“Forse questo momento che stiamo attraversando è l’occasione perché ognuno di noi nel proprio silenzio, nel proprio esilio interno, possa ricomporre il complesso mosaico dei propri bisogni, per tornare al tango con nuovo equilibrio! Il tango lo sento come parte di me, mi manca nella misura in cui può mancare un “oggetto d’amore”, come si definisce in psicologia, ma è vero anche che una volta interiorizzato rimane sempre dentro di noi!”
Ho conosciuto Lucilla Croce qualche anno fa in occasione dei seminari di formazione in Tangoterapia tenuti a Roma dal Professor Federico Trossero, medico psichiatra, appassionato ballerino di tango argentino, ideatore della psicoterapia a mediazione corporea attraverso la musica e i movimenti base del tango argentino e autore del libro “Tango Terapia” (prima edizione agosto 2006).
Eravamo un bel gruppo di Psicoterapeuti, Counselor e Coach, inevitabilmente appassionati praticanti tangueri, che desideravano approfondire le dinamiche relazionali di questo ballo dichiarato dall’Unesco “patrimonio culturale immateriale dell’umanità” nel 2009.
Con Lucilla Croce, psicologa, psicoterapeuta, specialista in Psicologia della Salute, docente presso l’Università “La Sapienza” di Roma, ideatrice del progetto “Balliamo col cuore” e conduttrice di numerosi laboratori di tango terapia, abbiamo cercato di comprendere più a fondo l’esilio dal tango che abbiamo tutti provato in questo periodo.
Credo che ognuno di noi potrà portarsi a casa una preziosa riflessione personale sugli spunti che la nostra rubrica ha cercato di condividere insieme.
Che cosa è successo nel mondo emotivo del tango?
“Non è mia abitudine generalizzare e sono convinta che ci sia sempre un profondo significato personale, un proprio punto di vista, un vissuto individuale che entra nel dialogo tra noi e il tango, in maniera molto soggettiva. Quindi mi è difficile dare una risposta precisa a questa domanda.
È possibile comunque affermare che il Tango porta a far emergere ciò che siamo: il ballo ha questo potere, nel tango sono contenute molte dimensioni: oltre al vissuto, c’è un personale modo di percepire, interiorizzare, idealizzare, elaborare; c’è una significativa ritualità che richiede una riflessione sulle motivazioni che spingono ognuno di noi verso questa pratica costante. Di sicuro, Il suo abbraccio è potente, è un dialogo intimo, un ritorno alle origini, un richiamo ancestrale! Pertanto mi sembra plausibile immaginare che a livello emotivo la mancanza del tango si senta molto.”
Che cosa cerca ognuno di noi nel tango? Che cosa raccontiamo di noi? Quale parte di noi gratifichiamo col tango? La sua mancanza obbligata ne ha messo in luce la potenziale dipendenza di cui spesso si parla?
“Al di là del semplice passatempo, dell’amore per la musica e per la danza, per provare a capire cosa cerchiamo nel tango, dobbiamo partire dalla comprensione dei nostri bisogni più profondi: accettazione, riconoscimento, socialità, seduzione, conquista, piacere…comunque sia, tutti cerchiamo un nutrimento che vada ad appagare un nostro bisogno. Noi tangueri, come gli appassionati di tante altre discipline, demandiamo al ballo molto dei nostri bisogni. Certo trovare e raggiungere un punto di equilibrio dove essi siano posizionati e soddisfatti armoniosamente, trovare “l’asse” della nostra vita, è o dovrebbe essere, lo scopo di ognuno di noi se vogliamo migliorare ed evolvere. E nella mancanza momentanea del nostro tango, come da qualsiasi forma di appagamento che viene a mancare, la sfida probabilmente si fa ancora più ardua!
Forse questo momento che stiamo attraversando è l’occasione perché ognuno di noi nel proprio silenzio, nel proprio esilio interno, possa ricomporre il complesso mosaico dei propri bisogni, per tornare al tango con nuovo equilibrio e stemperare quella forma di dipendenza di cui ogni tanto si parla! Tutti noi in determinati momenti possiamo aver bisogno di qualche forma di gratificazione, ma talvolta si può rischiare di cadere negli eccessi. Dovremmo pertanto domandarci in che misura alcune scelte siano veramente sane per noi o se invece non costituiscano un potenziale limite al raggiungimento del nostro reale benessere.
Questo ovviamente non vale soltanto per il tango, ma per qualsiasi altra dimensione della nostra vita.
