In questo periodo ho avuto la possibilità di guardare tanta danza in streaming: dagli spettacoli di repertorio della formidabile compagnia Peeping Tom, rilasciati su un sito in versione integrale; a Giselle del Teatro alla Scala, in una edizione lussureggiante che rimarrà nella memoria di tutti, per la presenza del nuovo direttore, per il tocco di una prima ballerina assoluta che è ritornata ‘a casa’ e per una giovane prima ballerina al suo debutto nel ruolo. Poi il Galà dell’Opera, che ha riconfermato l’incomparabile eleganza e bellezza delle sue stelle, e infine le dirette per l’edizione 2021 del Prix de Lausanne, tra interviste, vecchie edizioni e selezioni dei giovanissimi candidati.
La danza sta sperimentando una sé stessa che non avrebbe mai potuto immaginare neanche nelle sue fantasie più sfrenate. Il contatto, nel mestiere della danza, non è solo quello fisico tra gli interpreti, ma anche il contatto energetico con il pubblico: la danza è una storia di relazione dell’individuo con sé stesso, con l’altro, con il mondo e con il cosmo. Tutto questo delicato equilibrio è stato messo in crisi dalle contingenze, ed è un colpo al cuore vedere i giovani allievi della Scuola di Ballo dell’Opéra fare il tradizionale défilé con le mascherine indosso, oppure i saluti alla fine di ogni danza in un silenzio assordante, senza nessuno in sala ad accogliere il ringraziamento e ricambiare con gli applausi. Mai assenza fu più ingombrante di questa, un vuoto incolmabile. Anche per il Prix abbiamo dovuto rinunciare alle bellissime classi di balletto dove si potevano ammirare i candidati lavorare insieme, perché quest’anno ognuno ha dovuto registrare il proprio lavoro in sala, da solo, e non oso immaginare quanto sia stato difficile per questi giovanissimi e talentosi ballerini dover rinunciare ad una esperienza totalizzante come quella.
La cosa che mi colpisce fino alla commozione, è vedere con quanta forza e vitalità la danza continua ad esistere, a urlare forte la sua voce, lo percepisco quando intuisco l’emozione vibrante degli interpreti, tornati in scena dopo tanti mesi, ogni volta che sento quel subbuglio in pancia quando il corpo comincia a muoversi e l’elettricità a sprigionarsi nello spazio. Quando un messaggio danzante arriva forte e chiaro, potente, anche attraverso il video, allora mi dico che in fondo, gli esseri umani sono capaci di volare in alto, almeno quanto riescono a scendere in basso.
Adesso basta, però, è ora di riaprire i teatri.
Di ripartire.
Crediti fotografici: Julien Benhamou