Lia Courrier: “I passi più difficili da eseguire. Almeno per me”

di Lia Courrier
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La mia prima formazione con la danza è stata con il balletto classico, studio che ha messo pesantemente alla prova il mio corpo che non possiede quelle caratteristiche morfologiche e qualitative che la tecnica richiede. Ho dovuto lavorare sodo per forgiarlo, rendendolo il più possibile strumento adatto a questo linguaggio e devo dire che alla fine della mia formazione avevo ottenuto una certa padronanza dei movimenti, anche quelli tecnicamente più richiedenti. Per il saggio di fine triennio avevamo studiato una coreografia di George Balanchine bellissima ma difficilissima che mi aveva tanto divertito studiare e portare in scena.

Passavo le mie giornate a seguire una lezione dopo l’altra con una determinazione e una dedizione che, con uno strumento organico più adatto, mi avrebbero certamente portata lontano. Ho sempre compreso profondamente le correzioni che i miei insegnanti mi assegnavano ogni giorno, dedicando ogni energia disponibile per portare quelle indicazioni nel corpo in modo permanente. Praticamente non ho fatto altro per tutta la mia infanzia e la giovinezza.

Purtroppo la genetica non è stata dalla mia parte però posso dire che tutto quello studio approfondito e il continuare a cercare soluzioni alla mia mancanza di spazio, mi hanno portata a sviluppare un incredibile ascolto e conoscenza di questo strumento difficile, abilità che mi ha sempre sostenuta sia sulla scena che -soprattutto- come insegnante.

Ci sono movimenti, però, che neanche in dieci vite altrettanto dedite alla danza penso potrei eseguire correttamente, passi o combinazioni di passi che ho provato a imparare infinite volte senza mai avere risultati non dico perfetti (sarebbe chiedere troppo) ma neanche lontanamente soddisfacenti. Poiché siamo tutti unici e diversi è possibile che qualcuno di voi trovi facilità ad eseguirli, per me quando comparivano a lezione o in una coreografia erano solo pianti e fatica.

Ognuno ha i propri deserti da attraversare, i miei erano questi, in ordine di difficoltà crescente:

1. Grandi giri in attitude derriére en dehors.
Qualcosa qui nella coordinazione non ha mai funzionato veramente. Mentre in tutti gli altri giri percepivo molto bene il corpo investire energia per uno slancio esplosivo alla partenza del giro, che mi piace brillante e veloce, quando dalla preparazione partivo per eseguire questi giri mi sembrava di essere un fuoco d’artificio bagnato. Accendi la miccia che brucia tutta fino in fondo, ma poi non succede niente, una partenza terribile da cui non si può che ottenere un giro altrettanto terribile. Mi sentivo più coordinata quando questo giro era posto a seguito di un altro, per esempio pirouettes en dehors finite con fouetté  en tournant che va nel giro en dehors in attitude derriére, perché in combinazione potevo sfruttare la spinta dei giri precedenti per dare impeto e vigore a quel poveretto che da solo tendeva a deprimersi, a non avere entusiasmo per la vita.  Ho raccolto un’infinità di consigli e correzioni dagli insegnanti, per anni, nel tentativo di portare a casa questo elemento in modo dignitoso ma più di un singolo giro non sono mai riuscita a fare ben eseguito, mentre i grandi giri in attitude derriére en dedans anche tre nelle giornate migliori.

2. Gargouillade

Questo passo è un rebus. Un mistero. Una chimera.
Eppure è così bello quando eseguito in modo corretto, mi ha sempre trasmesso una gioia fanciullesca, la leggerezza delle creature ultraterrene, un malizioso guizzo aereo che sembra (ma non lo è) una specie di pas de chat in versione rococò, in versione “carnevale di Rio”, con la prima gamba che esegue un rond de jambe en l’air en dehors e la seconda che lo esegue en dedans prima di chiudere in quinta posizione. La velocità è tutto per questo movimento, se non possiedi il superpoteri di Flash Gordon non hai alcuna possibilità di successo con la gargouillade, perché non è richiesto saltare tanto quanto essere fulminei e puntuali nell’esecuzione dei ronds, puliti come acqua cristallina.
Puf, puf! Et voilà! Dura solo un istante di grazia infinita, il tempo che ci mette un refolo d’aria a spostare una ciocca di capelli. Questa è la gargouillade.

Io beh, più che acqua cristallina direi impaludata nelle sabbie mobili già solo per coordinare i due sensi di rotazione diversi delle gambe. La mia tecnica normalmente non pecca di coordinazione, come ho già detto non possiedo un grande potenziale nel corpo fisico ma ho sempre avuto un buon istinto per il movimento, fin da piccola riuscivo a riprodurre anche passi che non avevo mai studiato solo guardandoli dai video delle tante VHS che ho consumato a forza di guardare, eppure anche in questo caso, come per il precedente, è stata la coordinazione a fregarmi.

3. Télémaque

Per un periodo ho seguito le lezioni di un maestro francese che veniva dall’Opéra de Paris. All’epoca c’erano tantissimi professionisti che partecipavano alle sue classi, un popolo misto e anche un po’ selvaggio di persone che provenivano da ambiti diversi, non solo balletto (ma tutti lo studiavano ogni giorno, la lezione quotidiana era un appuntamento fisso per tutti coloro che non avevano lezione in compagnia). Si poteva accedere solo se in possesso di libretto E.N.P.A.L.S. (un reperto archeologico del secolo scorso che devo ancora avere in qualche cassetto, ormai incartapecorito per decrepitezza) ma a Milano c’era tanto lavoro e quindi le lezioni per i professionisti erano sempre imballate di gente, alcuni facevano la sbarra attaccati a supporti di fortuna come il pianoforte o la maniglia della porta. Una volta qualcuno ha fatto la sbarra in corridoio fuori dalla sala, guardando le spiegazioni dalla finestra a vetro…che tempi!

Lui spesso lamentava una mancanza di tecnica nella classe e quindi per sfoltire e creare spazio in sala aveva la sua arma segreta: il brisé télémaque. Per chi non avesse mai sentito questo termine, si tratta di una combinazione di brisé volé in varie direzioni – avanti, alla seconda e dietro – che si consuma girando su sé stessi. Ho visto chiamare télémaque anche combinazioni in cui era presente il cabriole, ad esempio, onestamente non ho certezza di quale sia la versione originale (magari qualcuno di voi ce lo può scrivere nei commenti) ma comunque si tratta di una raffica infinita e velocissima di batterie, ossia tutto ciò che il mio corpo ha sempre fatto fatica a fare, data la lentezza già citata. Le persone alte e con le leve lunghe si sa che fanno un po’ fatica a sviluppare rapidità nel gesto e anche se ci sono danzatori incredibilmente lunghi e sorprendentemente veloci, ovviamente, io decisamente non ero tra quelli.

Quando il maestro tirava fuori l’arma segreta, di solito chiedeva di eseguire l’intera sequenza lungo tutta la diagonale, quindi c’era da ripeterla per quattro volte o anche di più, io mi impegnavo al massimo, ritrovandomi però fuori tempo già sul finire della prima ripetizione e totalmente spompata all’ingresso della terza. Nel frattempo lui, con il suo tipico sorriso sardonico, ammirava l’esodo dalla classe di chi non ci provava neanche a ficcarsi in quel ginepraio: aveva raggiunto il suo scopo ispirato da Darwin.

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