In qualità di insegnante ormai da diversi decenni, in contesti non ballettistico-accademici, mi sono trovata di fronte alla più grande espressione della biodiversità umana. Ho trasmesso l’arte della danza a qualsiasi tipo di corpo e di mente, con risultati a volte sorprendenti, altre deludenti. Tutta questa esperienza variegata, lontana dal tipo di utenza che frequenta le Accademie di Ballo, in cui gli allievi vengono selezionati attraverso un’indagine prettamente biomeccanica del corpo, mi ha permesso di acquisire con chiarezza un quadro delle diverse intelligenze e talenti dimoranti negli esseri umani.
La danza è un’arte e sarebbe inutile negare l’importanza dell’aspetto estetico, chi lo dice mente sapendo di mentire. L’estetica dei corpi ha una sua importanza (scelgo oculatamente di non usare il termine “bellezza”) ed è innegabile la necessità di un’attenzione in questa direzione, ma certamente il modo standardizzato in cui questa componente viene intesa per la stragrande maggioranza di insegnanti, coreografi, persino del pubblico, a mio avviso appiattisce la questione facendola diventare un fatto di scorza, di superficie.
Mi è capitato di lavorare con allievi dal corpo incredibilmente adatto alla danza: proporzioni, qualità dei muscoli, ampiezza di movimento delle articolazioni, viso. Creature baciate dalla natura con uno strumento che tutti gli aspiranti danzatori vorrebbero avere, uno Stradivari prezioso dalle altissime prestazioni.
Alcuni di questi, purtroppo, non erano però custodi di quella dote invisibile, da sempre sottovalutata, che è l’intelligenza somatica. Il nostro psico organismo può possedere tanti tipi di intelligenza di diversa natura, anche se nella nostra cultura abbiamo dato molta enfasi alle abilità verbali, logiche e analitiche, matematiche, mnemoniche e di visualizzazione, insomma le intelligenze misurate dal famoso Q.I. che però ne lascia fuori parecchie, come l’intelligenza emotiva, creativa, musicale, spaziale e -appunto -somatica, elementi essenziali dell’umana esperienza e non solo per danzare.
Ebbene il soma, il nostro corpo, ha una sua propria intelligenza, che pervade tutto il corpo, risultato di una delicata e complessa interrelazione tra i sistemi, specialmente il sistema nervoso, che permette alle informazioni sensoriali e motorie di viaggiare ad alta velocità, molto più rapidamente di alcuni processi di ragionamento che opera la corteccia cerebrale, per intenderci. Per comprendere questa intelligenza di cui disponiamo, bisogna andare però oltre la visione meccanicistica del corpo, non si tratta solo di materia organica, ma di attingere dal vissuto personale dell’individuo, la sua visione del mondo, le competenze ereditate dagli antenati e il personale temperamento. L’intelligenza somatica, in collaborazione co altre intelligenze sinergiche, permette al danzatore di agire nel movimento come se seguisse un istinto, si tratta di una capacità organizzativa, spaziale, musicale nel movimento, che sono innate nell’individuo.
Qualcuno presenta questa abilità naturalmente, evidente nella rapidità con cui il corpo apprende i movimenti, trova autonomamente soluzioni ai problemi, memorizza la successione dei gesti, per tutti gli altri è possibile svilupparla attraverso l’esercizio e la ripetizione. Tuttavia, così come nel caso del collo del piede o della flessibilità articolare, chi non possiede naturalmente particolare brillantezza in questo ambito potrà migliorare ma non raggiungere il livello di chi invece nasce con questo dono.
Ci sono allievi che riescono a imparare una coreografia guardando un video, ad esempio, mentre per altri questa risulta essere un’impresa difficile se non impossibile. Alcune persone hanno una buona coordinazione e una chiara percezione del corpo come “intero” che permette loro di spingersi nel movimento con grande efficacia e plasticità, con quella naturalezza che per altri è impossibile raggiungere perché devono “pensare” alla sequenza di azioni da fare e questo processo ovviamente toglie fluidità e organicità alla danza.
