Da tempo osservo sui social un proliferare di video in cui bambine evidentemente al di sotto dei dieci anni eseguono coreografie sulle punte, a volte addirittura variazioni di repertorio, che sarebbero complesse anche per una solista esperta e navigata. Sotto a questi video, nei commenti, complimenti entusiasti per le micro ballerine. Evitando di discutere di quei casi in cui la tecnica è evidentemente disastrosa, con le povere caviglie che sembrano sul punto di spezzarsi nel tentativo di eseguire impossibili evoluzioni scoordinate, esistono bambine che effettivamente dimostrano di aver appreso un controllo ed una precisione, nell’uso delle punte, precoci e mirabili per la loro età, ma non è questo il punto.
Più volte nelle pagine di questa rubrica ho ribadito quanto, secondo me, sia importante seguire un cammino formativo fondato sulla coerenza e sul rispetto dell’età fisica, cognitiva ed emotiva degli allievi, per questo al cospetto di tali contenuti non posso che rimanere quantomeno perplessa.
La scarpa da punta è l’oggetto-feticcio che più di tutti esprime simbolicamente il dualismo profondo, intrinseco delle ballerine, creature simili a fiori d’acciaio: il messaggio che comunicano al mondo è leggerezza soave, così sospese in un delicato equilibrio sulla punta di un piede, mentre dentro si trovano a dover fare quotidianamente i conti con la fatica che questa esistenza da farfalla comporta. Non si tratta di uno strumento da utilizzare con superficialità: chi indossa le scarpe da punta deve essere pronta non solo fisicamente, ma anche emotivamente, perché oltre ad una notevole forza muscolare per issarsi in cima alle dita dei piedi, vengono richiesti anche autocontrollo e fermezza, per imparare a gestire il dolore che questo tipo di lavoro provoca, prima di diventare abbastanza esperte da non sentirlo più.
Tutte le bambine, dopo qualche anno di studio della danza, sognano di indossare un paio di punte. Anche molti genitori non aspettano altro che vedere la propria figlia issarsi su quelle scarpette di raso, ma ci sono delle cose che bisogna conoscere sullo sviluppo della struttura muscolo scheletrica e alle interferenze che un uso troppo precoce di questa calzatura potrebbe provocare.
Innanzitutto mi preme dire che molte allieve non possiedono le caratteristiche fisiche idonee per utilizzare le scarpette da punta, senza rischiare danni alla struttura. Solo una minoranza di allieve possiede quelle caratteristiche biomeccaniche che consentono loro di affrontare questo tipo di studio. È per questo che nelle accademie professionali più prestigiose bisogna superare una severa selezione fisica d’ingresso: le punte non sono per tutte.
È importante anche dire che lo scheletro umano completa il suo processo di calcificazione intorno ai 25 anni, mentre l’arco plantare si sviluppa tra i 6 e gli 8 anni, questo vuol dire che in quel momento ossa, articolazioni e allineamento sono ancora vulnerabili e suscettibili alle sollecitazioni esterne, sia tensive che compressive, per questo credo sia potenzialmente dannoso far indossare ad una bambina di soli otto, nove anni un paio di scarpe da punta, costringendola ad un carico eccessivo su una parte del piede che si trova ancora nel pieno del suo sviluppo, per non parlare delle ripercussioni su ginocchia, bacino e colonna vertebrale. Qui non si parla di opinioni, ma di anatomia dello sviluppo, non ci sono interpretazioni da fare. Anche qualora la bambina in oggetto fosse un piccolo prodigio della danza, anzi a maggior ragione, bisognerebbe preservare la salute di chi possiede quello speciale talento che potrebbe aprire le porte ad una carriera professionale, attendendo almeno i 12 anni per affrontare questo passo importante così delicato e impegnativo, magari lavorando nel frattempo per costruire la forza e la tenuta muscolare. In questo modo, quando sarà il momento, si potranno indossare le scarpette senza alcun rischio e in totale sicurezza.
Infine, mi viene da pensare: ma se una bambina a nove anni si è già misurata con il ruolo di Odile, giusto per citare un esempio tra quelli che ho visto con i miei occhi, cosa farà a diciotto? Non si troverà senza obiettivi da raggiungere avendo già interpretato i ruoli più difficili e ambiti? Odile seduce, le sue movenze sono quelle di una creatura soprannaturale e ammaliante, consapevole del suo fascino, come può una bambina di nove anni affrontare dal punto di vista artistico e interpretativo lo studio di questa variazione, senza limitarsi a scimmiottare dei movimenti? Non sarebbe più rispettoso costruire una coreografia dedicata, adatta al livello tecnico e al potenziale espressivo di una piccola ballerina? Penso che questa dovrebbe essere la premura di ogni insegnante di danza dotato di intelligenza didattica e pedagogica: condurre per mano gli allievi giorno per giorno, senza mai obbligarli a fare il passo più lungo della gamba (mai modo di dire fu più azzeccato).
Inviterei anche i genitori a riflettere su queste tematiche, dal momento che spesso sono proprio loro a chiedere alle maestre di far mettere le scarpe da punta. È molto importante scegliere e fidarsi dei professionisti a cui affidate i vostri ragazzi: quando una maestra vi spiega le motivazioni per cui ancora non è possibile indossare le scarpe da punta, avrete la prova che si tratta di una persona seria e competente, che ha a cuore la salute delle allieve. Un’insegnante di cui fidarsi e da non abbandonare.