Oggi, 29 aprile, si festeggia in tutto il mondo la Giornata Internazionale della Danza promossa dall’International Dance Council dell’UNESCO. La commemorazione istituita nel 1982 dal Comitato Internazionale della Danza – C.I.D. dell’Istituto Internazionale del Teatro (ITI-UNESCO), accade in questo giorno per rievocare la nascita di Jean–Gerges Noverre (1727–1810), il più grande coreografo della sua epoca.
Si vuole celebrare la danza che è uno dei comportamenti della nostra specie: qualcosa che è dentro l’esperienza del corpo e che durante la vita del soggetto può svilupparsi e organizzarsi. Ogni essere umano è predisposto per danzare ma può non volerlo fare. Ci sono coloro, poi, in cui si realizza l’esperienza dell’incontro del proprio corpo con la danza. Un incontro che segna la loro vita. A quest’ultimi, in una giornata che non vuole essere soltanto di celebrazione ma anche di sensibilizzazione, vogliamo dedicare una breve riflessione affinché i primi non disdegnino, o peggio ignorino, i protagonisti dell’incontro al quale anche loro erano predisposti.
Narcisisti, tenaci, vanitosi, determinati, stizzosi, così spesso si considerano i danzatori. Bugiardi con sé stessi e con gli altri non per ingannare ma per tutelarsi. Tacciati di vivere in un loro mondo, costretti a dimostrare a tutti coloro pensano stiano solo giocando. Eppure, alcuni, anche tra gli addetti ai lavori alimentano la diffidenza verso la danza nel tentativo di educare il pubblico senza fornire gli strumenti atti affinché possa essere stimolato, seppure solo superficialmente. Mea culpa! Non un’autoflagellazione o un’autocommiserazione sterile e invalidante per la danza stessa. Bensì un’autocritica propedeutica a un’operazione autentica che può arricchire tutti ma che nel contempo necessita di preparazione, consapevolezza del proprio agire in scena, senza degenerare nell’autoreferenzialità.
Tuttavia, è pur sempre importante un riconoscimento esterno della danza che non vuol dire onorare una Musa ma avere riguardo di persone per lungo tempo toccate dalla precarietà emotiva, sentimentale e lavorativa. I danzatori spesso nutrono un desiderio di collocarsi in un modo differente nel mondo, per esseri liberi nella ricerca della propria identità. Sono esseri sensibili impegnati in un gioco serissimo, vulnerabili nella processualità dell’incontro con gli altri e con il mondo che può generare modelli di condivisione dinamici nel riconoscimento delle peculiarità altrui.
Oggi, alla danza si chiede di ritrovare la propria vocazione originaria di evento sociale, rituale e sacro. Lo sguardo altruistico rivolto con responsabilità personale e la regolazione del nostro andare autonomo ai quali la danza ci allena, sono necessari per esplorare quella zona di frontiera dove proprio Tersicore sembra perdere i suoi tratti distintivi e la sua identità. Pertanto, è grande e impegnativa la sfida lanciata alla danza che non è scissa da tutto il resto, pur essendo autonoma, così come i danzatori non costituiscono una classe a parte e le cui vite, come le altre, sono interessanti quando sono dedite a un ideale, a un progetto, a una passione.
Buona danza a tutti!