La lezione di danza è un viaggio che stravolge il normale scorrere del tempo: in certi momenti si ha la sensazione che duri una intera esistenza, per la concentrazione che richiede, in altri sembra volare rapidamente perché si sta facendo qualcosa che appaga il corpo e lo spirito. Si tratta di un tempo di qualità, vissuto intensamente sotto ogni aspetto, movimento dopo movimento, un'avventura che, sebbene ogni giorno ripercorra le stesse strade, è in grado di guardare al paesaggio con occhi sempre nuovi.
La fisiologia e il respiro della lezione portano il corpo ad avere sempre più padronanza di sé, a conquistare una maggiore espansione nello spazio, una dinamica sempre più esplosiva, fino all'apoteosi finale, che nelle ultime sequenze lo vede lanciarsi in salti sempre più grandi e ariosi. Il salto è uno di quegli elementi che ha sempre affascinato lo spettatore, che celebra il danzatore come una creatura-icona capace di sfidare la legge di gravità. Quello che in gergo tecnico viene chiamato Ballon, si riferisce proprio all'abilità di un danzatore di dare quella particolare qualità al salto, sospendendolo in aria per un inafferrabile istante infinito, innaturale, magnifico, una capacità che ha reso celebri ballerini come Nijinsky, Baryshnikov, ma anche Maria Taglioni, che pare fosse una gran saltatrice.
Il ballon non è una posa o un movimento, che possono essere definiti entro i limiti di una linea o di un muscolo, ma una sensazione interiore, una specie di tuffo al cuore, la sospensione data da un colpo di singhiozzo, l'attimo tra un battito e l'altro del cuore, uno spazio piccolo ma immenso nel quale si può sospendere la posizione in aria, godersi l'ebbrezza delle altitudini con le ali aperte come un airone. In quell'istante la retina dell'osservatore è in grado di fermare quella posa, di fissarla nell'organo sensoriale della visione, come se scattasse una fotografia: ecco cosa provoca lo stupore. Giusto il tempo di formulare questo pensiero, però, che il corpo è già ritornato in ambito newtoniano, ma quella immagine ormai è stata impressa e rimarrà come ricordo di quel danzatore che “sembrava proprio che volasse”. Il ballon, non è dato solo dalla capacità di elevazione di un danzatore, ma ha a che fare con la finzione scenica, con l'abilità di realizzare l'impossibile, dal sorprendente mondo della scatola nera, un trucco da maghi che lascia tutti a bocca aperta. Esiste un'ironia sottile e trasognata nel concetto di ballon che mi incanta ogni volta.
Ci sono episodi, entrati nel mito, riguardo a celebri salti nella storia della danza, primo fra tutti quello eseguito da Nijinsky alla fine de 'lo spectre de la rose', che pare abbia fatto un sensazionale volo oltre la spalliera della poltrona di scena, alta due metri, con un grand jeté, attraversando una finestra per ricadere poi su un materasso nascosto dietro alle quinte. Il pubblico andava in visibilio quando 'l'angelo che litigò con Dio' mostrava le sue leggendarie capacità di volatore.
Nel codice del balletto esistono tantissime varietà di salti, dai più piccoli ai più spettacolari, in rotazione aerea, oppure la batteria, con la sua vibrazione che ricorda il ritmico movimento delle ali di un colibrì: dai salti leggeri e eterici, femminili, a quelli ampi, virili, possenti. L'ultima parte della lezione di danza classica è proprio dedicata a queste prove di volo, ed è una vera gioia attraversarla.
Adoro percepire il cambiamento nell'atmosfera che provoca l'essere entrati nella sezione dei salti.
È come un nuovo inizio, che porta con sé aspettative nei riguardi di tutto ciò che accadrà da lì alla fine della classe, con il desiderio di lasciarsi andare nella dinamica e di liberare il corpo nello spazio. Si tratta dell'apice del viaggio, in cui si ride gioiosi con il cuore, con il viso e con il corpo. Saltare ha una dimensione giocosa che richiama gli svaghi dei bambini, a cui saltare piace molto, è un modo per staccarsi dalle cose terrene, per guardare il mondo da un punto di vista diverso, sentirsi liberi dall'ordinario e anche un po' matti, con l'aria che scompiglia i capelli e quella sensazione elettrica ed energizzante che dona la consapevolezza di non toccare il suolo con nessuna parte del corpo. Sebbene alla fine si ritorni sempre inesorabilmente verso terra, vale sicuramente la pena di fare questo sforzo per librarsi in quell'istante di grazia.
È proprio in questa fase discendente, in effetti, che dobbiamo velocemente fare i conti con la frustrazione per l'ennesima vittoria della forza di gravità, per dedicarci alla gestione dell'atterraggio, il momento più delicato di questa bella festa. Più abbiamo saltato in alto e maggiormente dovremo avere cura del contatto del nostro corpo con il suolo. Non appena la punta delle dita dei piedi avrà sfiorato il pavimento, tutto il corpo dovrà gestire le forze impattanti che attraverseranno la struttura dal basso verso l'alto, ammorbidendosi e permettendo assestamenti e controspinte che dovranno essere messi in atto per evitare traumi alle gambe e alla schiena. L'atterraggio da un salto è un movimento felino totalmente focalizzato sulla salvaguardia della salute delle articolazioni: non è il pavimento ad accoglierci, ma siamo noi a ricevere abilmente il pavimento nelle nostre gambe e nella nostra colonna vertebrale, lasciandoci attraversare da queste forze, senza trattenerle nel corpo. Assaporiamo in pieno l'ebbrezza del volo per festeggiare e celebrare la danza in una delle sue espressioni più sfrenate!