Nel corpo del danzatore esistono due paia di articolazioni che vivono costantemente in una relazione complicata, con grande coraggio e un senso sprezzante del pericolo. Si tratta di strutture che devono dare fondo a tutta la resilienza di cui il nostro meraviglioso strumento dispone, per poter far fronte a prove di forza ed elasticità che metterebbero in difficoltà anche un super eroe. Sto parlando di gomiti e ginocchia, ossia di quelle che io chiamo le articolazioni ‘in between’, in virtù della loro posizione, appunto, intermedia.
Sebbene si tratti di strutture con forma e funzione totalmente differenti, mi piace inserirle nella stessa discussione, poiché spesso la nostra atavica memoria di quadrupedi (o quadrumani) si palesa prepotentemente nel momento in cui pratichiamo danza, specialmente quando si è principianti e certi antichi schemi motori sono ancora presenti e non disciplinati dalla conoscenza della tecnica. Avete mai notato, ad esempio, quante volte gli allievi cercano la rotazione esterna delle gambe riproducendo lo stesso movimento nelle braccia? I nostri arti superiori sono energeticamente uno specchio di quelli inferiori, molto più di quanto si possa immaginare, nonostante nel corso dell’evoluzione si siano fortemente specializzati: gli arti inferiori nel supporto del peso e deambulazione, gli arti superiori nella relazione attiva con il mondo esterno, la nutrizione, la cura di sé.
Considero connesse le articolazioni ‘in between’, comunque, principalmente per via della loro posizione.
Le ginocchia in particolare si trovano in tensione tra due fuochi, subendo sollecitazioni provenienti dalle anche e dai piedi, e se consideriamo anche la complessità intrinseca di questa struttura così delicata, possiamo immaginare quanto sia importante avere una buona propriocezione di questa parte del corpo, che dovrebbe essere sempre presente e attiva durante la pratica della danza. Si parla spesso di apertura delle anche, di mobilità della caviglia, di collo del piede, ma alle ginocchia non viene sempre data una adeguata attenzione, se non per dire che devono essere tese, né gli viene riconosciuto il loro importante ruolo nell’orientamento e nella capacità di direzionare il corpo. In effetti nella deambulazione la prima parte della gamba che avanza è proprio il ginocchio, e soltanto dopo la tibia oscilla in avanti trasportando anche il piede. È proprio il ginocchio che direziona la gamba e il corpo nello spazio, e questo accade anche nel gesto danzato, poiché il corpo si muove sempre seguendo i principi fondamentali con cui la funzione ne ha disegnato la forma.
I gomiti, non da meno, sono un punto estremamente importante per l’espressività del port de bras, poichè sia il radio che l’ulna partecipano alla formazione di questa articolazione (a differenza del ginocchio in cui solo tibia e femore entrano in gioco mentre la fibula agisce solo da puntello), permettendo quel meraviglioso movimento che porta il nome di prono-supinazione dell’avambraccio e che rende le braccia estremamente fluide e leggere, senza mai perderne forza e connessione con il tronco e la colonna vertebrale. Mi capita che gli allievi mi chiedano: come sono le mani in questo esercizio? Notate bene: le mani, non le braccia. Quando capita capisco come il ruolo degli arti superiori nel movimento sia secondario, considerato spesso secondario a quello delle gambe. Erroneamente.
Questa ricerca di consapevolezza negli arti superiori è un lavoro che non mi stanco mai di proporre durante le lezioni, proprio per le resistenze che trovo nell’integrazione di questa parte del corpo così importante all’interno della propria sfera percettiva, anche perché le braccia sono un’espressione estesa di ciò che accade nella schiena e quindi braccia abbandonate per me vuol dire schiena abbandonata.
Inoltre, nella mia esperienza, quello che solitamente osservo a livello di questi quattro punti del corpo è che vengono bloccati e irrigiditi nel tentativo di sentirne la forza. Molto spesso noi maestri continuiamo a dire di stendere le gambe, in varie occasioni, come ad esempio negli arabesque o anche in volo durante un salto, allora l’allievo può rispondere a questa richiesta bloccando le ginocchia in una estrema estensione, perdendone quindi la sensibilità e impedendo all’articolazione di allungarsi. In seguito a questa azione violenta, vengono a mancare prontezza, morbidezza e reattività poiché è proprio tramite ginocchia morbide che possiamo attivare un buon radicamento e lasciar respirare il nostro plié, come abbiamo già detto molte volte. Allo stesso modo il blocco a livello dei gomiti crea un congelamento motorio in tutto l’arto superiore, dal momento che le due ossa dell’avambraccio non possono godere della libertà necessaria per modulare il movimento con la dovuta fluidità lungo tutta la fila di ossa che compone questa struttura appendicolare.
Al di là della questione tecnica, comunque, è nell’espressività del movimento e nella fluidità della danza, che avere le articolazioni ‘in between’ bloccate avrà i suoi effetti più nefasti. Una danza frammentata, spigolosa e priva di musica, piatta e poco plastica. Vi consiglio di provare a studiare per qualche lezione con un focus deciso su questa parte del corpo, e vi renderete conto che tutta la cura che riuscirete a dedicarvi sarà immediatamente ricompensata da una gestione del movimento più puntuale, precisa e sicura e consapevole.