L’editoria specializzata di danza è spesso griffata dalla Gremese, con titoli sempre più variegati ed interessanti. In futuro ci occuperemo senz’altro di questa editoria, un tempo di nicchia ma oggi sempre più credibile nonostante la crisi perdurante di vendite ed investimenti. La controtendenza di alcune firme risiede proprio nella scelta di contenuti e titoli capaci di scardinare la crisi ed accattivare un pubblico sempre più eterogeneo. E questa ci pare possa essere stata la forza del nuovo lavoro di Emanuele Burrafato, “Luciana Savignano. L’eleganza interiore”, non tanto nella scelta dell’interlocutrice o del profilo biografico, quanto piuttosto nella forma chiacchierata della conversazione tra l’autore e l’étoile Luciana Savignano. Sta qui, probabilmente, il successo delle fatiche di queste centosessanta pagine pensate e scritte per entrare diritto al cuore della ballerina, della sua vita e del lettore stesso, chiamato in causa con un costante invito lungo tutti i capitoli e le testimonianze.
Eh sì, “Luciana Savignano. L’eleganza interiore” dice tutto attraverso le parole stesse del titolo, mettendo in bella mostra l’etoile milanese nella sua eleganza interiore, quasi nascosta dalla sua irrinunciabile verve di una carriera sotto gli occhi di tutti. Luciana Savignano è forse assai più nota nelle vesti di danzatrice dionisiaca, passionale e sensuale dei titoli più spregiudicati del secondo Novecento. Certamente non si dimenticheranno le rappresentazioni di Mario Pistoni, Maurice Bejart, Roland Petit e Micha van Hoecke dedicate alla loro musa ispiratrice dagli occhi a mandorla. E ci pensa proprio Emanuele Burrafato a raccogliere i cocci del tempo che passa, con una carrellata di emozioni, titoli e personaggi gravitanti intorno alla figura dell’etoile scaligera, passando anche per i partner Jorge Donn, Paolo Bortoluzzi, Antonio Gades e tanti altri ancora. Un turbinio di palcoscenici calcati da Luciana Savignano per l’amore e la passione per la danza che l’autore ha provato in tutti i modi a far passare attraverso le sue pagine, fidelizzando sempre di più il lettore al suo libro in una simbiosi tenuta a galla dalla vivida partecipazione alla vita narrata in prima persona. Un bel libro che coinvolge tutti, nessuno escluso, con un canovaccio seguito a menadito dall’etoile in un viaggio a ritroso con il bravissimo Cicerone Burrafato.
Senza dimenticare le testimoniante di Maja Plisetskaja ed Alberto Testa a cornice preziosissima del volume. L’ennesimo ricordo di due personaggi di indiscutibile credibilità internazionale, un valore aggiunto allo sforzo di Emanuele Burrafato a raccontare la storia di Luciana Savignano attraverso gli undici capitoli del testo dedicato ad Andrea Buchler. Qui si parte dalle origini della ballerina milanese nei difficili tempi della guerra per giungere alla sua esperienza moscovita al corso di perfezionamento al Teatro Bolshoi. La vita coreutica della giovanissima Luciana Savignano si stringe inevitabilmente tra Milano e Mosca, insistendo oltremodo sul rigore classico che teneva sopito un animo molto più audace e contemporaneo. Intanto il terzo capitolo passa per il canonico termine di paragone della Callas sulle punte fino agli anni memorabili di Maurice Bejart. Senza dimenticare il cigno bianco, ovvero la partecipazione a “Il lago dei cigni” per poi diventare etoile al Teatro Alla Scala di Milano. Luciana Savignano diventa una diva non diva, amata per la sua eleganza interiore esplosa in scena con passione, sensualità e determinazione! Un mix esplosivo che l’ha resa celebre ma non mondana, tanto da essere spesso ricordata per le sue cene a casa con la mamma e pochissimi eletti. E poi, naturalmente, anche Roland Petit si è fatto trascinare sul palcoscenico dalla musa meneghina, protagonista di una danza diversa in continua evoluzione. Una frase, l’ultima, che unisce gli ultimi due capitoli del libro romanzato intorno alla figura serena di Luciana Savignano, una donna ed un’artista che ha dovuto sdoganare il proprio essere ballerina con un repertorio inedito e contemporaneo, in antitesi rispetto alle colleghe scaligere di quegli anni Carla Fracci e Liliana Cosi.
Le pagine di Emanuele Burrafato hanno tuttavia degne origini scovate nei rotocalchi dell’epoca: recensioni e presentazioni, attestati di stima ed articoli generici hanno speso parecchio inchiostro intorno alle faccende poco patinate di Luciana Savignano. L’idea della ballerina bravissima ma relegata nelle file del Corpo di Ballo del Teatro Alla Scala ha fatto spesso capolino sulle pagine dei giornali, per poi scalare pian piano tutte le gerarchie scaligere fino alla nomina di etoile. Eppure rimbombavano all’epoca le gesta nel repertorio innovativo dei vari Mario Pistoni e Maurice Bejart, fino ad ergere il suo nome nel novero delle grandi artiste e riconoscerla per strada tra le tante. Un successo incredibile che ancora oggi l’etoile a stento si spiega, soprattutto per il suo carattere schivo e riservato. Ma i vari Luigi Rossi, Lorenzo Tozzi, Mario Pasi e tanti altri ancora non avevano dubbi, non andava risalita alcuna china rispetto alle file del Corpo di Ballo scaligero. Luciana Savignano doveva solo aspettare il suo momento e la stessa ballerina ne era consapevole. E’ stata infatti capace di raccontarsi serenamente all’autore, proprio come viveva i propri dubbi del tempo con calma e determinazione. Due elementi imprescindibili che l’hanno premiata fino al successo planetario conseguito.
Successo raccontato con altrettanto successo, sia per l’appeal della stessa Luciana Savignano che per la brillante penna di Emanuele Burrafato. Non ci si stanca di leggere le centosessanta pagine di una sola donna, elegante anche nel testimoniare un bel trentennio circa di danza italiana e soprattutto europea con collaborazioni entrate nella storia del balletto. “Luciana Savignano. L’eleganza interiore” entra di diritto nelle biblioteche degli appassionati di danza e degli addetti ai lavori per una maggiore conoscenza della protagonista e di quei variopinti anni di danza.