionale.

L’intreccio è quello ben conosciuto della pièce di Shakespeare: Bianca, la figlia minore dell’elegante borghese Battista, è l’incarnazione della dolcezza e della femminilità, ed è circondata da uno stuolo di corteggiatori, ma in base alle regole sociali dell’epoca il padre non la può maritare senza aver prima dato in sposa la maggiore, Caterina, che però allontana tutti i pretendenti a causa del suo carattere impossibile. Entra in gioco allora Petruccio, cacciatore di dote, in tutto e per tutto simile a lei, che in quattro e quattr’otto sposa la bisbetica e la porta via con sé.

La recensione si riferisce alla Prima rappresentazione del 6 novembre, in cui protagonisti sono stati Ekaterina Petina nel ruolo di Caterina e Matèj Urban in quello di Petruccio. In scena accanto a loro i quarantasette ballerini della Compagnia fra i quali figurano molti italiani.

Ottimo, come sempre, il livello tecnico dei danzatori, e interessante anche l’uso cromatico dei costumi, sempre giocato sui contrasti che rispecchiano il carattere dei personaggi: in nero le ragazze del corpo di ballo nella prima parte, in bianco nella seconda; verde, il colore della terra, il costume di Caterina nel secondo atto, blu sfumato fino al bianco, leggero ed etereo come il cielo quello di Bianca.

La scenografia di Ernest Pignon-Ernest è molto essenziale e si modifica a seconda dell’azione: una scala a doppia rampa e sei colonne triangolari che da salotto borghese diventano il bosco in cui avviene la finta aggressione di Caterina, poi casa di Petruccio e infine di nuovo un salotto borghese per la cerimonia del tè finale. Tutto total white, su cui si proiettano le luci disegnate da Dominique Drillot.

Il balletto si chiude con il matrimonio di Bianca, a cui sono invitati anche Caterina e Petruccio: la coppia stupisce tutti al proprio ingresso, facendo presumere che finalmente anche la bisbetica sia stata davvero domata, ma è solo una calma apparente, in quanto al momento di prendere il tè, sulle note riorchestrate del tema di Tea for Two, Caterina sfoggerà nuovamente il suo carattere anticonformista, facendo litigare fra loro tutte le coppie presenti.

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