I miei schemi mentali mostrano un’innata tendenza al comportamento maniacale. A volte quando faccio le pulizie di casa parto proponendomi di fare giusto l’indispensabile ma poi mi basta posare l’occhio magari sotto un mobile e vedere polvere o piccoli oggetti finiti lì per caso (o portati lì dalle mie gattine) per perdere l’autocontrollo. Allora comincio a ribaltare la casa per togliere ogni minima traccia di sporco, fare le “pulizie di fino” come le chiama qualcuno, che per me vuol dire consumare le piastrelle a forza di strofinare, non so se mi spiego. È un processo che non riesco ad interrompere finché non mi ritengo soddisfatta, non importa quanto tempo ci voglia ed è indescrivibile il senso di soddisfazione che ne segue.
Nel mio lavoro di insegnante di danza questa tendenza trova un ambiente accogliente, in cui può manifestarsi come virtù, i miei allievi sanno quanto a volte riesca a stargli addosso analizzando ogni minimo dettaglio tecnico al punto che a volte quando stanno per provare un movimento e vedono il mio sguardo posarsi su di loro rimangono fermi in quinta senza riuscire a partire perché le cose a cui pensare sono troppe e la sensazione di sbagliare è dietro ad ogni respiro. Credo molto nella necessità di queste “pulizie di fino” per riportare attenzione ai dettagli e alle nozioni di base, perché è proprio l’aver acquisito e interiorizzato le basi a donare una lucente chiarezza ad ogni movimento che eseguiamo.
Vedere un allievo eseguire il movimento di port de bras di preparazione, portando consapevolezza a tutto il corpo e coordinando correttamente le braccia e la testa, con presenza, intenzione e musicalità, per me ha già detto tutto, non occorre che faccia altro per convincermi e anche se poi l’esecuzione non dovesse essere tecnicamente perfetta il valore del suo lavoro rimarrebbe invariato ai miei occhi, in virtù di quella cura e attenzione al dettaglio che letteralmente amo in un danzatore.
Esistono invece atteggiamenti diffusi e condivisi nella popolazione degli allievi che mi fanno drizzare i capelli sulla testa ogni volta che li vedo (ma loro non possono accorgersene perché i miei riccioli sono sempre un po’ spettinati). Ai loro occhi si tratta di piccole e trascurabili imperfezioni, inezie, ma per me è come se gettassero al vento tutto il lavoro svolto fino a quel momento. Vado ad esporre quindi un breve compendio di quelli che mi irritano di più, senza un ordine di grado: mi disturbano tutti allo stesso modo.
Ogni volta che vedo questo è come se mi gettassero sabbia negli occhi: la chiusura del Battement Tendu avanti in due tempi, prima il tallone e poi un rapido colpetto per ruotare anche la punta del piede. Questo atteggiamento indica che durante la strada del ritorno si è totalmente perso il controllo della rotazione esterna dei femori, nonché la relazione e il mutuo sostegno delle due gambe. È un ingresso che denota sciatteria e pigrizia perché il momento in cui le gambe si incontrano nuovamente è in verità quello più saporito, in cui maggiormente si lavora in profondità per dare potenza e forza alla quinta posizione, la “casa” del ballerino, come la chiamava George Balanchine, da cui poi ripartire al meglio per qualsiasi altra avventura sia prevista dalla sequenza. Quel colpetto, se proprio vogliamo andare a guardare più a fondo (ecco la “inner massaia” che affiora) ruota soltanto la parte bassa della gamba, costringendo il povero ginocchio a ricevere forze torcenti e dannose. Quando le gambe sono ben ruotate e spingono con forza contro la terra l’ingresso del Battement Tendu avviene in un solo movimento: preciso, puntuale, chiaro.
Altro atteggiamento che mi fa alzare gli occhi al cielo alla ricerca di un aiuto dall’alto: mollare il ginocchio nell’ingresso in quinta del Battement Tendu, da ogni direzione dell’En Croix. Cari miei, troppo comodo abbandonare il ginocchio per poi distenderlo una volta arrivati in quinta, così ci si perde la parte più importante del lavoro! Quando succede è solo perché siamo seduti sulla gamba di terra e così l’altra non ha spazio sufficiente per passare e non cercate scuse tipo: “maestra ma la forma delle mie gambe mi impedisce di tenere il ginocchio teso” perché non mi fregate. L’unica cosa da fare, qualunque sia la forma delle gambe, è spingere bene contro la terra, percepirne il supporto, sentire questo moto di risucchio del centro del corpo verso l’alto, allungare la colonna vertebrale e attivare addome e schiena. Solo così saremo belli alti sulla gamba di supporto lasciando all’altra che sta tornando a “casa” il vialetto libero. La chiusura in quinta si cerca proprio a partire dalla parte più alta della coscia, poi le ginocchia si incrociano proprio al di sotto del pavimento pelvico e infine i piedi trovano il loro posto dopo aver strisciato per bene fino a consumare le scarpette. Ancora una volta: la chiusura in quinta si fa con un solo movimento, un solo tempo, tutto insieme, con controllo.
Altra cosa che mi porta terribili incubi di notte: quando nella preparazione della Pirouette en dehors dalla quarta si muove il piede davanti o si solleva il tallone dietro prima della partenza. Ragazzi, mettetevela via: la tecnica della danza classica è molto chiara, esistono descrizioni dettagliate su come eseguire praticamente ogni movimento, quando applichiamo questa tecnica con precisione i movimenti che ne risulteranno saranno quelli corretti. La partenza della Pirouette è un movimento rapido, esplosivo, repentino e unitario. Ci sono delle zone che, a seconda anche della posizione e del senso del giro, possono considerarsi delle “accensioni” del movimento, parti del corpo che in qualche modo “guidano” la rotazione ma nessuna tecnica oggi conosciuta prevede la preparazione della preparazione al giro.
Dalla quarta posizione che prepara per il giro En Dehors, in Plié, si sale direttamente e il più velocemente possibile verso il Retiré, in accordo con ogni altra parte del corpo che collabora per orchestrare il movimento con il giusto timing, non c’è storia, ogni tentativo di trovare strade alternative non solo non porterà a risultati soddisfacenti ma non è previsto dalla tecnica che ci trasmettiamo da secoli.
Infine ecco un altro flagello: il Battement Fondu con le due gambe che non stendono insieme e il braccio che arriva quando vuole. La coordinazione tra i comparti del corpo è molto importante per eseguire qualsiasi movimento presto dalla tecnica classica, ma nel Battement Fondu è proprio fondamentale, il suo segno di riconoscimento, se non si riesce a coordinare il corpo qui non so in quale altro contesto si possa lavorare con tale precisione in questo senso. Le due ginocchia si piegano insieme e si stendono insieme, è come se la parte bassa del corpo respirasse, la relazione con il pavimento vive di questo movimento pulsatorio di avvicinamento e allontanamento dal suolo ed è proprio grazie a questa storia di attrazione e repulsione da e verso il pavimento che prepariamo il corpo a coordinarsi per saltare e atterrare in sicurezza.
Da brava scorpione ossessivo-compulsiva quale sono la lista potrebbe continuare ancora ma questi sono i primi atteggiamenti fastidiosi a lezione che mi sono venuti in mente, ne deduco che possano essere quelli che mi irritano di più, quindi mi fermo qui. Sono certa però che a voi lettori e lettrici ne saranno già balzati in mente molti altri quindi, vi prego, scatenatevi nei commenti, fatemi sapere cosa vi fa pizzicare le scarpette!