La primavera si fa viva solo a singhiozzi, per ora, ma l’inesorabile incedere della fine dell’anno scolastico procede a grandi passi, come si evince dalle prove che tutti voi starete sicuramente facendo per il saggio di fine anno. Il solito guazzabuglio di idee, appunti, musiche da tagliare, costumi da cucire. Tutto somiglia ad un enorme massa informe e dominata dal caos, ma solo fino all’apertura del sipario. Da quel momento in poi, in qualche modo, tutto fila più o meno liscio e i problemi che sembravano irrisolvibili vengono dissolti a suon di adrenalina.
A proposito di mediatori chimici: avete notato quanto possono essere diverse le reazioni delle persone alla stizza che coglie prima di andare in scena? Dopo tanti anni trascorsi dietro le quinte, ho potuto osservare innumerevoli forme di riti, psicosi e fissazioni, che per ragioni di ordine e spazio cercherò di organizzare in macrocategorie di un elenco, che potrebbe avere per titolo: pazzi fuori scena.
Declino tutti al maschile solo per una questione di comodità.
- Il Superstizioso.
Quello che alla mattina di una prima importante deve scendere dal letto col piede destro, fare colazione con gli stessi alimenti che ha mangiato quando sedici anni prima ha fatto ambo secco alla tombola di Natale, che prepara con una sequenza di movimenti specifica che non serve tanto per riscaldare il corpo, ma contiene secondo lui un potere antisfiga. Lo stesso che prima dello spettacolo semina talismani ovunque: in camerino, dietro alle quinte, qualche volta ho visto addirittura cucire medagliette e santini all’interno dei costumi, per non lasciare nulla al caso. Guai a dare a questa persona un costume viola o in qualsiasi gradazione riconducibile a quel colore, sarebbe capace di farsi licenziare piuttosto che indossarlo; guai a dirgli ‘buona fortuna’, partirebbe subito con il sale, le formule magiche e i gesti scaramantici, per scacciare la sfiga che gli avete buttato addosso, una tale sapienza in fatto di malocchio che a confronto la strega cattiva dell’Ovest era una principiante.
Il suo momento preferito è quando si urla tutti insieme per tre volte merda!merda!merda!
Ma solo se il rituale viene eseguito pedissequamente. Lo trova catartico. - Lo ZEN
Qualche ora prima che lo spettacolo cominci, lo ZEN si chiude in muta meditazione. Il suo corpo continua ad eseguire azioni, ma la sua presenza è totalmente assorta nell’osservazione della quiete. Non ama parlare con nessuno, si muove silenzioso e felpato come un ninja, spostandosi felino dalla truccatrice alla costumista, come se non esistessero. A chi osa rivolgergli una domanda o una di quelle battute goliardiche tanto amate dalla gente di teatro, lui indirizza il suo sguardo, trafiggendo il poveretto con pupille ferme, serissime e accese di una qualche energia oscura, che non attende altro che esplodere al momento giusto. Inquietante. Il più delle volte il tradizionale frastuono e la confusione che c’è dietro alle quinte, prima di una rappresentazione, non lo scalfiscono neanche: lui si muove in un altra dimensione, superiore, un altrove misterioso e mistico dal quale pare trarre ispirazione e forza. - L’Anfetaminico
Quello che non ce la fa a stare zitto e continua a parlare con tutti ininterrottamente per scaricare l’energia in eccesso. Parla di tutto: del tempo, del cibo, dei vestiti, di quello che ha visto a teatro negli ultimi venticinque anni, di dove andrà in vacanza, del suo cane, del suo gatto, di sua nonna, della fisica dei quanti, del ruolo dell’economia capitalista nella deriva consumistica nell’uomo moderno e chissà di cos’altro. Peccato che nel frattempo asciughi anche l’energia di chiunque gli capiti a tiro. La reazione delle persone all’anfetaminico può essere grosso modo di due tipi: chi lo evita, fingendo emicranie, appuntamenti dimenticati e ricordati improvvisamente, telefonate fantasma, svenimenti o qualsiasi cosa possa mettere in salvo all’istante da quel fiume di parole elettrico e corrosivo, che travolge non appena il tuo sguardo incrocia quello dell’anfetaminico in un giorno di spettacolo. Qualcuno invece riesce a stargli di fianco (lo ZEN, probabilmente), facendo passare quel suono ininterrotto in secondo piano, relegandolo ad un rumore di fondo, consapevole che tanto l’anfetaminico vuole solo parlare, non gli interessa ascoltare e neanche essere ascoltato. Gli basta solo la presenza di un’altra unità carbonio nelle strette vicinanze. - Il Ripassone
questa tipologia di pazzo fuori scena trascorre l’ultima mezz’ora prima dello spettacolo, così come ogni intervallo tra le sue uscite, anche il più insignificante, a ripassare continuamente le coreografie. Lo fa ormai senza neanche accorgersene, ripete gli stessi gesti centinaia di volte, specie quelli che destano preoccupazione per difficoltà tecnica. Ripassa facendo tutto a forza piena, ripassa accennando i passi, a volte addirittura lo si può vedere ad occhi chiusi e fronte corrucciata che gesticola nel buio: sta ripassando nella mente. Questa abitudine ovviamente gli fa spendere più energia di una centrale nucleare, non solo si muove senza sosta, ma a questa tensione fisica si deve aggiungere lo stress emotivo alla base della mania compulsiva: vive nel terrore di avere un vuoto di memoria in scena. Del resto anche un suggeritore non sarebbe utile allo scopo, l’unico modo che abbiamo noi danzatori per ricordare i passi è fare affidamento alla nostra capacità mnemonica. - Il Toilette
Lui lo sente nell’aria già fin dalla mattina, anzi più che nell’aria lo sente nella pancia: stasera devo andare in scena. L’intestino scoppiettante come una pentola di fagioli, una leggera nausea, inappetenza. Basta mandare giù due sorsi del tè mattutino ed ecco che lo stimolo impellente si presenta, costringendolo ad una prima seduta sul trono. La prima di molte a venire, a dire il vero: continuerà così fino all’inizio dello spettacolo, in un particolarissimo giro turistico di tutti i bagni pubblici che si trovano sul percorso da casa a teatro.
Il Toilette nei giorni di spettacolo diventa un tubo, ritorna nello stato primordiale di lattante: tutto quello che entra dalla bocca dopo dieci minuti esce dall’altra parte. Altro che farfalle nello stomaco, sarebbe più corretto parlare di Attila con tutti gli Unni che si danno da fare rumorosamente! Per fortuna la musica dello spettacolo coprirà gli eventuali borbottii molesti.
Che tu sia amatore, principiante o professionista, se sei un Toilette non hai che da rassegnarti ad una pulizia profonda del colon ogni volta che andrai in scena.
Ma non disperare, grazie al Superstizioso puoi averne certezza: la merda porta fortuna!