Il mestiere del danzatore è decisamente usurante.
Negli anni in cui danzavo, mi capitava di aprire gli occhi, in certe mattine, con la sensazione che ogni cellula del mio corpo provasse dolore. Non ci deve essere necessariamente qualche patologia ad affliggere il corpo (anche se qualche doloretto che si ripresenta c’è sempre), ma il più delle volte è solo stanchezza, sovraccarico, fatica. Il corpo duole, ma poi basta muoversi e piano piano tutto passa: le articolazioni vengono oliate, i muscoli strizzati e ci si rimette nuovamente in pista per la giornata di prove e spettacoli. In quegli anni pensavo che non potesse esistere nulla di più provante, ma solo perché non avevo ancora mai insegnato. Quando ho cominciato il mio lavoro di insegnante di danza, mi sono resa conto che anche questo mestiere nasconde delle insidie, silenti ma non per questo meno abrasive.
Il maestro di danza spiega spesso gli esercizi da un solo lato, prediligendo istintivamente il lato in cui si ha più coordinazione, forza e controllo, questo porta sul lungo termine al manifestarsi di asimmetrie anche pronunciate ed evidenti, non solo nella postura ma anche nella padronanza del movimento, che fa di questa abitudine qualcosa di poco salutare per il sistema. I tessuti fasciali possono infatti modificarsi plasticamente in modo definitivo, potremmo dire, almeno finché non si cerca di cambiare consuetudine o non si decide di fare una compensazione funzionale al di fuori delle ore di lavoro. Ogni tanto obbligo me stessa a spiegare gli esercizi usando il lato che funziona meno, e mi pare di muovere il corpo di un’altra persona, ma quando lo faccio con costanza sento che l’equilibrio ritorna e mi riprometto di continuare. Purtroppo però le abitudini sono difficili da cambiare quando sono profondamente radicate, così nel giro di qualche settimana ritorno nella mia confort zone. Di fatto il mio bacino è ruotato in modo permanente, un po’ a causa di un passato infortunio ad un ginocchio, ma soprattutto, credo, a causa della mia tendenza a mostrare sempre i movimenti dallo stesso lato.
Il maestro di danza non esegue tutto il riscaldamento, ma spiega spesso accennando, a volte addirittura mostrando con le mani, quando magari la sbarra è già un materiale conosciuto dagli allievi e serve solo un rinfreschino alla memoria. Poi arriva sempre quel momento in cui assegni una sequenza nuova al centro, o uno studente chiede una spiegazione specifica per un movimento, e ti ritrovi a eseguire dei grandi giri o un saut de basque così, a freddo. Non è tanto sentirmi una fetecchia, una ciofeca, a crearmi problemi, mentre mi guardo allo specchio e sembro Gollum nel tentativo di fare qualche zompetto; la questione importante è che le mie caviglie, i miei piedi, le mie anche, la mia schiena, non sono stati debitamente preparati per fare quel movimento, non in quel momento, e mentre lo faccio me ne rendo conto, ma come mediare tra ciò che posso e ciò che devo fare? Si fa quel che si può, e se ho la fortuna di avere qualcuno in classe che esegue già splendidamente quel movimento, gli chiedo di mostrarlo al posto mio.
Il maestro di danza lavora in ampi spazi, spesso con soffitti alti, difficili da riscaldare adeguatamente, e questo ovviamente aggiunge l’ennesimo elemento di disturbo, ossia il freddo invernale. A volte sembra non ci sia scampo al gelo, lo sento entrare nelle ossa attraverso il pavimento ghiacciato, la sua percezione è anche aumentata dal fatto che non ci si muove poi molto quando si insegna. Ogni tanto mi verrebbe proprio da fare la lezione insieme a loro, ma il mio ruolo è quello di guardarli, correggerli e guidarli, non c’è spazio per il mio movimento.
Il maestro di danza, nell’espletare il suo compito, è totalmente focalizzato sugli altri, e questo toglie un po’ di attenzione a ciò che succede ‘dentro’. Molte volte mi ritrovo a mostrare, oltre la versione migliore possibile di un movimento, anche quella da evitare: ginocchia che cadono in avanti, caviglie non sostenute, seconde posizioni innaturali… per evidenziare dove sta l’errore, quell’atteggiamento o abitudine deleteria per il corpo che vedo in molti giovani danzatori, ma tutto questo ovviamente ha delle ricadute sul corpo, e così il mio personale conto da pagare, la cui lista si allunga sempre più, porta in calce una cifra da capogiro.
Tutta questa deleteria routine, però, non toglie l’immenso piacere della trasmissione, del tramandare le sapienze, dell’essere testimoni della crescita degli allievi, assistere al momento in cui diventano indipendenti, maturi e consapevoli (quando questa benedizione accade). Per fortuna adesso ho trovato nella pratica dello yoga una formidabile risorsa che mi aiuta a mantenere il corpo giovane, sano ed efficiente, nonostante il tempo che passa inesorabile e velocissimo. Non mi rimane quindi che godere delle gioie di questo incredibile mestiere che mi sono ritrovata a fare.
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Splendida descrizione, non manca nulla e mi ci sono ritrovata totalmente. Purtroppo per ciò che riguarda il fisico, per fortuna per la bellezza del trasmettere che questo mestiere possiede. Grazie.