Impegnata in questi giorni all’Arena di Verona ne La Traviata con la regia di Hugo de Ana per cui firma le coreografie, Leda Lojodice è un’esponente della Danza italiana con una carriera brillante impossibile da riassumere in poche righe. Dance Hall News l’ha incontrata per voi.
Signora Lojodice, come è nata la sua passione per la danza? A quanti anni ha cominciato?
Ho iniziato in quinta elementare dalle suore Francescane grazie ad un maestro di danza che al saggio finale ha informato mia madre delle particolari doti di artiste mie e di mia sorella e mi sembra non si sbagliasse! Era l'anno di inaugurazione dell'AND sul colle Aventino di Roma e siamo state iscritte insieme al primo corso. Io ho continuato sino al diploma di perfezionamento, mia sorella al secondo corso ha iniziato la carriera di attrice con Luchino Visconti.
Cosa insegna la danza oltre alla danza stessa?
La Danza, oltre alla quasi maniacale tenacia nel perseguire il perfezionare lo stile, le linee, le forme, la tecnica, contiene in sé una forza misteriosa e nobile che mi accompagna da sempre in un modo altro di vivere, facendomi sentire appagata otre ogni avversità che ci riserva la vita.
Qual è oggi il suo approccio con gli allievi e con i danzatori? Esiste un metodo migliore degli altri per trasmettere la danza?
La didattica si studia ma il metodo, la trasmissione, una sorta di maieutica, si matura con l'esperienza. Mi confronto con elementi di ogni età, settore e genere di Teatro. L'essere italiana cresciuta a Roma, mi aiuta per il livello raggiunto con gli studi in Accademia. Tuttavia anche l'Istituto d'Arte è stato molto formativo per avermi fatto crescere a contatto con le più belle Opere d'Arte del mondo. Così, più che il mio esibirmi, quando invento coltivo un linguaggio per iperbole e similitudini adatte al materiale umano che ho davanti. Ho appreso ciò dai miei coreografi Nijinska e Lifar e Milloss che all'epoca erano “pluriottantenni” e mi insegnavano le coreografie del loro repertorio parlando di come Nijiski aveva superato la difficoltà del suo famoso grand jeté.
Lei ha rivestito il ruolo della bambola meccanica nel celebre film “Casanova” di Federico Fellini. Che ricordo conserva di quell’esperienza? A cosa si è ispirata per creare i movimenti del suo personaggio?
Sul mio sito (www.ledalojodice.com ndr.) c'è una lettera aperta dedicata a Federico Fellini e Nino Rota che racconta questi indimenticabili incontri. Quel personaggio è diverso dalle tante bambole del balletto perché “vive” un dialogo muto con il Casanova in uno stile “automate” che l'ha resa universale. Fellini mi ha ispirato parlandomi dolcemente all'orecchio sul da farsi ed è arrivato nel profondo del mio Essere facendo emergere della mia competenza ciò che neanche io sapevo di avere.
Restando in ambito cinematografico, nel 1998 ha creato la coreografia per il film “La vita è bella” del Premio Oscar Roberto Benigni…
Per questo film ho fatto un'audizione di cinquecento coppie provenienti dalle scuole di ballo limitrofe a Terni, dove erano situati gli studi. Per il cinema più che il disegno coreografico è fondamentale comprendere l'esigenza del regista nell'inquadrare via via i personaggi sullo schermo. Di solito faccio uno story board imparato da Fellini e i registi, anche di prosa, mi guardano come un extra terrestre! Benigni? Un grande! Non solo come regista ma anche come Essere umano!
Com’è il rapporto con Sua sorella, l’attrice Giuliana Lojodice e com’è stato lavorare insieme?
Le date di nascita sono di poco differenti ma nell'anima siamo gemelle. I percorsi sono stati diversi: io nasco e poi divento ballerina, lei è attrice per elezione! Vivere la vita a contatto diretto con lei, Aroldo Tieri ed altri attori ha influenzato la mia visuale creativa. Mentre il balletto si esprime attraverso un'estetica corporea, l'Attore segue l'intenzione, un pensiero, e il corpo reagisce. Tutto ciò ha fatto nascere in me l'esigenza di dare quasi sempre un senso alla gestualità perché venga interiorizzata dagli interpreti siano essi attori, ballerini o artisti del coro. Giuliana mi ricorda l'infanzia e la prima giovinezza; insieme ci teniamo per mano e c'è un'intesa di sguardi ironici e di toni di parole propri della mia famiglia completata da due istrionici fratelli meno visibili di noi ma altrettanto capaci nelle reciproche professioni.
