Lia Courrier: “L’omosessualità e la danza”

di Lia Courrier
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Avrei davvero voluto non sentire mai la necessità di scrivere l’articolo di questa settimana, ma purtroppo sento che questo è ancora un argomento di cui bisogna parlare, poiché l’ignoranza che caratterizza in questo momento il popolo italiano, mescolata ad una violenza repressa che urla dalle pagine di cronaca, per fatti e crimini che mai dovrebbero accadere in un paese civile, mi spinge ad affrontare la discussione, anche in sostegno ai tanti giovani danzatori in erba che sono ancora bullizzati dai compagni e persino derisi dai genitori, a seguito della loro manifesta passione per la danza, come riporta una storia raccontata da un amico che ha assistito ad una conversazione tra due padri, nella quale uno diceva all’altro di essere preoccupato per il figlio perché voleva fare danza: “e se poi mi diventa omosessuale?”

Potrei dire che l’omosessualità è esistita persino in seno alle civiltà che abbiamo da sempre considerato avanzate, sia dal punto di vista culturale che sociale, come ad esempio nella Grecia classica e nell’Impero Romano, nelle quali la sessualità liquida non era affatto motivo di preoccupazione, a differenza di oggi, nel 2019, con tutto il presunto progresso che dovremmo aver fatto nel frattempo, in cui gli omosessuali hanno ancora bisogno di manifestare il loro diritto di esistere con il Gay Pride. Il corteo più colorato, scintillante e straordinario mai visto. Sebbene io sia una fervida sostenitrice del Gay Pride, e abbia partecipato a diverse edizioni, sogno un giorno in cui non ci sarà più bisogno di farlo, il che vorrà dire che finalmente avremo superato questa fase infantile e intollerante della nostra evoluzione di specie. Lo so, è un sogno. Ancora siamo qui a parlare di diritti delle donne, di colori della pelle e di animalismo, ma sognare in grande eleva lo spirito ed è totalmente gratis, quindi lasciatemi almeno questo.

Potrei dire anche che è impossibile ‘diventare’ omosessuali, forse sarebbe più corretto dire che una persona possa non riconoscere da subito il proprio orientamento sessuale, ammettendolo a sé stessa, prima di tutto, e poi anche agli altri, facendo quello che comunemente con un inglesismo viene chiamato ‘outing’. Questa difficoltà a riconoscersi, ha come causa principale un contesto sociale che di certo non aiuta a sentirsi liberi di essere sé stessi, non solo in questo specifico caso ma in generale in ogni ambito dell’esistenza, spingendo piuttosto all’omologazione, e chiunque non rientri nei parametri socialmente accettati è da emarginare o da giudicare. In una simile condizione non c’è da meravigliarsi che la persona si chiuda in sé stessa o si creda sbagliata. Queste sono ferite difficili da rimarginare e questo senso di inadeguatezza e isolamento può avere effetti più o meno gravi sulla qualità della vita.

Potrei dire che nessuno diventa omosessuale perché fa danza, forse bisognerebbe pensare che una persona con una particolare sensibilità possa essere attratta dai mestieri dell’arte, poiché con la creazione artistica è possibile comunicare attraverso un linguaggio non verbale, e più facilmente trovare una propria collocazione nel mondo. Quindi, cari genitori, state tranquilli e lasciate che i vostri figli facciano quello che desiderano, perché la danza non è un fattore di sviluppo sessuale, ma solo una sana attività con la quale i vostri figli maschi potranno sviluppare un corpo armonioso, musicale e una disciplina ferrea, nonché la possibilità di esprimere sé stessi, esattamente per come sono: meravigliosi.

Potrei dire che la tecnica maschile del balletto è estremamente virile, piena di salti, di prove di forza, di potenza, e non capisco davvero come si possa pensare il contrario. Forse per via della calzamaglia? Beh, vorrei proprio vedere quanti di questi uomini, che credono che la danza intacchi la virilità, siano in grado di indossare un tale capo con la dignità con la quale i ballerini espongono il loro corpo, scolpito dal lavoro, in evoluzioni e gesti tecnicamente perfetti.

Potrei dire anche altre mille cose, ma alla fine quello che conta davvero è che essere omosessuali è come avere gli occhi verdi o marroni. Come dire di avere i capelli biondi o bruni. Non diventi omosessuale, lo sei. Punto. Ogni speculazione scientifica, filosofica, antropologica a riguardo è totalmente inutile e irritante, poiché non dovrebbe importarci l’origine di questa caratteristica, dal momento che non si tratta di una malattia da curare ma di un modo di essere.

Invece purtroppo ancora si usa la parola omosessuale, con tutti i sinonimi certamente meno gentili, per insultare qualcuno, lo si fa senza quasi accorgersene, probabilmente lo abbiamo fatto tutti almeno una volta, sia con leggerezza che con un intento aggressivo. Ecco, sarebbe il caso di riformulare il nostro vocabolario, eliminare totalmente ogni parola offensiva, e ricordarci che ogni creatura nasce con il diritto inalienabile di esistere e di essere rispettata esattamente per quello che è, così come ha diritto di esprimersi coerentemente con la propria natura.

E’ vero, nel mondo della danza c’è una discreta percentuale di omosessuali, ma ne esistono anche in altri ambiti, come ad esempio nel calcio, dove però ancora si fa fatica a fare outing. Forse la percezione di una maggiore presenza di omosessuali in alcuni ambienti, esiste solo in virtù di un contesto culturale nel quale è più facile dichiararsi.

In un paese che si trova tra i primi posti nella triste lista del turismo sessuale minorile, un orrendo primato per l’Italia, non so come possa essere considerata ancora una tragedia il fatto che il proprio figlio, o la propria figlia, dichiarino di essere omosessuali. Non capisco ancora come questo possa affievolire l’amore e il rispetto che ogni genitore dovrebbe avere nei confronti di chi ha messo al mondo.

Per fortuna esistono anche genitori meravigliosi, protagonisti di storie di grande amore, accoglienza e sostegno, che spero possano essere un esempio per tutti. Se avete racconti da condividere scrivetemi o commentate, è importante parlarne.

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