Non ci sono risposte definitive e precise, ma piuttosto nuove domande da porsi: la nostra motivazione si trova probabilmente molto più in profondità. Più o meno inconsciamente, attraverso il tango riusciamo ad esprimere noi stessi, ciò che siamo e ciò che di noi vorremmo mostrare al mondo. Non a caso la Tangoterapia viene annoverata tra le cosiddette “terapie espressive”: grazie al corpo, che è il nostro strumento primordiale di relazione, abbiamo la possibilità di comunicare, anche in assenza di parole.
È proprio questo lavoro sul raggiungimento della consapevolezza attraverso il tango che mi manca molto, mi mancano i laboratori di Tangoterapia che conduco insieme a Mariano Navone; mi manca la dimensione corporea del ballo, il contatto, le sensazioni che attraverso il corpo vanno ad integrare il vissuto emotivo.
Il tango lo sento come parte di me, mi manca nella misura in cui può mancare un “oggetto d’amore”, come si definisce in psicologia, ma è vero anche che una volta interiorizzato rimane sempre dentro di noi. Il “pathos” iniziale, quella pulsione forte e spesso difficile da dominare, con il tempo si è trasformata in un sentimento costante, stabile, capace di rinnovarsi anche in condizioni avverse: un po’ come quando il vero amore, prende il posto della passione.
In questo periodo di forzata lontananza, è plausibile che ognuno di noi abbia sostituito il tango con un’altra forma di appagamento o pseudo dipendenza, magari anche temporanea. Forse qualcuno ha avuto la possibilità di recuperare qualche vecchia passione, hobby o progetto che aveva messo da parte, così come può aver trovato o scoperto altro da fare o a cui pensare.
Le modalità di sostituzione sono anch’esse molto personali e dipendono dalle risorse e dalla creatività che ognuno di noi è riuscito a mettere in gioco nell’adattarsi ad uno stravolgimento così drastico delle nostre abitudini.
Resta il fatto che il tango è un microcosmo, un fenomeno complesso nel suo linguaggio universale e come tale ha un ventaglio di gratificazioni da offrire, che non sono facilmente sostituibili con una singola attività alternativa.
Per non cadere “vittime” della possibile frustrazione data dalla mancanza dell’amato tango, possiamo cercare di comprendere i motivi per cui ci fa stare bene e cosa ci manca di più del nostro modo di viverlo; questa forse è la strada che ci renderà possibile contattare i nostri bisogni e desideri più autentici e profondi.
Consapevolezza, questa è la chiave. Conquista non facile la presa di coscienza: a volte crediamo di aver raggiunto un sufficiente livello di conoscenza di noi stessi, ma spesso non è affatto così. Possiamo continuare a guardare fuori e sentirci in gabbia, oppure possiamo cogliere l’opportunità di guardarci dentro, ascoltarci e scoprire che possediamo un mondo infinito da esplorare, pieno di risorse e possibilità.”
Lucilla Croce ama molto il tango: la scelta di un unico brano preferito, come vuole la nostra rubrica, era forse per lei non completare un processo, un flusso innescato da queste profonde riflessioni. Lucilla ha creato per noi la sua personale “tanda dell’esilio”, con le rispettive orchestre/versioni che preferisce:
1.HISTORIA DE UN AMOR – Hector Varela
https://www.youtube.com/watch?v=k9eKm8tzuek
- EL ADIOS – Osvaldo Pugliese
https://www.youtube.com/watch?v=CA2N1eZoJho
- QUE FALTA QUE ME HACES – Miguel Calò
https://www.youtube.com/watch?v=4upHlgq3HxQ
- NARANJO EN FLOR – Anibal Troilo
https://www.youtube.com/watch?v=RTOhNfANr8U
Cortina: TODO CAMBIA – Mercedes Sosa
https://www.youtube.com/watch?v=98XkPHcmCv0
Lucilla ha immaginato questa tanda come il ciclo di vita di una storia di un amore, con l’inevitabile addio e la seguente rassegnazione. Come per ogni tanda, anche in questa creata per noi da Lucilla, alla fine c’è una cortina che in questo caso esprime un concetto fondamentale: Todo Cambia. Un messaggio di speranza, comunque vadano le cose, tutto cambia…o forse anche no…chissà!
Buon ascolto!
1 commenti
Il tango vissuto con tutto: corpo , mente e anima, diventa parte di noi. Anche se non lo si balla per mesi, non si ascolta la musica, sembra essere lontano, è sempre dentro di noi, nel modo di vivere le emozioni, i sentimenti, nelle lacrime e nei sorrisi. “Todo cambia”, anche senza averlo voluto, ma l’emozione di indossare le scarpe da tango, di abbracciare l’altro e di perdersi nelle note del tango, resta in noi e si rinnova ogni volta. Mi manca il tango, come mi manca la socialità del tango, ma so che al prossimo abbraccio tutto tornerà in superficie, ripescato dal profondo, dove ora resta in attesa in un assordante silenzio.