Lia Courrier: “Lavorator_della danza: quali sono le questioni che si affrontano?”

di Lia Courrier
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Riprendiamo questa settimana il racconto del movimento che porta il nome di Lavorator_ della Danza. Per quanto riguarda la questione contrattuale e professionale (uno dei punti salienti menzionati nella prima parte dell’articolo), il movimento prende a modello lo Statuto Sociale degli Artisti della Comunità Europea, una Carta che esiste dal 2007 e sconosciuta alla maggior parte di noi, qui in Italia. Vi invito caldamente a consultare questo documento, che trovate facilmente su internet, poiché sintetizza in pochi articoli le questioni fondamentali, delinea le peculiarità del mestiere dell’artista e la conseguente necessità che i governi si prendano cura di questi cittadini e lavoratori, fornendo strumenti atti a integrarli nella società e nel welfare, sostenendoli come elementi fondanti di una società contemporanea e culturalmente avanzata.

All’interno di Lavorator_ della Danza si cercano parole nuove per descrivere l’artista e il suo ruolo nella società, dal momento che quelle vecchie sono ormai stantie, cariche di retorica e di quella storia che ha portato alla stagnazione che oggi conosciamo, per questo si vuole partire proprio dal nominare le cose in modo nuovo, perché le parole definiscono, e contengono mondi. Si cerca quindi di ridefinire la connessione tra artista e società, che manca attualmente di un reale radicamento, e di come le cause di questa lacuna vadano cercate in più ambiti, non solo in quello governativo.

Nello Statuto dell’Artista della Comunità Europea sono stilate delle linee guida per la salvaguardia della cultura, dirette a tutti gli Stati membri, tra i quali figura, fino a prova contraria, anche l’Italia, anche se, di fatto, finora questa non ha dimostrato alcun interesse a fare sì che queste linee guida vengano realmente applicate. A questo riguardo uno degli articoli mi ha molto colpita, ossia il numero 14, che recita: “Il Parlamento Europeo chiede alla Commissione di individuare formalmente i settori culturali in cui risulta evidente il rischio di una fuga di creatività e di talenti e chiede agli Stati membri di incoraggiare, mediante incentivi, gli artisti a rimanere o a rientrare nel territorio degli Stati membri”. Credo non occorra neanche commentare, a voi le conclusioni.

A seguire l’articolo 15: “Il Parlamento Europeo chiede inoltre agli Stati membri di prestare un’attenzione particolare al riconoscimento a livello comunitario di diplomi e altri certificati rilasciati dai conservatori e dalle scuole artistiche nazionali europee e da altre scuole ufficiali delle arti dello spettacolo, in modo da consentire ai loro titolari di lavorare e studiare in tutti gli Stati membri”, e poi prosegue parlando della possibilità di facilitare il riconoscimento dei titoli rilasciati da conservatori e scuole artistiche nazionali di paesi terzi (equipollenza), al fine di favorire la mobilità degli artisti verso gli altri Stati membri. Qui si apre una questione su cui sono tornata tante volte a parlare e che riguarda il buco legislativo che permane ormai da diversi decenni. Lavorator_ della Danza ha già condotto incontri sia con Aidaf, Assodanza, Aidap e altre sigle di rappresentanza, nonché altri incontri con organismi, associazioni e singoli, come ad esempio l’incontro condotto dalla professoressa Letizia Gioia Monda, docente in coreografia digitale all’Università di Roma, composto da un momento di lezione frontale e anche da un confronto.

La questione formazione, sui tavoli di Lavoratori della Danza, è molto più ampia di così. Nello Statuto Europeo, infatti, un titolo recita: “formazione lungo tutto l’arco della vita e riconversione”, un aspetto che in Italia potrebbe apparire fantascientifico, al pari di un libro di Philip Dick, e vi spiego subito il perché. Qui si parla di creazione, da parte dello Stato, di strutture specializzate di formazione e tirocinio destinate ai professionisti, che mirino a sviluppare qualità e una “autentica politica dell’occupazione in questo ambito”. Partiamo dall’assunto che tutte le categorie professionali, di qualunque tipo, sono soggette a formazione permanente, in molti paesi europei sono stati approntati fondi speciali (finanziati dal lavoratore stesso attraverso il versamento delle tasse) per garantire una formazione continua e sostenere una riconversione della carriera. Il mestiere del danzatore è considerato lavoro usurante, ma attraverso una specifica formazione è possibile, ad esempio, convertire la propria professione aggiungendo nuove competenze a quelle già acquisite con l’esperienza, per poter continuare a dare il proprio contributo in modo differente. La multidisciplinarietà di cui tanto si parla nel Movimento, a questo punto diviene una risorsa fondamentale per sostenere questo tipo di mobilità. Di cosa parlo? Potrei prendere ad esempio una delle eccellenze italiane, il Teatro alla Scala di Milano. Molti conoscono questo teatro per essere un centro di formazione per giovani ballerini, ma non tutti sanno che nella Fondazione esistono diversi percorsi accademici professionali che riguardano ogni comparto che compone l’organico di un teatro, tutti ugualmente indispensabili: canto, musica, trucco e parrucco, sartoria, macchinisti, scenografia e attrezzeria, fotografia teatrale. Ecco cosa vuol dire essere un centro di formazione multidisciplinare, ecco come all’interno di una struttura questa ricchezza crea completezza e competenze.

Il terzo argomento emerso con prepotenza è quello della necessità di costruire un percorso di consapevolezza di categoria. Sebbene lo abbia menzionato per ultimo, per me questo rappresenta la base su cui costruire tutto il resto. A dispetto dei primi incontri del Movimento Lavoratori della Danza, che ha registrato una presenza notevole, l’inizio della fase 2 ha segnato una diminuzione nelle presenze. Gli organizzatori stimano che questo sia coinciso con le riaperture delle attività, e la conseguente mancanza di tempo per poter presenziare alle attività. Ma ho già assistito a questo tipo di variazioni fisiologiche nei flussi di partecipazione, perché l’essere umano ha questa tendenza, e il danzatore in particolare: tutti vogliono il cambiamento, ma pochi poi offrono il proprio contributo e la propria presenza per attuarlo. Nel momento in cui ci si rende conto di cosa il fresco vento del cambiamento, così appetibile e fragrante, porta con sé, ecco che questo comincia a perdere il suo fascino. La frase che rende più l’idea è “armiamoci e partite”, non so se mi spiego. Spero vivamente di sbagliarmi, in questo caso, perché questo movimento mi pare già ben strutturato, considerando la sua giovane vita, e questo è accaduto forse perché queste criticità erano già ben chiare prima dell’emergenza sanitaria, che ha solo lasciato lo spazio e il tempo affinché queste potessero esprimersi, dato che se ne stavano già come frutti maturi sull’albero.

Spero quindi di potervi parlare ancora di Lavorator_ della Danza, perché gli argomenti trattati in questa occasione sono solo una parte di tutto quanto è stato messo a cuocere in pentola. Nel frattempo vi invito a seguire i lavori e, ovviamente, a partecipare: si tratta di una ricchezza per tutti, rivolta a tutti.

Per contattare il movimento:

[email protected]

Fb: @lavorator_delladanza

https://lavoratordanza.wixsite.com/lavoratordanza

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