Questa settimana vorrei affrontare un argomento che rimbalza nella mia mente da diverso tempo, ma poiché è alquanto spinoso ho atteso che l’idea maturasse abbastanza chiaramente da poter essere trasposta in una forma scritta difficilmente fraintendibile.
L’argomento in questione è il cosiddetto “ginocchio recurvato” o “genu recurvatum”, per gli amici “ginocchio iperesteso”, un feticcio tra i danzatori, gamba desiderabile e considerata di assoluto pregio, ma che nei trattati di anatomia viene considerata un’anomalia dell’arto e – in quanto tale – oggetto di osservazione e attenzione particolare per garantirne salute e funzionalità.
La particolarità di questa tipologia di articolazione è tale che, in posizione eretta, in carico e in estensione dell’arto, l’angolo fisiologico di cinque gradi venga superato in una quantità che determina l’entità di questa condizione. Seppure non venga menzionata tra le patologie, questa caratteristica rappresenta comunque un fattore di rischio per lo sviluppo di varie patologie future a carico dell’articolazione. Il fattore genetico è la causa prevalente in questo tipo di condizione, in cui si evidenzia un’aumentata lassistà generale o locale dei legamenti, fisiologicamente preposti a sostegno dell’articolazione ma che in alcuni casi non espletano a pieno la loro funzione. Possono esserci però anche altre cause traumatiche o posturali, che causano la presenza di ginocchio recurvato in una o in entrambe le gambe.
Sebbene nella danza quella del ginocchio recurvato sia considerata una dote, soprattutto se accompagnata da caviglia iper-mobile con collo del piede accentuato, questa condizione, specie in presenza di entrambe le caratteristiche, rende le gambe dei danzatori molto vulnerabili senza un’attivazione corretta della muscolatura. Laddove infatti i legamenti non sono efficaci nel contenere l’articolazione, è necessario potenziare la muscolatura per evitare che nel tempo si possano presentare danni da usura o lesioni legamentose ai crociati, ai menischi, stiramenti muscolari a semitendinoso e semimembranoso.
A questo punto è doveroso mettere sul tavolo un’altra questione, ossia il fatto che per molti insegnanti di balletto il comparto muscolare del quadricipite sia percepito come un mostro a tre teste (o forse sarebbe meglio dire quattro), un demone, un satanasso, il male assoluto. Ancora oggi mi capita di sentire indicazioni come “non usare il quadricipite” o commenti da cui si evince che gambe con una massa muscolare considerevolmente tonica sul quadricipite non siano considerate gradevoli dal punto di vista estetico, specie per le donne. L’indicazione citata sopra dovrebbe essere sempre inserita in un contesto, quello ballettistico, in cui le gambe costantemente ruotate verso l’esterno comportano l’ingaggio di altri comparti muscolari per sostenere le gambe nello spazio, come psoas e sartorio, ad esempio. Dire solo di non usare il quadricipite, che è un potente muscolo indispensabile per il movimento e anche per la sicurezza, come vedremo tra un attimo, lascia adito a fraintendimenti. Gli allievi spesso mi dicono preoccupati che sentono il quadricipite contrarsi e io onestamente non so come rassicurarli se non dicendogli che l’unico modo per non usare il quadricipite è reciderlo chirurgicamente con un bisturi, ma che questa scelta estrema potrebbe poi portare ad altri problemi nel controllo del movimento (si scherza, ovviamente).
In realtà è proprio il rinforzo di uno dei capi del quadricipite che “solleva” la rotula (quest’osso sesamoide si trova proprio inserito nel tendine di questo gruppo muscolare), specialmente prezioso il vasto mediale, che va a stabilizzare il ginocchio impedendogli di fluttuare da tutte le parti ad ogni passo, in accompagnamento ad un potenziamento del sartorio e degli ischio-crurali, che sostengono la parte posteriore del ginocchio, altrimenti estremamente esposta ad un sovraccarico.
In prima posizione, quindi, i talloni andranno tenuti in contatto e non separati, per promuovere una corretta propriocezione dell’articolazione in cui femore e tibia dialogano fluidamente tra loro nella trasmissione delle forze dall’alto al basso e viceversa.
Non possedendo personalmente questa caratteristica nelle mie gambe, chiedo sempre ai miei studenti che invece la presentano di darmi feedback nella fase in cui cerco di aiutarli a preservare le proprie articolazioni il più a lungo possibile. Tutti mi restituiscono una grande difficoltà iniziale a trovare lo “sweet point” perché nelle posizioni in cui li porto hanno la percezione delle ginocchia piegate, ma nel tempo e insistendo su questo aspetto specialmente nella prima parte della sbarra, piano piano trovano la giusta misura. Il tempo necessario per controllare e supportare il ginocchio iperesteso con l’attivazione muscolare varia molto da persona a persona, anche in base all’entità di questa caratteristica. Una pratica di attenzione è necessaria ogni volta che si estendono le gambe per non far “scattare” il ginocchio all’indietro, ma cercare di accompagnarlo fino all’estensione con il supporto e il sostegno dei muscoli, che vanno potenziati con un programma di allenamento funzionale dedicato e disegnato perfettamente per le peculiari caratteristiche della persona.
Ciò che bisogna assolutamente evitare è proprio eseguire stretching passivo che vada ad esaltare questa caratteristica, come vedo spesso fare, ad esempio la spaccata con i rialzi sotto ai talloni per oltrepassare i 180 gradi di apertura delle gambe, perché questa posizione con il ginocchio sospeso nel vuoto e in sovraccarico, non fa altro che esporre a ulteriore pericolo l’articolazione, rendendola sempre più debole.
L’accortezza di mantenere una corretta postura nella quotidianità, invece, aiuta molto a sviluppare una corretta propriocezione dell’arto inferiore, bisogna cercare di evitare l’iperestensione ogni volta che l’articolazione si trova in carico. Questo protegge l’intera struttura muscolo-scheletrica anche da varie compensazioni a carico del bacino, ad esempio, spesso avanzato per compensare le ginocchia che vanno eccessivamente indietro in estensione, con potenziale danno anche nella zona lombare che potrebbe venire compressa. Come sappiamo bene, il corpo si comporta come un’unità tensegrita e quindi una vulnerabilità in una sua parte viene presa in carico da tutto il sistema.
Rispetto ad altre anomalie del ginocchio, come il ginocchio valgo, o varo o ipoestensione (ginocchio excurvato), quella del ginocchio recurvato è tutto sommato quella più semplice da gestire, senza rimanere ad una ricerca puramente estetica, comprendendo che si tratta di inginocchio che ha bisogno di attenzione e cura, nonché di un programma di allenamento dedicato.
Ad ogni modo l’indicazione di “sollevare” le rotule attraverso l’attivazione del quadricipite è un’indicazione che consegno spesso a tutti i miei allievi, anche quelli che non hanno alcuna anomalia nel ginocchio, poiché questo consente di mantenere stabilità e solidità. Il vasto mediale mantiene la rotula allineata anche in quei soggetti che non possiedono molta rotazione esterna nelle anche e che quindi rischiano di ruotare solo la parte bassa della gamba creando forze conflittuali nel ginocchio, ma questa è un’altra storia che ho già raccontato e che forse racconterò ancora.