Siamo in quel periodo dell’anno in cui i miei allievi si preparano a concludere il proprio percorso formativo. Essendo l’incaricata per la danza classica dell’ultimo anno di scuola, il terzo, li prendo proprio nel momento in cui per la prima volta mettono il naso in questo caotico e difficile universo in cui dovranno – se vorranno – trovare un posticino tutto per sé: il mercato del lavoro.
Per tre anni se ne sono stati al calduccio e protetti dalla Direzione, dai docenti e anche dai compagni, che in breve tempo diventano come una seconda famiglia, fratelli e sorelle di percorso con cui si condividono le gioie e i dolori. Già affrontare un simile programma, così fitto di appuntamenti, così richiedente dal punto di vista fisico e mentale, non è per tutti, è fisiologico perdere qualcuno per strada, la maggior parte delle volte perché ci si rende conto che il mestiere del danzatore non è quello che ci si aspettava oppure perché il fisico non regge e si verificano infortuni irrecuperabili. Pochissime volte capita che qualche detentore di particolari talenti voli via per un contratto di lavoro prima di completare il percorso. Per tutti gli altri rimane solo tantissimo impegno e la capacità di mettersi in gioco per ben tre intensi anni di studio forsennato.
Questa fase di transizione è molto delicata e stressante perché oltre a doversi preparare per gli esami tecnici e il saggio di fine triennio, sotto la guida di un coreografo ospite, sono chiamati a immaginare e organizzare un “dopo” che ai loro occhi rappresenta un vero e proprio salto nel buio, come se una volta arrivati al traguardo si accorgessero di essere in realtà sui blocchi di partenza. Il mondo là fuori può essere estremamente disorientante, caleidoscopico, variopinto , attraente e spaventoso insieme e può essere estenuante imparare a giostrarsi tra applicazioni, bandi, audizioni, viaggi, imprevisti, il tutto senza neanche avere il conforto di quella famiglia acquisita che ovviamente si disgrega una volta concluso il programma di formazione. Si tratta comunque di affetti speciali, io stessa tra i pochi amici posso contare su legami instaurati in quegli anni ormai lontani in cui ho condiviso il cammino con altre anime desiderose di realizzarsi come danzatori. Bisogna quindi farsi coraggio e compiere questo salto nel buio facendo affidamento solo sulle proprie forze. È un po’ come nascere.
Mi piacerebbe elargire qualche consiglio a tutti i ragazzi che stanno affrontando un momento simile a quello in cui si trovano i miei adorati studenti.
Non fate passare un giorno senza danzare perché la percezione di questo vuoto nell’organizzazione delle giornate, che segue al lungo periodo estremamente serrato di una formazione, potrebbe trascinarvi nell’inerzia, nella procrastinazione, nel rimandare i necessari allenamenti fino a perdere quelle preziose abitudini che ogni scuola costruisce nel tempo. La cosa migliore sarebbe studiare tutti i giorni, ma le lezioni costano e non sempre si ha la possibilità economica di seguirle con costanza o di partecipare a ogni seminario interessante sulla piazza. In alternativa danzate ovunque, a casa, al parco, in palestra, nei cortili: abituatevi a usare le possibilità accessibili in quel momento e createvi un vostro training che includa sia una parte di riscaldamento con esercizi funzionali alle qualità su cui volete lavorare, una parte tecnica in cui sviluppare determinate competenze (se si ha la possibilità si va al suolo altrimenti si lavora in piedi) e una parte laboratoriale in cui esplorare l’aspetto più creativo e autoriale del gesto danzato. Ogni giorno in cui non si ha la possibilità di partecipare ad una lezione col maestro potete così affidarvi al vostro maestro interiore per una classe autoguidata, pratica utilissima per promuovere presenza, determinazione e autodisciplina, fondamentali per fare questo mestiere.
