Danza e quarantena: PRO
Questo periodo di isolamento si è rivelato infinito, rispetto a qualsiasi possibile previsione della prima ora. Il progressivo aumento delle restrizioni ci ha lentamente segregati in casa e per chi vive in città, come me, senza accesso alla natura selvaggia di boschi e prati, il mondo si guarda attraverso il monitor di un cellulare, di un computer o della televisione. La primavera sta esplodendo, da qualche parte, ma non riesco che a scorgerne solo qualche traccia verdefiorita solo quando porto fuori la mia cagnolina, che Dio la benedica.
Superato il disorientamento iniziale, in cui mi sono limitata ad attendere, con la speranza che si potesse presto tornare al lavoro, mi sono presto resa conto che la sospensione sarebbe durata per un periodo indeterminato di tempo, così ho capito che sarebbe stato necessario dare fondo a quella inestimabile risorsa naturale che il nostro corpo-mente detiene: la capacità di adattamento a qualsiasi condizione, anche la più estrema.
Insegno in una formazione superiore in danza, diretta ad aspiranti professionisti, sapevamo che non avremmo potuto semplicemente sospendere le lezioni ed aspettare che tutto finisse. Chi è abituato a seguire un training giornaliero di diverse ore, rischia di buttare alle ortiche tutto il lavoro se sospende totalmente l’allenamento. Poiché tutte le scuole dello stivale sono state chiuse, abbiamo capito che i nostri allievi rischiavano la deriva, se li avessimo lasciati soli. Così abbiamo deciso, come hanno fatto in tanti, di programmare un orario delle lezioni da seguire attraverso una piattaforma di videoconferenza.
Normalmente non sono una sostenitrice delle lezioni on line, perché vengo dal teatro, il luogo per eccellenza in cui il contatto con persone vive e presenti nello stesso luogo è una componente imprescindibile del lavoro stesso, ma nonostante i mille pregiudizi, mi sono lasciata andare a questa novità con lo spirito da avventuriera. Ovviamente bisogna inventarsi una struttura della lezione tutta diversa, anche per questioni legate allo spazio che ognuno ha a disposizione nella propria abitazione, per questo abbiamo dovuto ripensare la didattica, i metodi di trasmissione e di valutazione del lavoro svolto dai nostri studenti.
Posso dire che al di là del dolore per tutte le persone che purtroppo nella diffusione di questo virus hanno perso qualcuno o stanno male; al di là delle difficoltà evidenti con i nuovi strumenti didattici, soprattutto nella prima settimana; al di là di paure e incertezze per un futuro prossimo che non riesco neanche ad immaginare; questo periodo si sta rivelando una vera epifania per la creatività.
Seguendo le nostre indicazioni, gli allievi stanno producendo materiale video molto interessante, che resterà come cronaca di questo tempo sospeso, mettendo alla prova il proprio potenziale creativo con i mezzi e gli strumenti a disposizione al momento, che sono pochi, ma utilizzando una sorgente illimitata, ossia l’immaginazione: se non è più possibile andare fuori ed estroflettere la propria energia nel mondo, pieno di ispirazioni e spunti che possiamo facilmente raccogliere, non rimane che introflettersi, guardarsi dentro e vedere cosa si trova. CHI si incontra.
Nella nostra esperienza, insegnanti e allievi agiscono quasi alla pari, sostenendosi a vicenda nella ricerca di soluzioni a tutti i piccoli e grandi problemi che questa lontananza fisica ci ha portato. Parlo di lontananza fisica, perché in realtà, sotto altri punti di vista, li sento persino più vicini del solito. Quando sono in contatto con loro attraverso il monitor del mio computer, entro nelle loro case, e loro nella mia, scopriamo un aspetto intimo delle nostre reciproche esistenze, a cui normalmente non avremmo avuto accesso in altre circostanze. Vedo le stanze dove dormono, i loro animali domestici, quel disordine di oggetti, persone e pensieri che tutti abbiamo nelle nostre case in questo momento, perché le stiamo vivendo per 24 ore al giorno, al punto da farle diventare anche luoghi di lavoro, di studio, di solitudini e di vicinanze forzate.
Vedo che tantissimi artisti internazionali si sono prodigati nella produzione di contenuti, non solo formativi, ma anche divertenti. Ci sono centinaia di video delle più importanti compagnie del mondo, che ci mostrano i danzatori a casa alle prese con la quotidianità, con ironia, perché non si è danzatori solo in scena o in sala, ma anche quando si pulisce la casa o ci si prepara il pranzo. La comunità della danza sta facendo sentire la sua voce anche attraverso la pubblicazione di contenuti relativi a spettacoli, che vengono resi disponibili per la visione: la Royal Opera House, la compagnia Peeping Tom, anche il lavoro di Pina Bausch, nonché documentari su danzatori famosi, lezioni delle compagnie e molto altro. Per chi ama la danza, questo potrebbe rivelarsi un momento che, se sfruttato in pieno, donerà davvero tantissimo materiale su cui lavorare, pensare, comporre, indagare. Un momento nutriente e arricchente per ravvivare la fiamma che accende la nostra passione, perché ogni artista ha bisogno di alternare momenti di ritiro a quelli di apertura verso l’atto creativo, poi diretti al pubblico.
Certo, comprendo benissimo la refrattarietà nei confronti del mezzo tecnologico per dare lezione, io stessa ero molto scettica a riguardo, e ci sono delle problematiche reali da considerare, come la questione della musica, che arriva con un lieve ritardo, e quindi gli allievi sembrano meno musicali del solito. L’impossibilità di dare una lezione completa, perché al di là della disponibilità di spazio, esiste anche il problema del pavimento: non si può mica farli saltare sulle piastrelle! Però ci sono altri aspetti che mi hanno sorpresa. Ad esempio: gli allievi dicono di concentrarsi meglio, perché sono da soli a casa, un po’ come in una lezione privata. Mi hanno anche detto che non avendo nessun altro da sbirciare, sentono di potenziare la capacità di memorizzare le sequenze e di gestire le correzioni, sono maggiormente responsabilizzati nello studio. Se da una parte certamente si perderanno alcuni aspetti del lavoro, che non possono essere praticati in questo nuovo contesto, quindi, è anche vero che altri doni inattesi sono comunque arrivati.
Sta a noi valutare che posizione prendere rispetto alla storia del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto.
Ho capito che questo è un momento in cui bisogna davvero restare aperti a tutte le possibilità, valutarle tutte e scegliere quella che più si adatta ai nostri studenti e ai loro obiettivi artistici, in modo liquido e mai lapidario, sempre pronti ad aggiustare il tiro.
L’importante è che tutto questo lavoro, a cui noi insegnanti ci dedichiamo con grande impegno, venga retribuito, ma di questo parleremo nella seconda parte. A domani.