Danza e quarantena: CONTRO
Nelle ore successive all’ordinanza che ha fatto chiudere le scuole di danza e i centri yoga, molte persone si sono dimostrate incredibilmente veloci nel proporre il proprio lavoro on line. Nel giro di un paio di giorni non potevo scorrere la mia bacheca Facebook senza incappare in dirette in cui si proponeva ogni tipo di allenamento, lezione, pratica.
Come già detto nella prima parte dell’articolo, ho impiegato molto tempo per decidere di buttarmi nella diffusione di contenuti on line, perché questa modalità non è del tutto allineata con la mia etica personale, la mia idea di corretta trasmissione dei principi e la sicurezza degli allievi. Così, questa diffusione di contenuti totalmente gratuiti, in modo indiscriminato, mi ha fatto molto pensare, per non dire arrabbiare, perché nel mio sentire non c’era alcun motivo di affrettarsi così tanto a colmare quel vuoto che percepivo come necessario e da rispettare.
Durante le prime due settimane, la realtà di ciò che stava accadendo ha cominciato a delinearsi, abbiamo tutti compreso che si sarebbe trattato di un lungo periodo di sospensione dal lavoro, ci siamo trovati di fronte ad una situazione totalmente nuova, da accettare, ancor prima che gestire. Per questo mi sembrava giusto non intasare questo spazio vuoto con le mie lezioni di danza e pratiche di yoga, anche perché in rete esiste talmente tanto materiale in merito, che non avrei certamente aggiunto nulla che non fosse già disponibile.
Quando poi è arrivato il momento anche per me di ripensare all’organizzazione del mio lavoro, mi sono trovata a dover mediare, cercando di sostenere gli allievi, da una parte, ma anche di non svendere le mie competenze con una distribuzione gratuita e pubblica. Negli ultimi anni mi sono data come obiettivo quello di non dimenticarmi mai quanto impegno mi sia costato arrivare dove sono, in termini di tempo, denaro ed energia. Tutti i corsi di formazione, gli anni spesi ad ascoltare il corpo, a studiarlo, a leggere ogni sorta di libri, manuali, saggi. Tutto il tempo a viaggiare per seguire questo o quel maestro. Ecco chi sono: il risultato di tutto questo peregrinare tra pratiche, insegnamenti, esperienze, cadute e conseguenti risalite, un elenco infinito di bellezze e bruttezze.
Tutto questo ha un valore, e il fatto che siamo in emergenza secondo me non lo svaluta, anzi, se possibile ne aumenta la preziosità, perché pensare ad una lezione da guidare on line non è per niente semplice. Non puoi tenere d’occhio tutti, non puoi correggerli col tocco, ma solo verbalmente, quindi devi avere quelle conoscenze nel corpo, ma anche sintattiche e cognitive, che ti consentano di dare indicazioni chiare e risolute, perché gli allievi possono vederti, ovvio, ma per quello che riguarda il loro sentire, hanno come guida solo la tua voce.
Senza alcun giudizio, perché siamo in una situazione estrema, e quindi estreme sono anche le reazioni delle persone, intuisco che molti insegnanti abbiano percepito questo vuoto temporale che si è creato come una minaccia. Una minaccia al loro lavoro, certo, ma anche alla propria persona. Scommetto che molti di noi hanno avuto la percezione che senza gli allievi a riempirci quotidianamente le giornate, a concederci di occupare quel ruolo, fosse un po’ come sparire dalla faccia della terra. Ecco perché fin da subito tanto affannarsi per esserci, per ribadire la propria presenza e tenere ben teso quel filo così importante che ci connette con loro.
Comprendo benissimo.
Purtroppo, però, il concetto ‘lavoro gratuito’ è un ossimoro, nel senso che se è gratuito allora non è lavoro, e quindi dopo due settimane meditabonde ho deciso di rimanere fedele alla mia idea fino in fondo. Diffondo qualche video tutorial gratuitamente ma in forma privata, solo ai praticanti che mi seguono già da tempo; qualche pratica di yoga completa, registrata, che lo studio per cui lavoro distribuisce privatamente ai soci e che mi viene retribuita; infine delle lezioni in diretta, di yoga e di danza, in videoconferenza, anche queste con riconoscimento economico.
Certamente saremo tutti d’accordo nel dire che non si può neanche lontanamente paragonare la lezione in videoconferenza con ciò che, speriamo, torneremo presto a fare in sala, però certo è che si tratta di lavoro, di impegno, e di competenze. Si può pensare di applicare costi parziali, offerta libera, prezzo simbolico, ma la gratuità totale per le lezioni in diretta io proprio non la concepisco, a meno che non si insegni danza per hobby, il che vorrebbe dire , però, portare sulle spalle un bagaglio totalmente diverso da quello sopra descritto. Già la nostra è una categoria che a fatica si impone come un mestiere, se poi siamo proprio noi i primi a non dare valore a ciò che facciamo, mi chiedo chi mai dovrebbe farlo al posto nostro.
È di qualche giorno fa l’abominevole proposta che il comune di Catania, nella persona di Barbara Mirabella, assessore alla cultura della città, pubblica sui canali digitali. Riporto uno stralcio della lettera invito che porta la sua firma: “L’hashtag dell’iniziativa è #plateaComune, il nostro modo per stare accanto alla cittadinanza, chiamata a restare in casa per arginare la diffusione del virus. Eventi live, chiacchierate culturali, per 10/15 min., dai live di musica jazz, pop, folk, classica, alle fiabe raccontate dagli attori la mattina presto, alle lezioni di storia dell’arte sui pezzi delle nostre collezioni civiche, il balletto classico, la pittura, al dj set a tarda sera.
Vi chiedo, a nome mio e di tutto il team dell’Assessorato alla cultura del comune di Catania, di agire GENEROSAMENTE, dimostrando l’incontenibile energia positiva che solo l’arte e la cultura sanno sprigionare”. Ecco. Se sei indignato mentre leggi queste parole, se non senti questa ‘incontenibile energia positiva’, se pensi che un Assessorato alla cultura che promuove agli artisti di prestare la propria opera gratuitamente (tra l’altro in modo subdolo, sostituendo ‘gratuità’ con ‘generosità’) sia indegno, hai proprio ragione da vendere, ma allora capirai perché anche gli insegnanti di danza non dovrebbero prestare la propria opera a titolo gratuito. Neanche in una situazione di emergenza, perché quando questa finirà, bisognerà ricominciare da qualche parte, e io non voglio ripartire da una prestazione hobbistica e gratuita. Per fortuna la danza, a differenza che lo yoga, poco si presta ad essere trasmessa attraverso il messo tecnologico, quindi confido che una volta fuori dall’isolamento, le persone abbiano piacere a tornare in sala a studiare con i maestri in carne ed ossa, anziché con un fantasma digitale, ma assisto già a un preoccupante proliferare di corsi per insegnanti di danza da seguire on line, per una manciata di ore, ovviamente. Perché laddove c’è una crisi, esiste sempre qualcuno a caccia di un nuovo mercato da sviluppare.
Ma questa è un’altra storia, di cui magari parleremo un’altra volta.