Avere successo ad un’audizione è qualcosa che può dipendere da tanti fattori, molti dei quali indipendenti dalla nostra capacità o dai nostri talenti. Le audizioni sono un territorio estremamente delicato e atroce in cui muoversi, spesso chi si trova dall’altra parte a scegliere ha già un’idea della tipologia fisica e della cifra artistica che sta cercando, per cui ricevere un esito negativo alle audizioni non vuol dire niente, non bisogna prenderla come un fallimento personale. Il dovere di ogni danzatore, però, è quello di farsi trovare pronto ogni volta, al massimo della propria forma fisica e con una mente lucida, aperta, reattiva, vigile.
Per questo è così importante non limitare i momenti di studio alle sole lezioni con il maestro, specialmente se siete stati formati come danzatori contemporanei questa elasticità mentale e prontezza fisica sono fondamentali per comprendere esattamente le richieste che vengono fatte e rielaborarle velocemente per restituire una sintesi personale artisticamente matura, puntuale e significativa. La velocità con cui si memorizza una sequenza o si comprende il senso profondo, artistico ed estetico, di un coreografo è decisivo in sede di audizioni e questa velocità si sviluppa solo con un training permanente e quotidiano. Se non riuscite a dare continuità a questo allenamento da soli, potete sempre trovare qualche compagno di giochi con cui farlo. Sconsiglio di piantare alibi come “non ho soldi per studiare” oppure “non ho uno spazio dove allenarmi”, “la mia casa è troppo piccola”, questo è solo auto-sabotaggio. Le città sono piene di spazi pubblici in cui potersi allenare sia all’aperto che al chiuso e molte persone li stanno già usando, quindi perché non provare?
La formazione del danzatore non finisce mai. La danza continua ad evolversi in modo multiforme, bisogna restare aggiornati, sapere quale tipo di fermento si sta muovendo, intuire le tendenze ancora prima che si manifestino, guardare tutto, anche quello che ci piace meno. È molto importante anche sapere cosa c’è stato prima per evitare di realizzare qualcosa che sembra l’idea del secolo salvo poi scoprire che era già stato fatto, e meglio, negli anni ’70.
Siate voraci di arte, non solo di danza, di qualsiasi espressione, linguaggio, manifestazione dell’energia creativa della nostra specie, andate a vedere mostre, frequentate i luoghi d’arte, visitate i musei delle città, alcuni dei quali hanno un costo davvero irrisorio per delle collezioni meravigliosamente ricche e ispiranti.
Insisto sul tasto “denaro” perché l’assenza di possibilità economiche è una vecchia piaga per chi danza, non è certamente un mestiere che porta ad accumulare grandi ricchezze, ed è proprio qui che arriviamo all’ultimo punto: farsi pagare. Semmai doveste superare un’audizione e ottenere l’ingaggio, nonostante l’entusiasmo del momento consiglio di chiedere prima di tutto il compenso e subito dopo copia del contratto, da leggere attentamente prima di firmare. Avete tutto il diritto di prendervi anche un giorno o due per valutare il trattamento economico e le condizioni generali, considerando anche la presenza di diaria in caso di spese accessorie come viaggi o affitto, se lavoro fosse fuori sede. Evitate di entrare in sala prove se prima non avete regolarmente firmato il contratto, già da questo si vede se la compagnia è seria o meno. Ricordate che in caso di annullamento degli spettacoli o in caso di infortunio, senza un contratto non avrete nulla da impugnare e nessuna assicurazione a pagarvi le spese sanitarie. Questa è una pratica utile non solo a voi stessi ma anche per proteggere e cambiare le sorti di una categoria lavorativa debole e vulnerabile che quasi non viene neanche percepita come tale.
Tutto il resto è nelle vostre mani, nella determinazione e nella motivazione, questo fuoco che va mantenuto acceso con fiamme ben alte, senza paura di fallire.
Chiudo con quel detto giapponese che amo sempre e da sempre: 七転び八起き nana korobi ya oki, ossia “sette volte cadi, otto ti rialzi”.
頑張れ ganbare! Forza, ragazzi!