Lia Courrier: “La flessione avanti, laterale o il cambré, come ci ricorda Balanchine, non rappresentano solo un momento di stretching ma sono parte del codice della danza classica con una tecnica per eseguirle”

di Lia Courrier
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Cito spesso George Balanchine, avrete capito che ho un debole per lui, nonostante le sue piccole manie estetiche sul corpo e sul viso delle sue danzatrici, pretese che oggi farebbero certamente urlare contro la cultura del patriarcato. Quello che ammiro di Mister B. tuttavia, non era la persona, che non ho avuto il privilegio di conoscere, ma la sua visione della danza, l’energia fresca e rinnovatrice che ha portato nel mondo del balletto, ponendo al centro della questione il movimento nella sua essenza più pura, svuotata e liberata persino dal dover interpretare un personaggio o dall’aderire ad una drammaturgia. Nonostante fosse russo, e quindi provenisse dalla tradizione del balletto tardo-romantico, ha abbracciato con grande entusiasmo alcuni aspetti della modalità squisitamente americana di fare ricerca sul movimento, donandoci una delle pagine più elettrizzanti della storia di questo linguaggio coreutico.

Tutta questa premessa per citare una sua frase che ho sempre trovato molto interessante e un po’ provocatrice, che rispecchia il suo dinamico sentire, nella quale ricordava ai ballerini che se proprio avevano bisogno di stretching potevano farlo a casa, a lezione si studia il movimento.

Nel sillabario della lezione di danza classica sono inclusi anche movimenti di allungamento profondo che vengono eseguiti con particolare frequenza alla sbarra, in chiusura di esercizi come il rond de jambe par terre, ad esempio, ma possono essere inseriti anche in altri contesti o persino in centro, come nell’adage, ad esempio.

Questi movimenti, che nel linguaggio coreutico vengono chiamati flessione avanti, laterale o cambré (estensione della colonna vertebrale) rappresentano effettivamente un allungamento importante che coinvolge le linee di forza più lunghe del corpo, molto utile per decomprimere lo sforzo dell’esercizio e per eseguire movimenti di notevole ampiezza, liberando spazio in preparazione delle grandi pose. Tuttavia, non bisogna dimenticare che anche questi movimenti, come ci ricorda Balanchine, non rappresentano un momento di stretching ma sono a tutti gli effetti parte del codice della danza classica con una tecnica per eseguirle.

Nella parte bassa del corpo, gambe e radicamento vanno mantenuti con grande attenzione affinché la relazione spaziale tra piedi e bacino rimanga il più possibile invariata, ossia il bacino mantiene il suo posizionamento sui piedi, senza spostarsi dalla linea di gravità. Un errore comune, infatti, è quello di indietreggiare con il bacino durante la flessione avanti e avanzare nel cambré, oppure spostare il bacino lateralmente nella direzione opposta a quella della flessione laterale. Questo accade quando manca il radicamento. Le gambe devono spingere contro la terra, specialmente con la parte anteriore del piede e le dita, stringendosi l’una contro l’altra per attivare la linea posteriore e gli adduttori, qualsiasi sia la posizione delle gambe (da tenere conto che le flessioni si possono fare anche con il peso su una sola gamba). Queste azioni in combinazione donano stabilità, controllo ma anche prontezza nelle continue trasformazioni che la danza richiede nel transitare da una posa all’altra.

Nella parte centrale del corpo, il core (possiamo chiamarlo “centro”, ossia quell’insieme di muscoli che collabora in sinergia per ottenere sostegno e forza nella zona centrale del corpo: quadrato del lombi, traverso dell’addome, psoas, diaframma, pavimento pelvico, giusto per nominare quelli più profondi e importanti) sostiene la colonna e mantiene distanza tra le vertebre durante tutto il movimento.

Per la flessione avanti l’azione avviene nell’articolazione coxo-femorale, non si tratta di una flessione della colonna vertebrale, vuol dire che questa si porta in avanti allungandosi il più possibile e l’addome accompagna e sostiene la discesa della colonna mentre le tuberosità ischiatiche si volgono verso l’alto e il pube sprofonda tra i femori. Per quanto mi riguarda anche per il ritorno la colonna si allunga in avanti e, grazie alla forza addominale e alle gambe che spingono nel pavimento, si riporta in verticale. Lungo la strada del ritorno il coccige ritrova il suo assetto neutro.