Da molto tempo collabora con il regista Hugo De Ana, ci parli di questo sodalizio
La collaborazione nasce a Pesaro nel 1992 con l'Opera Semiramide e continua sino ad oggi attraversando tutto il mondo della lirica sia che si tratti del grande ballo creato dal compositore sia, per il Maestro De Ana, che si tratti di una vera e propria danza nell’ouverture (Il Barbiere di Siviglia) o di un movimento mimico (come nel primo atto de La Traviata). Sotto la sua guida mi esalta muovere le grandi masse, preparare separatamente i settori e poi unirli sul palco di immensi spazi dove la coreografia diventa cinematografica. Questo ha fatto di me una coreografa di tipo specialistico dedicata all'intervento della danza nel teatro lirico. De Ana ha smussato gli angoli della mia danza classica della quale uso molto i disegni coreografici ma dalla quale mi allontano nella gestualità per trasformare tutti degli attori interpreti dell'Opera affinché nello spettacolo ci sia un'interazione comune che segue l'avvicendarsi della trama.
In Italia da anni si parla di crisi dei teatri, persino le grandi Fondazioni affrontano difficoltà e a farne le spese sono quasi sempre i corpi di ballo. Come mai questa declassazione del settore tersicoreo in un Paese che ha creato ed esportato nel mondo grandissimi ballerini, coreografi e Maestri? Ci sono speranze che la situazione cambi?
La situazione è da sempre così, dagli anni Settanta quando sono emigrata in Francia ed è peggiorata dacché sono tornata. Quando ero al comando del corpo di ballo di Catania mi chiesero se gli stabili li avessi drogati per l’ottima qualità degli spettacoli dei primi due anni ed ho fondato persino la scuola poi…i soldi sono migrati in altri lidi e…via la Danza! Tuttavia a Macerata, Verona, Siviglia, Madrid, Pechino…quando in cartellone c'è Aida, Il Cid, Sansone ecc…ci vogliono i ballerini così faccio una bella audizione e prendo i liberi professionisti come sono stata io per tutta la vita. I corpi di ballo stabili resistono là dove esiste un repertorio classico che esige dai ballerini l'obbligo di tenersi in forma ogni giorno dell'anno. In Italia solo tre teatri hanno ancora questa specificità ed hanno una scuola annessa che apre la strada all'inserimento nel corpo di ballo. Per tutti gli altri danzatori c'è il mondo intero!!! Si paga il prezzo di essere poco visibili in mancanza di un'etichetta ma si ha il privilegio di assaporare un'esperienza infinita di libertà di esprimersi.
La sua carriera è andata ben oltre la danza e il teatro toccando il cinema, la televisione, la pubblicità; ha vinto premi ed ha anche scritto un libro…leggere la sua biografia è emozionante. Dopo tutte queste soddisfazioni, Leda Lojodice ha ancora sogni nel cassetto?
I sogni non finiscono mai, il mio cassetto ne è colmo! Per adesso ne ho uno che mi prefiggo di esaudire entro due anni. Con la mia nuova associazione unitamente a mia sorella, sto tessendo una trama di relazioni condivise da progetti di Danza e di teatro per la deliziosa cittadina di Trevignano dove abito sul lago di Bracciano.
Quali sono i suoi prossimi impegni?
I prossimi impegni mi vedranno sicuramente a novembre al Teatro Regio di Torino per uno spettacolare Sansone e Dalila e sono in attesa di firmare i contratti sino al 2018 per America Latina, Cile e Spagna.
Infine, che consiglio può dare ai giovani che vogliono lavorare nel mondo della danza?
Aprirsi senza paura ai teatri del mondo della danza con professionalità cercando con saggezza di farsi versare abbastanza contributi cumulabili anche dall'estero in Italia per ottenere una dignitosa pensione. Questa è la mia testimonianza e ne sono fiera. Auguri!
Grazie per averci dedicato il Suo tempo.
Fabiola Di Blasi