Alcuni allievi non hanno bisogno che una correzione venga assegnata più di due volte per mettersela addosso definitivamente mentre altri, nonostante si ripeta la stessa cosa ad ogni singola lezione, sembrano non riuscire a trovare la strada per depositarla nel corpo. In questo ultimo caso potrebbe essere anche una questione di focalizzazione mentale, della mente distratta, ma spesso è proprio una carenza nell’intelligenza somatica ad impedire al corpo di compiere l’azione giusta. Può capitare anche che l’allievo non riesca a sentire la direzione degli arti nello spazio con chiarezza, ad esempio, a meno che non ci sia l’insegnante a correggere, meglio se con le mani, proprio per stimolare la memoria cinestetica corretta.
Doti fisiche e intelligenza somatica non vanno a braccetto. Si può abitare un corpo estremamente dotato per la danza dal punto di vista biomeccanico ma carente in intelligenza somatica; così come possedere uno strumento che non presenta quelle caratteristiche genetiche richieste dai ristretti parametri odierni, ma che invece presenta una spiccata e fertile intelligenza somatica, consentendo di danzare con armonia, grazia, potenza, efficacia anche senza uno Stradivari.
Pochissimi fortunati possiedono entrambi gli ingredienti, si tratta di coloro che, se forniti anche di passione e motivazione, hanno la possibilità di andare ad occupare un posto nelle meravigliose e brillanti costellazioni della danza.
Nella mia esperienza ho capito che molto spesso l’occhio dell’insegnante cade su coloro che presentano un corpo esteticamente e biomeccanicamente adatto alla danza, è una specie di deformazione professionale, siamo in grado di scorgere queste caratteristiche anche nelle persone che incontriamo in giro, in metropolitana o per strada. Quando entro in una classe di danza il mio sguardo viene istintivamente attratto da questi colori, non posso farci niente è una cosa che accade con naturalezza, ma ho anche imparato a non pensare che un corpo con queste caratteristiche sia automaticamente abitato da un’intelligenza che sappia sfruttarne il potenziale. Con questo discorso non voglio lasciar intendere che la persona che non possiede una sufficiente intelligenza somatica sia stupida, vorrei che questo fosse chiaro, come ho già detto le intelligenze di cui disponiamo sono molteplici e ognuna di queste si esprime in un dato ambito dell’esistenza.
Ogni persona ha in sé un particolare assortimento di queste intelligenze, che collaborano per ottenere sempre il miglior risultato possibile in ogni situazione. Magari una persona che non ha intelligenza somatica possiede invece una tale intelligenza scientifica da permetterle di comprendere la meccanica quantistica, credo che sapere dell’esistenza di queste diverse intelligenze sia utile affinché ognuno possa svilupparle nell’ambito in cui ha maggior talento e predisposizione, verso lo sviluppo di quella che Hillmann chiamava la propria “ghianda”, il proprio seme.
Da una ghianda non può nascere un ulivo ma solo una quercia, e questi alberi sono tutti già racchiusi nei loro piccoli semi, in forma potenziale ma già lì nella loro interezza. Credo sia molto utile per la realizzazione personale riconoscere il proprio seme e metterlo nel luogo giusto e nelle condizioni migliori per poter germogliare (qualità della terra, umidità, esposizione solare) perché quando questo accade lo sforzo sarà ripagato anche dai risultati. In caso contrario saremo come un seme di quercia che pretende di crescere come un ulivo e questo non porterà che fatica, smarrimento e frustrazione.
Per noi insegnanti credo sia interessante riconoscere la particolare commistione di intelligenze che dimora negli studenti, per sostenerli e trovare la chiave che funziona meglio per ognuno di loro, incontrandoli nel loro territorio con il linguaggio e la modalità più efficaci. Inoltre riconoscere queste particolarità ci consente anche di consigliarli nel caso volessero fare un mestiere di danza, sia esso stare sulla scena, insegnare, creare coreografie, assistere i coreografi o guidare le prove, ad esempio. Ognuna di queste intelligenze può rivelarsi preziosa per ricoprire uno di questi ruoli.
Per farlo possiamo cominciare a osservare noi stessi, quali sono le nostre intelligenze più sviluppate e quelle che si manifestano con più fatica perché ogni volta che pratichiamo l’osservazione del sé, sarà sempre più facile poi imparare a riconoscere gli stessi aspetti nell’altro.
Bellissima immagine di Kike Calvo
Titolo: “classic ballerina at Yale”