Gennaio.
Momento cruciale per tutti gli insegnanti di danza, presi nella messa a punto del saggio di fine anno. Per chi non è dentro a questo lavoro è impossibile immaginare quanto lavoro ci sia dietro alla costruzione di un saggio di danza, anche quello più lineare e semplice necessita di una progettazione perfetta e puntigliosa, forse persino più di quella che precede uno spettacolo professionale, perché un saggio si realizza con interpreti amatoriali, spesso piccolissimi, che non hanno certamente le capacità e l’indipendenza di un professionista.
In più bisogna ricordare che gli insegnanti, oltre ad essere intensamente impegnati nel loro lavoro, in questa occasione si prestano anche come registi, costumisti, attrezzisti, scenografi e light designer, con il risultato che spesso arrivano alla data fatidica tesi come corde di violino ed elettrici come murene.
Sui saggi ho scritto molto su SetteOtto, in questi anni di condivisioni. Per questa settimana vorrei proporre una discussione su un momento estremamente delicato e decisivo: la scelta delle variazioni da soliste per le allieve che studiano da più anni e meritano di affrontare questa sfida sul palcoscenico.
Specialmente alle fanciulle che si trovano alle prime esperienze nello studio della tecnica di punte, spesso vengono assegnate variazioni del repertorio troppo difficili sotto ogni punto di vista, coreografie costellate da elementi virtuosistici che possono essere eseguiti correttamente e in sicurezza solo da persone che hanno alle spalle uno studio che permetta loro di padroneggiarne consapevolmente gli elementi tecnici. Anche dal punto di vista artistico le variazioni di repertorio richiedono di aver sviluppato una maturità e una conoscenza del personaggio tale da riempire quei movimenti di significato, senza “eseguirli” e basta.
Normalmente gli insegnanti scelgono di modificare la coreografia, semplificandola, ma devo dire che personalmente non sono una sostenitrice di questa pratica perché saper creare coreografie non è un’abilità di tutti, i coreografi che hanno realizzato i grandi balletti erano dei maestri indiscussi in questa arte e hanno lasciato delle pietre preziose nel vasto campo del repertorio. Che si tratti di Petipa, di Petit, di Balanchine o di altri, mettere le mani nell’opera di un maestro non è cosa da prendere alla leggera, sia per quanto riguarda l’estetica, il gusto ma soprattutto per la musicalità. Non è facile maneggiare questo materiale senza togliere valore a ciò che esiste già.
Scegliere una variazione per un allievo o un’allieva richiede innanzitutto una profonda conoscenza delle qualità innate della persona, optando per qualcosa che non metta in difficoltà. La scena è un luogo delicato in cui stare, a volte l’emozione e l’agitazione possono tirare brutti scherzi, incidere sulla prestazione. Ci vuole sangue freddo ed esperienza per poter gestire le potenti energie che avvolgono il danzatore con una maestria tale da non farlo tentennare.
Se un allievo è un bravo saltatore, ad esempio, allora si può scegliere una variazione che metta in luce questa dote. Allo stesso modo se è debole nei giri si sceglierà una variazione che non indugia in questo tipo di virtuosismo, anche per lasciare spazio al piacere di andare in scena con una certa padronanza e una buona dose di divertimento. Quando un allievo mostra un’indole romantica o una brillante, si cercherà di assegnargli una variazione che metta in luce questa attitudine naturale, questa attenzione è fondamentale per aiutarlo a conoscere sé stesso attraverso la danza, facendogli notare i colori e le qualità che predominano nella sua personalità danzante.
Nei grandi concorsi internazionali dedicati al balletto si vedono sempre le stesse variazioni, ma questa è una scelta necessaria e funzionale allo svolgimento della competizione, un denominatore comune per valutare i candidati. La commissione sceglie una rosa di variazioni che hanno un coefficiente di difficoltà più o meno simile ma che magari hanno energie diverse: brillante, esplosiva, di carattere, romantica, lirica, in modo che ognuno possa scegliere quella più adatta a sé.
