Lia Courrier: “Fantasia di Walt Disney come apoteosi del balletto”

di Lia Courrier
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Il numero di questa settimana vuole omaggiare un’altra grande personalità del mondo dell’arte che nutre una genuina passione per la danza: Walt Disney.

Credo di poter affermare che “Fantasia” sia stato uno dei suoi progetti più ambiziosi e all’avanguardia: un film di animazione rivolto non solo ai bambini ma anche ad un pubblico adulto, che avesse come concetto centrale quello della sinestesia, ossia far dialogare intimamente immagini e musica fino al punto da portare lo spettatore a ‘vedere’ i suoni e ‘ascoltare’ le immagini.

Questo film fu un vero fiasco, quando nel 1940 uscì nelle sale, ci vollero decenni prima che il grande lavoro svolto per la realizzazione di questa opera, e la genialità dell’idea che vi sta alla base, ricevessero l’attenzione meritata. Oggi “Fantasia” è considerato un capolavoro indiscusso di questo genio riconosciuto e controverso che era Walt Disney.

Il film è intriso di omaggi alla danza, se ne scorgono un po’ ovunque, in ogni episodio, ma quello che per me rimane una delizia assoluta è “la danza delle ore” dalla Gioconda, di Amilcare Ponchielli. Dopo aver visto la versione disneyana di questa composizione non sarà più possibile immaginare altra danza su questa partitura musicale, la più divertente mai realizzata.

Tutti i personaggi scelti per raccontare questo delirante balletto, sono l’incarnazione stessa dei diversi aspetti della danza, e dei danzatori, resi con grande ironia e non senza una nota di sarcasmo nella presentazione di un corpo di ballo e dei suoi solisti.

Gli struzzi aprono le danze, con quelle buffe ginocchia che si piegano al contrario (che avranno dato parecchio da fare agli animatori per rendere credibile il movimento delle gambe), grandi piedi nelle scarpette di gesso, un elegante fiocchetto sulla testa e un nastro nero attorno al lungo collo, come le ballerine ritratte da Degas, le piume della coda a formare soffici tutù svolazzanti. Le signorine danzano cercando di fare del proprio meglio, fino al momento in cui l’ordine costituito non viene scosso dalla solista che, con una cornucopia tra le ali, lancia della frutta al corpo di ballo, che accoglie la proposta ingurgitando tutto senza neanche sbucciare.

L’uva viene contesa in una danza di becchi, e infine cade nella fontana, passando il testimone agli adorabili ippopotami. Geniale il contrasto tra l’idea comune della ballerina magra e leggera, con la mole di questa venere che sembra ritratta da Rubens, mentre sorge dalle acque della fontana mangiucchiando acini e sbattendo vezzosamente le ciglia. Subito le ancelle le portano un gonnellino trasparente da indossare, che però non riesce neanche a coprire lo stretto necessario. La qualità di movimento di questa valente danzatrice, però, è così aggraziata e leggiadra che presto ci si dimentica di essere davanti ad un pachiderma, specie nell’esecuzione di quei graziosi saut de chat velocissimi.
È quindi la volta dei coccodrilli, a rappresentare il ruolo maschile per eccellenza: il principe, completo di mantello e baschetto con la piuma. Arrivano nella notte, approfittando di un appisolamento della venere in tutù. Uno di loro ha il sopravvento sugli altri, la guarda languido, non si capisce bene se per passione amorosa o culinaria, ma poco importa, lei si sveglia e attonita cerca di coprire le nudità con quell’inadeguato gonnellino. A questo punto si svolge la scena per me più esilarante in assoluto: l’ippo-ballerina corre via lontano, così tanto da diventare un piccolo punto e sparire all’orizzonte, per poi, sul crescendo musicale, ritornare e spiccare un volo incredibile con l’aspettativa che il povero cocco-ballerino riesca a prenderla in un lift. Peccato che lui alla fine venga completamente schiacciato sotto il corpaccione pachidermico, fino a sparire totalmente. Lo vediamo quindi sgusciare di lato, parecchio provato, e prodigarsi in una promenade in arabesque nella quale, al terzo giro, decide di sedersi sulla gamba di lei che continua a girare in perfetto balance.

La musica di Ponchielli è composta di quattro movimenti, di cui l’ultimo è un can can travolgente. Qui tutti i protagonisti di questo balletto bestiale (in senso letterale) si scatenano in danze dinamiche piene di salti, con un finale esplosivo in cui i coccodrilli rapiscono le ballerine portandosele sulla testa – una specie di ratto delle Sabine –  per raggiungere l’apice in una serie di prese acrobatiche della coppia principale fino ad un rocambolesco epilogo in cui crollano le scenografie, crolla il palco e persino le porte del teatro.

Sipario.

Applausi.

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