E’ una tiepida domenica pomeriggio di novembre.
Annoiata, chiamo un paio di amiche e chiedo loro di passare insieme qualche ora a teatro per assistere all’ultima replica di uno spettacolo il cui titolo mi attrae: “Priscilla la regina del deserto”.
Solo il nome ha evocato i lustrini e le paillettes dell’omonimo film che vidi qualche anno fa in compagnia di alcuni amici. Qualche bicchiere di champagne, salatini per stuzzicare l’appetito e mille risate e spunti di riflessione.
Lo spettacolo va in scena al Teatro Coccia di Novara, e al mio fianco ho persone che, come me, non aspettano altro di essere travolte da un’avventura on the road e salire sul mitico “Priscilla” in compagnia di Bernadette, Mitzi e Felicia attraverso il deserto australiano.
Si leva il sipario e mentre una mirrorball da discoteca diffonde luci al ritmo di “Saturday night fever”, il pubblico già si accende.
Ci troviamo in un vecchio bar gay di Sidney, dove alcuni artisti si esibiscono in show “en travesti” e allietano il pubblico con canzoni e balletti, avvolti da boa di struzzo, parrucche, cappelli e favolosi costumi colorati.
Una delle sue star, Mitzi Del Bra, ha un segreto. Nella lontana Alice, al centro dell’Australia, vive colei che un tempo fu la sua compagna e dalla quale, in momenti non sospetti, ebbe un bambino. L’ex compagna dirige un casinò proprio ad Alice Springs e invita Mitzi a esibirsi per una grandiosa serata “en travestì”.
Un po’ titubante Mitzi (Tick) prende coraggio e decide di partire in compagnia di due vecchie amiche: Bernadette Bassenger e Felicia Jollygoodfellow.
Senza peli sulla lingua, e nemmeno sulle gambe, il terzetto parte a bordo di Priscilla. Durante il tragitto le due drag queen e la transessuale vivono diverse avventure, alcune divertenti, altre spiacevoli, alcune tragicomiche, altre sventurate. Incontrano persone, vivono esperienze, nascono amori, si cementano odi.
Le tre “amiche” si confrontano, litigano, si confidano e compiono un viaggio che è prima di tutto dentro se stesse.
Un musical sfavillante: scene e costumi magnifici, una sceneggiatura esilarante e un’intramontabile colonna sonora che include venticinque strepitosi successi internazionali, tra cui “I Will Survive”, “Finally”, “It’s Raining Man” e “Go West”.
Favolosa l’interpretazione di Bernadette di Marco D’Alberti, personaggio dalla lingua pungente ma elegante come una signora d’altri tempi, quei tempi ormai passati in cui tutto andava meglio e tutto era più bello. “Madonna? Un’icona certo. Anche la Tour Effeil è un’icona. Solo un filo meno rigida”. A Bernadette la “material girl” non piace, e rimpiange dive come Barbara Streisand. Felicia, viceversa, interpretata da uno strepitoso Andrea Rossi rappresenta la modernità, con tutte le sue infinite contraddizioni e spesso, mancanze.
Parole di elogio anche per Cristian Ruiz. L’interprete di Tick/Mitzi si caratterizza per teatrale spontaneità e vitalità frizzante. Giovanna D’Angi, si distingue, insieme alle altre coriste per la voce dal colore black e l’estensione straordinaria e Giada D’Auria, Cynthia, moglie di Bob, ci regala scene di puro divertimento. Tanti sarebbero i momenti da ricordare: la performance delle palline da ping pong per esempio di cui è protagonista Cynthia o l’assolo di Felicia che fa il verso alla Callas adagiata su un’enorme scarpa glitterata. E ancora: il numero finale all’interno del casinò tra cambi costumi, musiche e balletti o il commovente duetto tra Tick e il figlio che ritrova il padre e lo ama a prescindere da tutto, senza alcun pregiudizio o paura.
Il teatro esplode letteralmente nei saluti finali e regala il meritato successo a uno spettacolo capace di divertire, far sognare e perché no, riflettere. D’altronde ogni favola ha una morale, giusto?