Lia Courrier: “Bilanci di fine stagione. Progetti abbandonati, mancanze di risorse e… una nota positiva”

di Lia Courrier
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In questa chiusura d’anno formativo mi sento di fare qualche bilancio partendo dal contesto in cui sono inserita che, credo, possa rappresentare uno specchio di quello più esteso del paese nella sua interezza. Su quest’ultimo anno gravava il peso delle aspettative di chi pensava che sarebbe stato un momento di ripresa, di “ritorno alla normalità”, frase ripetuta talmente tante volte da aver perduto il senso stesso delle parole che la compongono. Purtroppo così non è stato, questi dodici mesi si sono rivelati una spada calata dalla parte del filo su molte realtà e progetti che sono caduti o sono stati abbandonati per mancanza di ogni genere di risorsa, sebbene si sia lottato per salvarli, e parecchio.

Per quanto riguarda la formazione, molte scuole e centri non hanno retto al calo di utenze riscontrato, nonostante si sia ritornati a dare lezione in presenza. Questa stagione è stata caratterizzata da flussi incostanti e imprevedibili di partecipanti, per una serie di concause – troppo complesse da analizzare in questa sede –  che hanno portato molti corsi a zoppicare. Alcune scuole con cui sono in contatto mi hanno parlato di una perdita ingente di iscritti, a fronte di un immutato impegno per progettare e cercare di tenere insieme le varie comunità.

Persino per questa estate vedo meno stages rispetto agli anni passati, la programmazione è diventata un lusso che pochi possono permettersi di fare. I contagi continuano su curve quasi costantemente ascendenti, è evidente che – come qualcuno diceva fin dall’inizio – questo virus ce lo dovevamo prendere tutti. Il clima di tensione che abbiamo vissuto, e che continuiamo a vivere, anche se qualcuno fa finta di non vedere, portano forse a investire attenzione, energia e risorse economiche altrove.

Rimangono a galla, per fortuna, i contesti in cui sono ospitati rappresentanti dei grandi teatri di tradizione ballettistica, luoghi in cui i giovani danzatori in erba hanno l’occasione per farsi vedere da Maestri e Direttori artistici delle Accademie di Ballo, ma per il resto – almeno qui in Italia – vedo un po’ una stagnazione su questo fronte. Qualche altra realtà propone formazione estiva di alto livello, ma si tratta anche qui di situazioni già consolidate negli anni, con un’offerta fortemente specializzata. Per il resto mi pare di sentire una tendenza diffusa a preservare le energie, senza investire in progetti che potrebbero non vedere la luce.

Diverso ad esempio per la danza contemporanea europea, con seminari e workshop ovunque un po’ per tutta l’estate, con ospiti internazionali a creare quella tipica atmosfera di scambio e condivisione che caratterizza questo genere di eventi, in cui è possibile praticare danza, crearla, parlarne e guardarla, tutto in un unico luogo.

Per quanto riguarda la professione, direi che per quanto riguarda i corpi di ballo siamo ancora al palo, nonostante Franceschini abbia più volte annunciato di avere in serbo chissà quale svolta, almeno ad oggi nulla è cambiato. Anzi, dalla realtà che attualmente mi sembra quella più “sul pezzo”, ossia Danza Error System, proprio qualche giorno fa è arrivato l’annuncio che il Teatro Carlo Felice di Genova ha approvato la nuova dotazione organica con il corpo di ballo a ZERO elementi. Ovviamente la soluzione nel caso servisse la prestazione di tersicorei è quella di ingaggiare professionisti con contratti da autonomi, per brevi periodi, ma sappiamo bene che per “corpo di ballo” si intende un’altra cosa: studiare insieme, danzare insieme, creare un organico in cui ci sia omogeneità tecnica, qualitativa e stilistica. Una caratteristica impossibile da ottenere senza contratti di assunzione.

Nota positiva però, su questo fronte, è una certa aria di cambiamento che soffia in zona F.U.S. (Fondo Unico per lo Spettacolo). Conosco personalmente diverse realtà, legate alla formazione coreutica, alla formazione del pubblico e al lavoro sul territorio con obiettivi sul sociale, create e gestite da giovani professionisti che hanno ricevuto quest’anno, per la prima volta, un sostegno ministeriale per il triennio a venire. Questo è per me un segnale positivo, di cambiamento generazionale, in un sistema che era praticamente fermo da tempo immemore e di cui nessuno sembrava volersi più occupare. Da questo si evince anche che le giovani generazioni sono perfettamente inserite nelle moderne modalità di accesso ai fondi, mostrando abilità nel reperimento e compilazione dei bandi, ad esempio, competenze alquanto carenti nella mia generazione. Quello che accadrà sarà una doverosa selezione naturale, si spera che nel giro di qualche anno sempre più nuove realtà possano essere sostenute nella produzione, promozione e diffusione della nuova danza. Il fatto che qualcuno abbia cominciato a vedere questo fondo come uno strumento per sostenere l’arte e non solo come un luogo in cui parcheggiare a vita pochi privilegiati, fa ben sperare che da qualche parte, nella politica, esistano persone che hanno preso a cuore la causa, cercando di scalfire la dura corazza del sistema per sbaragliare l’attuale status quo.

Essendo stata all’interno di un’associazione di categoria che opera a livello nazionale per la formazione coreutica italiana, so bene quanto quello legislativo sia un lavoro lungo, estenuante, che richiede enorme determinazione e capacità che non tutti coloro che provengono dal mondo dello spettacolo possiedono. Trovo essenziale e positivo che ci siano persone che provano a smuovere le acque dall’interno, la mia speranza è che vadano avanti su questa strada perché la danza in Italia continui ad esistere, sempre più di qualità, sempre più distribuita nelle sedi tradizionali ma anche programmata in luoghi non convenzionali, perché torni ad essere una presenza costante nell’idea che gli italiani hanno di “trascorrere una bella serata” e non più interesse esclusivo dei soli “addetti ai lavori”.

Le nuove generazioni hanno gli strumenti per immaginare un futuro tutto nuovo per la fruizione di quest’arte, qualcosa che non è mai stato realizzato prima. Il mondo sta cambiando, le nostre vite sono state totalmente trasformate, i nostri stessi cervelli sono plasticamente differenti rispetto a qualche decennio fa, per non parlare della società, così profondamente ferita e divisa dai fatti recenti: come potrebbe la danza rimanere sempre uguale a sé stessa? Non parlo solo della ricerca sul movimento e sul corpo, vorrei che si ampliasse lo sguardo anche ai luoghi e alle liturgie; alle modalità e ai confini.
In coda a questo bilancio, tutto sommato non totalmente negativo, voglio infondere alla mia amata danza un’energia solare e dorata, sperando di poter continuare a dare il mio umile contributo per una rinascita in una forma nuova, fresca, come non è stata mai. Ma sempre splendida.

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