Bisogna tuttavia ricordare anche che nei concorsi internazionali si concentrano gli allievi più talentuosi delle migliori scuole e quindi il livello è altissimo: anche fanciulli di 14 o 15 anni sono in grado di eseguire elementi tecnici per i quali forse gli allievi amatoriali potrebbero essere non idonei.
Anziché ricorrere alla pratica di rimaneggiare coreografie già esteticamente e musicalmente perfette, esiste la possibilità di scovare variazioni create per ruoli minori, qualcosa che sia più adatto agli allievi di una scuola amatoriale. Questa parola non deve essere percepita con l’ombra del giudizio, o degradante, ma solo come un dato di fatto: persino gli allievi delle Accademie di Ballo, che studiano danza tutto il giorno con obiettivi professionali, incontrano non poche difficoltà nella messa in scena di una variazione di repertorio, figurarsi quanto può essere complesso per chi frequenta la lezione di danza due volte alla settimana.
Scegliere una variazione più semplice, la cui coreografia non debba essere stravolta, è anche più soddisfacente secondo me, sia per l’interprete che per l’insegnante. Riprodurre fedelmente in scena le sequenze create dal coreografo originale, come lo farebbe un professionista, credo possa rappresentare una bella prova per i giovani studenti.
Nel caso in cui non ci sia stabilità e forza sulle scarpette da punta, meglio non rischiare infortuni e trasporre la variazione con le scarpette da mezza punta. Se la cosa non fosse di gradimento, da un punto di vista estetico, allora si può optare verso le variazioni di carattere, che non prevedono l’utilizzo della scarpette da punta.
Questa ricerca è molto preziosa per gli insegnanti, che possono entrare in contatto con balletti meno noti e variazioni meno gettonate ma comunque di grande valore artistico e coreografico. Allo stesso modo anche per gli allievi sarà molto interessante farsi una cultura che vada al di là dei titoli più conosciuti, scoprendo tutti quei piccoli e deliziosi gioielli che brillano nel repertorio ballettistico meno rappresentato.
La scelta di un costume che sia coerente con il personaggio rappresentato, il più possibile simile all’originale per foggia e colore, è molto importante per la resa finale della variazione, perché permette all’interprete di entrare nel personaggio e percepire quella trasformazione che avviene nel momento stesso in cui lo si indossa. Se fosse economicamente proibitivo avere costumi di buona fattura esiste sempre la possibilità di noleggiarli per la sera del saggio, usando magari un tutù da prova a lezione, in attesa di indossare quello definitivo.
All’interno di tutti questi dettagli affatto secondari, trova posto il lavoro dell’insegnante, che è chiamato a curare ogni aspetto dell’esecuzione: gli elementi tecnici, sia quelli più eclatanti che i passettini di raccordo; i port de bras eseguiti coerentemente al personaggio interpretato; la gestione dello spazio curata in modo che la variazione lo occupi pienamente e armoniosamente; le corse all’interno della variazione eseguite con la stessa cura con cui si eseguono i passi, la musicalità.
Ultimo dettaglio, ma non meno importante, anzi, forse un aspetto da tenere in seria considerazione, è l’ingresso in scena (se la variazione prevede che l’interprete di porti dentro prima di iniziare) e i saluti finali. Per entrambi questi momenti dovrebbe essere mantenuto lo spirito del ruolo, l’atmosfera si crea già quando l’interprete si porta al punto in cui inizierà a danzare, se riesce ad agganciare l’attenzione del pubblico già in quel momento, una buona parte del lavoro è fatta. Il portamento, il ritmo della camminata, l’espressione del viso riflettono già l’essenza della danza che seguirà, così come il modo in cui accoglierà gli applausi alla fine.
Per tutto il tempo è necessario restare nel personaggio.
Buon lavoro, quindi, a tutti gli insegnanti di danza che si preparano ad affrontare questo lungo e complicato processo, che però alla fine porta sempre a vivere grandi emozioni e rinnova la spinta che alimenta la passione per ciò che facciamo.