Vengo contattata quasi ogni giorno da colleghi che mi chiedono di parlare della situazione dell’insegnamento della danza in Italia. Nonostante senta di non aver fatto altro da ormai più di tre anni, in questa rubrica, so a cosa fanno riferimento queste richieste: il cambiamento è sempre benvenuto quando sottende ad una evoluzione, ma quello a cui stiamo assistendo oggi è una lenta e dolorosa agonia della danza, in ogni suo aspetto e in ogni momento della pratica, dall’insegnamento delle basi fino al palcoscenico.
Tutto si sta sgretolando e sembra che nessuno sappia o voglia fare nulla. Nonostante la mia riluttanza nei confronti della facile critica, sento la responsabilità di dare voce al malcontento e alle preoccupazioni che sempre più stanno dilagando nella categoria, se così si può chiamare. Si tratta tuttavia di una discussione fin troppo ampia per poterla affrontare in una volta sola e in qualche riga, così cercherò di focalizzarmi su una cosa alla volta. Una questione per me cruciale, per capire come gli insegnanti di danza percepiscono sé stessi, è il florilegio di corsi di formazione che impazza sul web, con promozioni al limite del ridicolo nelle quali si vaneggia di diplomi nazionali e titoli riconosciuti, un’offerta che si dirige verso quella parte di insegnanti che usano i cosiddetti ‘diplomi’ CONI’ per tappezzarci le reception delle scuole, accanto alle coppe vinte ai concorsi.
Si è approfittato del caos, conseguente all’approvazione del cosiddetto ‘codice sullo spettacolo dal vivo’, per far credere agli sprovveduti che sia necessario ottenere un titolo già da ora, ma sappiate che nessun decreto è stato ancora emesso, quindi neanche lo stesso Stato che ha approvato la legge, è attualmente in grado di rilasciare titoli. Questo è il paese dei furbacchioni e la presenza di una tale offerta formativa, di bassa qualità e che diffonde menzogne, non solo non consente alle persone di ottenere una preparazione adeguata, ma crea ancora più confusione di quella che già esiste nel nostro settore. La maggior parte dei miei colleghi non crede neanche che la legge sia stata effettivamente approvata, grazie a chi pubblica articoli che hanno l’aria di essere istituzionali e invece contengono solo panzane. Sarebbe sufficiente informarsi, spendere qualche minuto del proprio tempo per conoscere l’attuale situazione del settore e operare delle scelte etiche, anziché aspettarsi sempre che le soluzioni arrivino dall’alto o dagli altri.
Ho già detto tante volte, ma lo ribadisco ancora, perché questo concetto fatica ad essere compreso, che la sola realtà in grado di rilasciare un titolo riconosciuto a livello nazionale è l’A.N.D (Accademia Nazionale di Danza di Roma), tutto il resto rientra nella sfera della formazione privata. Con ‘tutto il resto’ si intende anche l’Accademia della Scala, che incomprensibilmente non gode di alcun riconoscimento agli occhi dello Stato, rimanendo relegata a semplice scuola privata, nonostante il prestigio e il nome. Ditemi voi, quindi, di fronte a questi fatti, come è possibile che un Ente Sportivo privato possa rilasciare un qualsivoglia titolo nazionale ad un danzatore o insegnante di danza, come spesso viene promesso. Si tratta invece di semplici attestati riconosciuti solo all’interno del ‘sistema CONI’, ossia un ambito per noi alieno e che ci accoglie solo per battere cassa, offrendoci in cambio uno sgravio fiscale che ci consente di sopravvivere ma allo stesso tempo ci costringe ad una condizione al limite della legalità.
In più i suddetti corsi insinuano l’idea che il possesso di questi attestati in qualche modo consenta alle persone di poter insegnare, quando in realtà in Italia, al di fuori delle ASD (Associazioni Sportive Dilettantistiche), non è necessario chiedere il permesso a nessuno. Lo dice anche la Costituzione che “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”, quindi appare chiaro come queste proposte facciano leva sull’ignoranza e sull’ingenuità delle persone, che credono ad ogni notizia furbamente allarmista, senza prima verificare. Sappiate che il CONI si è inventato l’obbligo di possedere titoli e tesserini solo per permettere al committente dell’incarico e al datore di lavoro di rientrare nel trattamento fiscale applicato dalle ASD, ma per lo Stato non fa nessuna differenza che tu abbia questi titoli o meno, dal momento che attualmente non riconosce neanche la professione del maestro di danza (questo almeno finché non usciranno i decreti).
Per la maggior parte dei casi, inoltre, si accede a queste formazioni senza neanche passare per una selezione, senza valutare il percorso pregresso con la danza. Si promuovono programmi per cui non basterebbero due anni di studio per completarli, ma il tutto si svolge in quattro incontri, a volte di un giorno solo ciascuno. Occorre aggiungere qualcosa al quadro d’insieme? Riuscite a vederlo? Non trovate sia persino offensivo per l’intelligenza delle persone una simile proposta? Eppure se ce ne sono così tante vuol dire che esiste una clientela che per una manciata di euro e qualche ora spesa in sala, pensa di potersi presentare come ‘insegnante qualificato’. Minimo sforzo con il minimo risultato. Vi prego di non farvi prendere dalla smania del ‘pezzo di carta’, perché qui ne va del vostro tempo, della vostra energia e dei vostri soldi.
Non esistono scorciatoie per imparare a danzare o insegnare danza, bisogna impegnarsi ogni giorno e aumentare la propria conoscenza in ambiti che vanno ben al di là di quello strettamente coreutico, rimanendo presenti e inseriti nel sistema sociale. Bisogna pretendere di esserlo, perché altrimenti non possiamo neanche reclamare il rispetto.