Per la flessione laterale la sfida in quest’area è quella di mantenere la parete anteriore e quella posteriore del corpo il più parallele possibile, come se potessimo infilarci tra due pareti, scivolando con la pancia e con la schiena contro di esse. Lo scopo di questo movimento è quello di allungare la parte laterale del corpo e quindi nel compierlo dovremmo cercare questa intensa sensazione, molto utile per liberare anche l’inarcamento e quindi prepararsi a tutte le grandi pose come arabesque e attitude derriere.

Nel cambré la questione è più complessa poiché anatomicamente sarebbe il tratto lombare ad essere più facilitato per il movimento di estensione, tuttavia nel balletto si comincia ad inarcare prima la parte alta della colonna, diciamo la linea tra le due scapole e solo quando l’inarcamento della parte alta è giunto a saturazione allora si può coinvolgere la colonna lombare. Questo è fisiologicamente corretto, perché in questo modo le vertebre saranno ben distanziate quando il movimento raggiungerà il tratto lombare, più delicato e vulnerabile. In tutto questo, però, l’addome non va mai rilasciato, l’ombelico viene attirato sempre verso la colonna vertebrale anche mentre si esegue un’estensione, perché oltre a proteggere e supportare il tratto lombare, gli addominali sono anche il nostro biglietto di ritorno da questo movimento in totale sicurezza e controllo.

Nella parte alta del corpo abbiamo le braccia e la testa che rappresentano altri tre arti da dirigere il più lontano possibile, con consapevolezza e coordinazione. Abbiamo dei port de bras “standard”, ma esistono anche varianti da abbinare alle flessioni, per esempio nel cambré posso avere il braccio in terza posizione (o quinta) oppure anche in arabesque, questo dipende anche su quale aspetto tecnico-espressivo desidero lavorare in quel contesto.

Bisogna dire che ci sono differenze a seconda della scuola di riferimento, ad esempio sulla posizione della testa, ma in ogni scuola quello che si cerca sono infine la coordinazione e l’armonia, anche se le soluzioni estetiche proposte possono essere differenti. Nella tecnica che ho studiato a scuola la flessione avanti (indipendentemente dalla posizione delle gambe) inizia con un allongèe dalla seconda con la testa che ruota in direzione del braccio, per poi scendere in avanti con il braccio che accompagna questo movimento per incontrare la testa in terza posizione nel momento più profondo della flessione, per poi ritornare su tutto insieme: testa, braccio e colonna vertebrale, allungandosi bene in avanti. Per la flessione alla seconda si parte sempre da un allongèe dalla seconda con la testa che si volge verso il braccio, per poi transitare verso un allongèe dalla terza con lo sguardo che segue questa salita. Un attimo prima di iniziare il movimento della colonna vertebrale di flessione laterale il braccio si arrotonda e la lo sguardo a quel punto  volge verso la direzione in cui sto andando, guardando un punto lontano sul pavimento per permettere alla testa di allungarsi in armonia con l’arco della colonna vertebrale.

In nessun momento dei movimenti sopra descritti bisognerebbe rilassare il corpo o parti del corpo, mettere più mani sulla sbarra, rilasciare l’en dehors e fare la flessione in parallelo (a meno che non sia l’insegnante a richiederlo espressamente), prendersi delle licenze musicali restando più del dovuto, appoggiare le mani sul corpo per massaggiare o “sentire” (abbiamo un fantastico apparato propriocettivo che permette di percepire il corpo in ogni sua parte anche senza bisogno di toccare o guardare).

Le flessioni rappresentano quindi l’ennesima occasione per costruire forza, controllo e coordinazione aggiungendo strumenti e colori alla propria danza, non sono movimenti da fare come se fosse un momento di vacanza in cui è concesso di esimersi dall’applicare la tecnica. L’insegnante può lasciare uno spazio tra la sbarra e il centro affinché ogni allievo si senta libero di fare i movimenti di cui ha bisogno, ma a parte questo momento, ogni forma di stretching va eseguita fuori dalla lezione, come training personale o comunque fuori dall’esercizio.

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