Lia Courrier: “L’insegnante di danza e il suo rapporto con l’allievo”

di Lia Courrier
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Per essere coerente al suo ruolo, l’insegnante non occupa il posto del protagonista.

L’insegnante si offre al servizio di chi ha bisogno di una guida.

Non fa questo a fondo perso, ma in quantità e soprattutto qualità direttamente proporzionali alla determinazione e all’impegno che riscontra nell’allievo.

Essere seguiti da un insegnante è qualcosa che si merita e che non si può comprare.

Puoi comprare la lezione, partecipare alla classe ed eseguire gli esercizi proposti, ma l’attenzione del maestro cade laddove esiste un sincero impegno e assunzione di responsabilità.

L’attenzione del maestro non è guidata dalla mente razionale, non completamente almeno, ma viaggia e volteggia libera sulla fila di studenti appoggiati alla sbarra, finché non viene catturata e trattenuta dal campo magnetico di una potente calamita: la dedizione.

La cura nel gesto. La concentrazione.

Ecco la condizione necessaria per aprire un dialogo, negoziare un equo scambio tra insegnante e allievo. Ecco come la magia si compie e il flusso di energia che tutti noi abbiamo traghettato da secoli, a partire dai primi maestri nelle corti francesi fino agli insegnanti di oggi, continua a nutrirsi. Si evolvono modalità, metodo, messaggio, ma non quello che sottende a questa relazione: la trasmissione da insegnante ad allievo di questa arte antica, sempre uguale a sé stessa, ma nuova in ogni epoca, che è la danza classica.

Non esiste niente di più bello per un insegnante, che ammirare gli allievi che si impegnano in modo intelligente, utilizzando gli strumenti che gli sono stati dati, facendoli propri, per produrre un movimento, armonioso e perfettamente calibrato, con padronanza, musicalità e presenza. Possono occorrere anche diversi anni prima di assistere ad un simile piccolo miracolo, persino per l’esecuzione dei movimenti più semplici che la tecnica del balletto preveda.

Ma l’insegnante è paziente e sa aspettare, è in grado di dare anche centinaia di volte la stessa correzione o la stessa immagine, in attesa che questa faccia presa, che getti radici nella consapevolezza e nella curiosità, che venga capita non solo con la testa ma nel corpo, per essere restituita attraverso il mondo interiore e l’immaginario creativo degli allievi.

Il corpo è uno strumento molto sensibile e raffinato, contiene in sé un’intelligenza tutta sua, antica e infallibile, che esula da quella cognitiva del cervello. Questa intelligenza richiede un po’ più di tempo per sedimentare certe abilità, ma poi una volta avvenuto il processo, essa guida il corpo splendidamente, portandolo ad una danza matura, fluida e dinamica, che avviene al di là del pensiero, donando spontaneità e naturalezza anche all’impresa coreutica più virtuosa e tecnicamente impegnativa.

Spesso si pensa alla danza come ad una serie di splendide pose, abituati come siamo a vedere i corpi perfetti dei ballerini immortalati sulle riviste di settore, ma alla danza in realtà piace annidarsi proprio nello spazio tra una posa e l’altra. L’intelligenza di cui parlo, sarebbe meglio forse chiamarla sensibilità, permette di dare valore a tutto ciò che può accadere in questo spazio, penetrare nel dettaglio, essere presenti in ogni parte del corpo e in ogni fase del movimento. Ecco come la danza emerge prepotentemente nella sua dimensione più autentica e pura, completa in sé stessa e già meravigliosamente pregnante. In sala, durante la lezione, così come in scena.

Questa è l’intelligenza che il bravo insegnante stimola nell’allievo: non a fare pose, ma a vibrare il corpo nel movimento. Per farlo bisogna avere fede. Si, la fede, non credo di utilizzare un termine sovradimensionato rispetto al significato che ha per me assistere al miracolo della danza (e non a della semplice ginnastica, seppur ben eseguita). Bisogna avere fede nell’energia, per poter -come diceva sempre Balanchine – ascoltare la danza e vedere la musica esprimersi attraverso il corpo di un danzatore. Bisogna avere fede nel cuore per potersi donare attraverso il movimento, riempiendolo fino all’orlo per poi tracimare nello spazio.

La calamita più potente per un insegnante non è quando l’allievo si porta la gamba all’orecchio, ma quando vede questo piccolo miracolo compiersi, fosse anche per l’esecuzione di un semplice esercizio di plié alla sbarra. Personalmente preferisco di gran lunga un movimento anche poco pulito ma maturo e vibrante, piuttosto che uno perfettamente eseguito ma senza cuore.

Una volta provata la sensazione di sentirsi perfettamente integrati nel movimento con tutto il proprio essere, sentirsi padroni di guidare il corpo esattamente dove si vuole portarlo, esprimendo esattamente ciò che si desidera trasmettere, è come se si fosse trovata la chiave per una porta che rimarrà poi aperta per sempre.

Non arrabbiatevi quando l’insegnante non vi corregge quanto vorreste, se desiderate avere più attenzioni da parte sua, ecco cosa dovete fare: cambiare modo di studiare. Cercate di accendere quella fiamma, date ossigeno a quel fuoco e vedrete che l’attenzione dell’insegnante ne sarà catturata, ipnotizzata. A quel punto vi accorgerete che la cosa più importante di tutte non era ricevere più correzioni, quanto aver compreso cosa vuol dire danzare, e potrete abbandonarvi al puro piacere di sentire il corpo liberarsi ed esprimersi attraverso il movimento.

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