Lia Courrier e la “motivazione” nella vita dei giovani danzatori: maschi e femmine..

di Lia Courrier
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Nello sviluppo dell’embrione la resistenza gioca un ruolo fondamentale per il corretto svolgersi di tutti quei processi che porteranno infine alla formazione di un essere umano, pronto e completo per affrontare il delicato momento della nascita e poi della vita futuro come individuo. La resistenza offre l’opposizione indispensabile che permette alla crescita di non espandersi all’infinito in modo indifferenziato, ma di orientarsi in una data direzione, organizzandosi attorno ad uno o più fulcri organizzatori. 

La resistenza intrattiene una intima relazione con l’evoluzione, quindi, e non solo per quanto riguarda lo sviluppo del corpo fisico, ma anche per ogni aspetto dell’essere. Lo sbarramento, il confine, il limite percepito in seguito al manifestarsi di una resistenza, ci mette di fronte a due possibilità: o retrocedere e battere la ritirata, oppure incrementare l’energia e fronteggiare la situazione, passando ad un altro livello in termini di forza e consapevolezza. Riuscire a non essere schiacciati dal peso di una resistenza, è un’esperienza che ci porta ad un profondo cambiamento, e ad una maggiore conoscenza delle proprie potenzialità, poiché per riuscire a farlo è necessario attingere alle risorse vitali connesse alla sopravvivenza. Superare una resistenza è un’impresa che si compie attraverso l’istinto, non con l’intelletto, è qualcosa che richiede tutto il nostro impegno e tutta la nostra motivazione. 

Questa credo sia la parolina magica. 

Questa settimana voglio prendere al volo il filo lanciato da Suzan Tunca, nella bella intervista pubblicata proprio lunedì su DHN (firmata da N. Abbattista e C. Consalvo), che parla dell’importanza della motivazione come presenza imprescindibile per potersi realizzare come danzatori. Ho proprio voglia di interrogarmi e condividere con voi delle riflessioni per esplorare il significato profondo di questo concetto, perché credo sia il nucleo vitale non solo del divenire danzatori, ma di ogni azione che compiamo quotidianamente. 

Credo che la motivazione, innanzitutto, sia qualcosa che riguarda noi e soltanto noi stessi. Un fuoco vibrante che ognuno coltiva e mantiene acceso con i propri strumenti, proteggendolo da qualsiasi corrente esterna, alimentandolo ogni giorno, per godere appieno della sua pura luce e del suo calore. Nessuno può darci una motivazione per cui valga la pena battersi, poiché sposare quella di qualcun altro vorrebbe dire vivere nella menzogna. Allo stesso modo la motivazione non cerca conferme o lusinghe dagli altri, fosse anche il maestro più venerabile del mondo: nel momento in cui cerchiamo l’approvazione altrui vuol dire che la nostra motivazione si sta affievolendo, oppure è del tutto spenta. Questo non equivale ad una sconfitta, nessun fallimento. Viviamo in una condizione di costante cambiamento, nel flusso dell’esistenza, e quindi anche le motivazioni possono esaurirsi, temporaneamente o definitivamente, anche quelle che percepivamo come punti fermi imprescindibili dalla nostra stessa persona. A volte nuove motivazioni possono prendere il posto delle precedenti, altre volte sono sempre le stesse che si trasformano. Essere onesti con sé stessi è essenziale per percepire queste trasmutazioni e riuscire a vedere la strada da percorrere per poter condurre un’esistenza in armonia e non in una dolorosa guerra contro noi stessi. 

Il fuoco della motivazione viene acceso in tutto il suo splendore nel momento in cui incontra una resistenza. In queste occasioni, se la motivazione è sincera e ben radicata, si esprime in tutta la sua potenza per far fronte alla difficoltà. Un esempio frequente, a cui molti insegnanti di danza probabilmente hanno assistito, è quello del maschio che desidera danzare. Mi è capitato diverse volte di osservare come i ragazzi possono dimostrare una incredibile rettitudine e costanza nello studio della danza, che li porta ad ottenere grandi risultati in poco tempo, proprio perché spesso devono far fronte al pregiudizio diffuso e alle resistenze delle famiglie, che non sempre vedono di buon grado che il proprio figlio maschio voglia fare il ballerino. So che sembra di parlare del secolo scorso, ma ancora questo sentimento, purtroppo, è molto diffuso e la proporzione tra allievi maschi e femmine parla chiaro. La resistenza stimola il fuoco della motivazione in questi ragazzi, che sono portati ad impegnarsi spremendo fuori dal corpo tutta la danza possibile pur di bruciare e incenerire quel muro. Per le ragazze è quasi scontato frequentare lezioni di danza fin da piccole, non esiste nessuna resistenza, anzi, spesso sono proprio le famiglie a volere che le bambine studino danza, mentre per i maschi è una conquista affermare la propria personalità chiedendo di poter studiare danza.  

Quando la propria motivazione è così forte da rimanere concentrati sull’obiettivo senza che nulla riesca a portare altrove l’attenzione, giorno dopo giorno, quando ti permette di macinare chilometri senza mai fermarti e superando gli ostacoli, allora questa è un dono che va onorato e celebrato. È una benedizione che ti porterà oltre tutti i ‘no’, i fallimenti, i momenti di crisi, di difficoltà, poiché tutte queste esperienze agiranno da resistenze che ravviveranno il fuoco anziché spegnerlo. Non è sicuramente facile, e a volte può anche far male, ma il fuoco è così: affascina, illumina, purifica e scalda solo se riesci a mantenerti a debita distanza. Se invece inavvertitamente lo tocchi con la mano, allora ti bruci. Ma poi passa tutto, e quella scottatura diverrà un ornamento per il coraggio e l’onestà, da portare con una certa fierezza. 

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